La Ue non molla Google sul fronte antitrust e, dopo aver inviato lo scorso aprile la ‘comunicazione di addebiti’ (Statement of Objections), avrebbe precisato i cambiamenti radicali richiesti al sistema usato dal gruppo per classificare i siti rivali di comparazione dei prodotti nei risultati di ricerca, adducendo che Big G potrebbe essere multata per le passate violazioni delle norme Ue sulla concorrenza.
Le 19 società che accusano Google di abuso di posizione dominante hanno dichiarato di aver ricevuto il preciso elenco delle ‘colpe’ indicate dalle Ue nel documento di aprile.
Adesso Google e i ricorrenti hanno un mese di tempo per replicare.
Google ha sempre detto che avrebbe dimostrato che “non c’è stato alcun abuso”.
Secondo alcune fonti sentite dal Wall Street Journal, nella comunicazione inviata a Google la Ue chiede alla società di usare gli “stessi processi e metodi” per presentare i servizi concorrenti sul proprio motore di ricerca.
Questa richiesta di “parità di trattamento” dei competitors va ben oltre i remedies proposti da Google lo scorso anno per chiudere il dossier antitrust della Ue, aperto cinque anni fa per verificare se la società ‘manipolasse’ i risultati di ricerca a favore dei propri servizi specializzati come Google Shopping.
L’ultimo approccio della Ue al caso ha potenziali implicazioni di vasta portata sul business futuro dei motori di ricerca in Europa.
L’obiettivo è cercare di capire se Google usa la propria leadership sul mercato europeo delle ricerca online (90%) per ‘schiacciare’ i concorrenti sui mercati collegati dove opera.
Al centro del dossier i servizi di comparazione dei prezzi ma, come ha precisato il nuovo Commissario Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager, le indagini sono state estese anche ad altri campi, come i siti di viaggi.
Il motivo è sempre lo stesso, verificare se Google abbia abusato della propria posizione dominante per favorire i propri servizi.
L’accusa, stando a quanto riporta il WSJ, sostiene che i presunti abusi di Google si estenderebbero a 12 Paesi Ue e risalirebbero al 2008.
Al momento la Ue si è rifiutata di commentare queste indiscrezioni.
I siti di comparazione dei prezzi come Nextag sostengono che quando gli utenti fanno una ricerca online per prodotti, Google presenta i risultati di Google Shopping e relega più in basso i siti concorrenti, dove non possono essere visti.
Il gruppo avrà adesso 30 giorni di tempo per replicare e potrà anche chiedere di essere audito per chiarire meglio la propria posizione.