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L’analisi descrittiva, predittiva e prescrittiva nel mondo digital

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La corretta individuazione della base dati da osservare è dunque un primo passo cruciale per estrarne significato e valore secondo analisi che potremmo distinguere in queste tre categorie.

Vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Durante la seconda guerra mondiale, la battaglia d’Inghilterra vide confrontarsi nei cieli di Londra gli aerei dalla RAF e della Luftwaffe e, in un momento di sviluppo delle tecnologie legate all’aviazione militare e di scarsità di piloti capaci e di esperienza, era quanto mai importante comprendere i punti in cui rinforzare i velivoli per renderli maggiormente in grado di sopravvivere alle contraeree e ai proiettili dei nemici.

Gli inglesi condussero lunghe analisi per analizzare le parti su cui intervenire finchè Abraham Wald, un ebreo tedesco riparato negli Stati Uniti, non li aiutò a capire che stavano osservando i dati sbagliati, concentrandosi sugli aerei che erano riusciti a tornare, non quelli che, colpiti nei punti chiave, erano stati abbattuti.

Le tre analisi

La corretta individuazione della base dati da osservare è dunque un primo passo cruciale per estrarne significato e valore secondo analisi che potremmo distinguere in:

  • analisi descrittive
  • analisi predittive;
  • analisi prescrittive

Nell’ambito digital, le analisi descrittive possono riguardare la provenienza degli utenti di un sito, le caratteristiche personali di un account social, i tassi di conversione dei canali di marketing utilizzati, il grado di interesse dei contenuti pubblicati online.

Più un’organizzazione è in grado di rendere le attività online funzionali ad obiettivi misurabili (l’acquisto online, ma anche la richiesta di un contatto, il download di un contenuto, …), più può usare tali analisi per quantificare la misura del successo di ciascuna iniziativa alla luce dell’obiettivo monitorato. Su Google Analytics, è il tasso di conversione all’Obiettivo.

Le tecniche predittive invece partono dai dati raccolti per avere, grazie ad applicazioni di algoritmi, una idea del futuro grazie alla condivisione di scenari e di probabilità con cui possono avere luogo. Qualche esempio:

  • i tassi di abbandono di un funnel di conversione così da modificare la user experience offerte o le condizioni commerciali o operative messe a disposizione. Da qui l’uso di tecniche di A/B testing o multivariate
  • la ricerca di anomalie, utili per intercettare, ad esempio, utilizzo di carte di credito fraudolenti;
  • i motori di raccomandazione volti a promuovere iniziative di cross-selling e up-selling;
  • la segmentazione dei clienti secondo classi di valori (ad esempio, per ultimo acquisto o frequenza di acquisto o importo speso, il modello RFM) per premiare i contatti più fedeli.

L’analisi prescrittiva aggiunge all’analisi predittiva la capacità di spiegare il perché di un certo evento: i software che se ne avvalgono nel mondo dei marketing sanno lavorare su basi dati diverse (di prima e di terze parti) per suggerire l’adozione di scelte (allocazione di budget, variazioni di prezzo, presentazione di sconti, …) grazie a tecniche di machine learning e alla costruzione di modelli di attribuzione in funzione non solo di obiettivi raggiunti, ma anche di ruolo giocato nel customer journey.

Sempre più aziende stanno avvantaggiandosi di data scientist per migliorare la propria attività: i dati infatti sono ottimi consiglieri, ma pessimi decisori ed il loro uso deve essere funzionale a supportare l’intuizione e l’esperienza dei professionali per i quali sono predisposti e studiati.

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