La manovra 2024 taglia le tasse sul lavoro che, per l’Ocse, sono sopra la media
La manovra economica per il 2024 del governo Meloni è stata approvata dal Consiglio dei ministri e ora inizia il lungo pellegrinaggio nelle aule parlamentari. Una delle novità più importanti riguarda il taglio delle tasse sul lavoro per il 2024, quindi significa che per gli anni successivi dovranno essere trovate le coperture pari a 14 miliardi per non vanificare un andamento del cuneo fiscale in discesa.
Che cosa ha deciso il governo sul cuneo fiscale
Il taglio al cuneo fiscale consiste principalmente nell’accorpamento delle prime due delle attuali 4 aliquote che, quindi, diventano solo tre. L’aliquota del 23% e del 25% sono state “fuse” in una sola al 23%. Secondo la Fondazione commercialisti praticamente tutti gli scaglioni di reddito, tranne quelli che restano nella no tax area, pagheranno di meno fino ad un massimo di 260 euro in meno l’anno. Secondo il premier Meloni si tratta di almeno 100 euro in più per 14 milioni di italiani.
Come cambia l’andamento el cuneo fiscale
C’era bisogno davvero di tagliare le tasse sul lavoro? Beh, basta guardare il grafico sopra, mostra l’andamento del cuneo fiscale nei Paesi Ocse; dice, in pratica, quanto pesano le tasse e i contributi pagati sia dal datore del lavoro che dal dipendente sulla busta paga in base allo stato di famiglia: single senza figli, single con 2 figli, sposato senza figli e sposato con 2 figli. L’Italia è identificata con l’istogramma di colore nero. Non c’è molto altro da dire perché il grafico dell’andamento cuneo fiscale nel mondo nel 2022 vede il nostro Paese, per tutte le tipologie di famiglia, ai vertici mondiali in quanto a tasse sul lavoro.
L’andamento cuneo fiscale nel mondo nel 2022
Ma proviamo ad entrare nel dettaglio. Secondo i dati Ocse il Paese dove si pagano meno tasse in assoluto sia la Colombia (la sesta colonna da sinistra): il cuneo fiscale è addirittura negativo nel caso di un lavoratore single con 2 figli o sposato con 2 figli, negli altri casi il cuneo fiscale sul lavoro è pari a zero. Evidentemente il sistema fiscale colombiano è strutturato in modo tale che il fisco pesi di più sulle imprese o sull’Iva e molto meno sul lavoro. Il sistema fiscale occidentale, invece, vede un peso fiscale sulle buste paga molto più pesante anche per sostenere un sistema di welfare che non può nemmeno lontanamente essere paragonato con quello colombiano.
L’andamento del cuneo fiscale nel mondo e in Italia
In Italia il cuneo fiscale, cioè la differenza tra quanto il datore di lavoro paga e quanto il dipendente incassa effettivamente al netto di tasse e contributi è oggettivamente alto. Nel caso sia un single senza figli, in Italia un dipendente paga allo Stato il 45,9% superata da Belgio, Francia e Germania: a Bruxelles il cuneo fiscale è del 53%, a Parigi è del 47% mentre a Berlino è del 47,8%. C’è chi ci supera, quindi. Vero. Ed è vero, come vedremo, anche per il lavoratore in altre condizioni famigliari. Ma il fatto è che belgi, francesi e tedeschi pagano più tasse di noi ricevendo in cambio servizi forniti dallo Stato molto migliori dei nostri. Restando in Europa la maggior parte dei Paesi fanno pagare a lavoratori e datori molte meno tasse. Per esempio: in Danimarca e Olanda il cuneo fiscale è del 35,5%, sempre nel caso di un sigle senza figli. In Spagna è del 39,5% rispetto ad una media dei Paesi Ocse del 34,6%.
Quanto paga di tasse un lavoratore single con 2 figli
Il discorso non cambia di molto se si prende in considerazione il lavoratore (più spesso la lavoratrice) sigle con 2 figli a carico. In Cile e Nuova Zelanda il cuneo fiscale sul lavoro è addirittura negativo mentre in Italia tasse e contributi pesano per il 26,1% sulla busta paga. Peggio di noi stanno i lavoratori svedesi e turchi: i primi pagano il 32,2% e i secondi il 32%. Più di noi pagano anche i lavoratori belgi e tedeschi, come mostra l’infografica. In questo caso, invece, i francesi stanno meglio di noi visto che il cuneo fiscale sulla loro busta paga pesa solo per il 20,2%. Da notare il caso della Svizzera: le tasse per un single lavoratore con 2 figli sono solo il 6,5% del lordo in busta paga. Molto vicino allo zero anche le tasse che pagano i lavoratori australiani: appena lo 0,8% del salario lordo va in tasse e contributi.
L’andamento del cuneo fiscale nel mondo per chi ha figli
Molto interessanti sono anche i dati che riguardano la “classica” famiglia con 2 figli perché questa tabella mostra quanto uno Stato intende incentivare la natalità. E’ quello che dovrebbe fare l’Italia ma, anche in questo caso siamo ai vertici mondiali. Da noi il cuneo fiscale sulla busta paga è del 41,4% rispetto ad una media Ocse del 31,6%, cioè siamo a 9,5 punti percentuali sopra la media anche se è vero che la solita Francia e la solita Germania e il solito Belgio ci superano. Infine, le famiglie sposate senza figli.
Ormai è noioso ripeterlo, ma l’Italia resta nella top5 con il 43,6% di cuneo fiscale sulla busta paga superata in questo caso anche dall’Austria. La media Ocse è del 33% e questo significa che siamo 10,6 punti percentuali sopra la media. In pratica le tasse italiane sulla busta paga incidono maggiormente per il lavoratore o lavoratrice che è sigle e non ha figli dato che paga il 45,6% della retribuzione lorda.
Che fine fanno le tasse e i contributi sul lavoro
Ovviamente dipende da anzianità, dalla condizione famigliare e da mille altri fattori, ma mediamente i prelievi sulla busta paga di un lavoratore in Italia riguardano 3 tipi di prelievo. Il più importante è l’Irpef, cioè l’imposta sul reddito personale che viene calcolata in base a una scala progressiva, con aliquote che aumentano con l’aumento del reddito. Alcune delle aliquote fiscali più comuni per i lavoratori dipendenti vanno dal 23% al 43%. Poi ci sono i contributi previdenziali che generalmente vanno all’Inps e vengono calcolati in base al reddito e alla categoria di lavoro e possono variare. Solitamente, i contributi previdenziali rappresentano una percentuale del reddito lordo e possono essere intorno al 9-10%. Infine ci sono i contributi per la sanità in una percentuale che varia in base al reddito e alla regione di residenza, ma di solito si aggira intorno al 9-10%.
I dati si riferiscono al 2022
Fonte: Ocse