La perdita, o meglio, la distruzione di posti di lavoro nei prossimi dieci anni sarà enorme. Ma a tutti gli effetti sarà compensata, almeno in termini numerici, da una ancor maggiore creazione di nuovi posti di lavoro, dovuti in larga misura allo sviluppo tecnologico. Allora, il problema sarà semplice: trovare il personale pronto e adeguatamente skillato per ricoprire questi nuovi posti, che purtroppo altrimenti rischiano di restare vacanti. E’ questo in sintesi il risultato di un report condotto da Boston Consulting Group (BCG), secondo cui una delle priorità per le aziende oggi come oggi è preparare ed aggiornare i dipendenti per le sfide tecnologiche dei mestieri del futuro.
Milioni di nuovi posti entro il 2030
Le nuove tecnologie, secondo il report di BCG, creeranno milioni di nuovi posti di lavoro e di posti liberi entro il 2030. Ciò non toglie che l’automazione del lavoro porterà con sé contestualmente la minaccia di una forte crescita della disoccupazione, sottolinea la società di consulenza.
Problema mismatch
Secondo le stime, analizzando il cambiamento della curva di domanda di lavoro in Germania, Australia e Usa, alla fine la perdita di posti sarà compensata dalla ancor superiore domanda di nuove posizioni. Il problema sarà quello di “matchare” la domanda con l’offerta: non è detto, anzi è altamente probabile che chi sarà senza lavoro non rispecchierà i requisiti ricercati dai datori di lavoro.
L’eliminazione e la creazione di 10 milioni di posti di lavoro è un processo che porta con sé enormi conseguenze economiche, a livello nazionale ma anche per coloro che vedono in gioco il loro posto di lavoro.
Non tutti ritroveranno lavoro senza cambiare
E’ del tutto irrealistico pensare che tutte le persone che perderanno il lavoro nel prossimo decennio possano trovarne uno. Non tutto il cosiddetto “surplus” di capacità della forza lavoro potrà essere reindirizzato per rispondere una nuova e crescente domanda.
Sono diversi i fattori che impatteranno sulla trasformazione del mondo del lavoro nel prossimo decennio. In primo luogo, dipenderà dal numero di neolaureati che entreranno sul mercato, a fronte dei pensionati e dei deceduti.
Variante tecnologica
C’è poi la variante della crescita del Pil e delle percentuali di adozione tecnologica. Ovviamente, più un paese crescerà in termini economici e maggiore sarà il tasso di occupazione. Nel contempo, la tecnologia farà sparire certi tipi di lavoro ma ne farà nascere di nuovi.
In uno scenario intermedio – crescita basilare del Pil e tasso medio di adozione tecnologica – i tre paesi presi in considerazione vivrebbero una carenza di personale.
I numeri del mismatch in Germania, Australia e Usa
La Germania potrebbe trovarsi con un buco di 3 milioni di lavoratori nel 2030, l’Australia di un milione. Il fabbisogno degli Usa potrebbe superare 17 milioni di posti di lavoro.
Nel contempo, la tecnologia potrebbe sostituire molti lavoratori. Soltanto negli usa si potrebbero trovare senza lavoro, sostituiti da processi di automazione, ben 11 milioni di lavoratori. Si tratta per lo più di posti di ufficio, amministrativi, preparazione di cibo e servizi. In Germania i più colpiti secondo le stime saranno gli operativi, gli addetti alla produzione, sempre più sostituiti dall’automazione. In Australia il surplus di risorse di lavoro colpirà soprattutto gli addetti alle vendite e i settori annessi.
In tutti e tre i paesi presi in esame le principali carenze sul profilo lavorativo riguardano i lavori connessi al computer, quelli scientifici, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM). In carenza din personale ci saranno anche i mestieri che riguardano le interazioni umane, compresa l’assistenza medica, i servizi sociali o l’insegnamento.
L’immagine del mismatch
Si nota un evidente ‘mismatch’, disallineamento fra le occupazioni che verranno perdute e quelle per le quali ci sarà una forte domanda.
Un mismatch che rischia di pesare molto sulla stabilità finanziaria delle imprese che non riusciranno a trovare i profili necessari. Crescerà di molto la concorrenza per accaparrarsi i talenti necessari, con le skill adatte al progresso tecnologico previsto.
Reskilling
L’unico modo per gestire la transizione e prevenire al meglio questi problemi è muoversi per tempo e investire già ora sulla formazione e sul processo di reskilling del personale in esubero.
Le figure più ambite
Le figure più ricercate saranno gli sviluppatori di software, data analyst, tester di cybersecurity, senza dimenticare di skill come l’empatia, l’immaginazione o la creatività in settori a valenza maggiormente sociale.
I dati sono preoccupanti. Nel 2019 secondo un’indagine del World Economic Forum soltanto il 27% delle piccole imprese intervistate credeva di avere il talento giusto per la digital transformation.
Il Covid-19 ha peggiorato il quadro. Secondo un’altra indagine condotta da Salesforce, per esempio, quasi due terzi dei lavoratori in smart working intervistati avrebbe desiderato competenze digitali più aggiornate.
Lo sforzo di skilling, reskilling digitale è quindi primario. Fra i governi virtuosi, che più stanno facendo per colmare il gap digitale dei cittadini ci sono Singapore, Canada e Australia.