Spagna, scoppia la polemica sulla “scorciatoia” usata da Sanchez per approvare il bilancio
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – La scorciatoia utilizzata dal governo spagnolo per approvare il bilancio in tempi stretti ha provocato una reazione furiosa da parte del Partito popolare (Pp), che ha descritto la manovra come “scandalosa” e promesso battaglia per fermarla. Tuttavia, scrive oggi “El Pais”, la formula messa in campo dall’esecutivo di Pedro Sanchez e’ stata sfruttata, in modo ricorrente, durante diverse legislature e, in particolare, durante il mandato dell’ex premier Mariano Rajoy. Il quotidiano ha calcolato che lo stratagemma, dal 2011 al 2015, sia stato usato durante l’approvazione di 14 progetti o riforme legislative per introdurre 23 emendamenti non correlati al testo modificato. La procedura e’ semplice: il governo di turno introduce un emendamento a una legge che cambia o modifica un’altra legge, di rango uguale o minore, che in realta’ ha poco o nulla a che fare con la norma su cui viene introdotta la proposta di modifica. Nel caso contestato a Sanchez, il gruppo socialista ha presentato in Parlamento una modifica ad una riforma sulla formazione dei giudici in materia di lotta contro la violenza di genere che introduce un cambiamento nella legge di stabilita’ e bilancio eliminando cosi’ la capacita’ di veto del Senato, controllato dal Pp. La manovra e’ di vitale importanza in quanto, se non dovesse ottenere luce verde, allora costringerebbe il premier a convocare le elezioni anticipate.
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Brexit, piano segreto dei Conservatori ribelli per cacciare la premier Theresa May in aprile
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – Il quotidiano britannico “The Telegraph” oggi giovedi’ 20 settembre “spara” in apertura della sua prima pagina le rivelazioni su di un piano segreto degli esponenti ribelli del Partito conservatore per cacciare la premier Theresa May nel prossimo mese di aprile, subito dopo l’avvento della Brexit il 29 marzo 2019. Secondo quanto rivela il giornale filo-conservatore, negli ambienti Tory piu’ anti-europei circolerebbe un memorandum che ipotizza il rovesciamento della leadership della May ed esplora le possibilita’ di eleggere al suo posto qualcuno dei suoi attuali ministri, oppure uno dei leader dei cosiddetti “Brexiters” (i paladini della “hard Brexit”, un’uscita netta e drammatica della Gran Bretagna dall’Unione Europea): in particolare l’ex ministro degli Esteri Boris Johnson oppure il deputato Jacob Rees-Mogg che guida l’ultra-conservatore European Research Group. Secondo il “Telegraph”, il documento sarebbe stato stilato gia’ da diverse settimane, subito dopo la cruciale riunione dell’esecutivo alla fine di luglio nella residenza governativa di campagna ai Checquers: da cui il nome “piano Checquers” affibbiato dai media al compromesso sulla Brexit che la premier May annuncio’ in quell’occasione e che provoco’ le dimissioni di Boris Johnson e di altri ministri. La notizia del complotto, nota il “Telegraph”, e’ emersa proprio nel giorno in cui la premier britannica sta disperatamente lottando per convincere della bonta’ del “piano Checquers” i leader europei riuniti da ieri sera a Salisburgo, in Austria; e salvare cosi’ anche la sua leadership in patria. Sebbene infatti nella cena di apertura del vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea sia emersa una profonda crepa sul compromesso per la Brexit proposto dalla May, il blocco europeo sembra orientato a respingerlo: solo alcuni paesi europei, soprattutto Olanda e Belgio, spalleggiati dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, sembrano a favore della May e stanno premendo sui colleghi perche’ venga preso in considerazione come “un passo posivito” verso un accordo finale dul diveorzio della Gran Bretagna; gli si oppongono pero’ la Commissione europea di Jean-Claude Juncker e soprattutto i leader di Francia e Germania, Emmanuel Macron ed Angela Merkel, inflessibili nel non voler fare alcuna concessione al governo di Londra. Nel pomeriggio di oggi i 27 capi di Stato e di governo dell’Ue si riuniranno senza la presenza della premier britannica, per discutere la loro risposta ufficiale.
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Stati Uniti-Corea del Nord, segretario di Stato Pompeo, negoziati su denuclearizzazione completati entro il 2021
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – I negoziati degli Stati Uniti con la Corea del Nord per porre fine al programma nucleare di Pyongyang saranno completati entro gennaio 2021: lo ha detto ieri il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo. Il segretario di Stato ha anche spiegato che la data di scadenza e’ stata concordata con il leader nordcoreano Kim Jong-un, che si e’ impegnato a rispettarla. Pompeo ha poi dichiarato, in un comunicato stampa, di aver invitato negli Usa il piu’ alto diplomatico della Corea del Nord, il ministro degli Esteri Ri Yong-ho, per un incontro la prossima settimana, e che gli Stati Uniti hanno invitato i rappresentanti nordcoreani ad incontrare il prima possibile a Vienna il rappresentante speciale Usa per la Corea del Nord, Stephen Biegun. Commentando l’esito del vertice tra il presidente sudcoreano Moon Jae-in e Kim Jong-un, gli Stati Uniti si sono congratulati con entrambi i leader coreani per l’esito positivo del loro incontro. “Accogliamo con favore la conferma da parte del presidente Moon e del presidente Kim della dichiarazione congiunta di Singapore sulla completa denuclearizzazione della penisola coreana, incluso lo smantellamento permanente di tutte le strutture a Yongbyon alla presenza degli ispettori degli Stati Uniti e dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea)”, si legge in un comunicato del dipartimento di Stato. “Accogliamo con favore anche la decisione del presidente Kim di completare lo smantellamento precedentemente annunciato del sito di Tongchang-ri in presenza di ispettori statunitensi e internazionali come passo verso la denuclearizzazione definitiva e totale della Corea del Nord, come concordato dal presidente Kim al vertice di Singapore con il presidente Trump”.
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Usa-Cina, il “New York Times” chiede a Trump di agire contro gli abusi ai danni degli uiguri
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – Un editoriale del “New York Times”, firmato dalla direzione di quel quotidiano, accusa apertamente il presidente cinese Xi Jinping di aver intrapreso contro la minoranza musulmana uigura “il piu’ vasto programma di internamento dalla Rivoluzione culturale di Mao Tse-tung”; e chiede al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di adottare quanto prima misure sanzionatorie a carico di Pechino. Il quotidiano cita la denuncia avanzata il mese scorso dalla Commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite: i “rapporti credibili” consultati dall’Onu testimonierebbero l’esistenza di un vasto sistema di incarcerazione e rieducazione di massa ai danni dei musulmani dell’etnia turcofona uigura, nell’Ovest della Cina. Secondo il “New York Times”, noto per la sua posizione assai critica nei confronti dell’attuale amministrazione presidenziale statunitense, “la repressione (attuata dal governo cinese) e’ di gravita’ tale da aver suscitato preoccupazioni persino all’interno dell’amministrazione Trump, che non e’ certo nota a livello internazionale per la sua attenzione ai diritti umani”. La Casa Bianca starebbe gia’ valutando l’imposizione di sanzioni a Pechino. Il presidente Xi, scrive il “New York Times”, “e’ uno dei leader moderni piu’ potenti, e sta trasformando il suo paese in una superpotenza economica e politica. Tuttavia, i suoi successi sono macchiati da gravi abusi dei diritti umani, inclusa la repressione degli uiguri, il principale gruppo etnico musulmano stanziato nella regione nordoccidentale cinese di Xinjiang”. Secondo il quotidiano statunitense, le autorita’ cinesi “accusano gli uiguri di essere affetti da un ‘virus ideologico’”, e li arrestano per colpe quali “la recitazione di un verso del Corano ad una cerimonia funebre”. Nei campi di detenzione, prosegue il quotidiano, i detenuti uiguri “vengono isolati, sottoposti a stretta sorveglianza e costretti a sottoporsi a forme di indottrinamento che gli attivisti per i diritti umani descrivono alla stregua di un lavaggio del cervello”. Il quotidiano statunitense punta anche l’indice contro le aziende statunitensi del settore tecnologico che forniscono a Pechino le tecnologie necessarie a operare “l’intrusione nelle vite degli uiguri anche quando non sono trattenuti nei campi di detenzione”. Le autorita’ cinesi “archiviano campioni di dna quando gli uiguri si sottopongono a controlli medici, installano sistemi di localizzazione Gps nei loro veicoli e nei telefoni cellulari, e ricorrono a posti di blocco e ad alte forme di sorveglianza disumanizzanti, inclusa l’installazione di videocamere nelle abitazioni private”. Il quotidiano Usa ammette che Pechino sia mossa anche da “preoccupazioni legittime riguardo l’instabilita’ dello Xinjiang”; queste preoccupazioni, pero’, “non possono giustificare rappresaglie contro innocenti la cui unica colpa e’ l’appartenenza a un gruppo etnico”. Il “New York Times” lamenta anche l’assenza di una reazione forte e unanime da parte dell’Occidente alla recente denuncia delle Nazioni Unite: “Per incoraggiare la Cina a cambiare corso, gli Stati Uniti e l’Europa devono imporre sanzioni a Chen Quanguo, leader regionale del Partito comunista, e degli altri soggetti coinvolti nel progetto di detenzione di massa, incluse le aziende cinesi fornitrici dei sistemi di sorveglianza. Alle aziende statunitensi dovrebbe essere proibita la vendita di tecnologie impiegate per l’abuso dei diritti umani”.
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Spagna, il controllo preventivo sull’eutanasia divide il Congresso
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – Il Congresso spagnolo si e’ spaccato sulla questione eutanasia. La proposta che prevede la creazione di commissioni di controllo chiamate ad autorizzare o negare le richieste di eutanasia, dopo il via libera dei medici, sta creando forti malumori all’interno della Camera dei deputati e minaccia di impantanare la legge promossa dal Partito socialista operaio (Psoe). Lo rende noto “El Pais”, spiegando che Podemos ed Erc – in accordo con “l’Associazione per il diritto alla morte dignitosa” – rifiutano il controllo preventivo, considerandolo “non necessario” e “restrittivo”. Il Psoe, dal canto suo, ritiene che “dia piu’ garanzie ai medici e anche ai pazienti”. Il Partito nazionale basco (Pnv) si e’ allineato alle posizioni socialiste, mentre il PdeCat – che supporta la regolamentazione – non ha ancora una “posizione univoca”. Il Partito popolare (Pp) respinge senza appello l’istanza e Ciudadanos (Cs), che promuove un’altra legge sulle cure palliative, mantiene una posizione ambigua.
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Francia, Benalla sentito dalla commissione di inchiesta del Senato
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – E’ comparso ieri davanti alla commissione di inchiesta del Senato Alexandre Benalla, l’ex collaboratore dell’Eliseo finito sotto indagine per aver aggredito dei manifestanti durante un’operazione di polizia. La stampa francese sottolinea che Benalla ha spiegato quali erano le sue funzioni all’interno del palazzo presidenziale. “Non sono mai stato la guardia del corpo di Emmanuel Macron” ha detto dinnanzi ai senatori, spiegando che si occupava solamente di “organizzazione generale e di sicurezza generale”. L’ex funzionario dell’Eliseo ha affermato poi che il porto d’armi “non era legato alla sicurezza del presidente della Repubblica” ma a “motivi di difesa e di sicurezza personali”. Parole in contraddizione con quanto si legge nella sua autorizzazione, dove vengono citate “missioni di polizia”. “Libe’ration” nota che Benalla si e’ mostrato “particolarmente volubile”, nonostante nei giorni scorsi abbia minacciato di disertare la convocazione. L’ex responsabile della sicurezza presidenziale si e’ scusato per le frasi offensive pronunciate in precedenza nei confronti della commissione di inchiesta. “Ho un profondo rispetto per il Senato e i senatori” ha affermato Benalla. L’interrogato ha inoltre riconosciuto di aver partecipato a un gruppo di lavoro dedicato al progetto di riforma della sicurezza presidenziale
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La coppia franco-tedesca non riesce a trainare l’Ue
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – In Europa la coppia franco-tedesca non riesce piu’ a trainare il gruppo dei ventotto. E’ quanto afferma “Les Echos” in un editoriale, dove si sottolinea che in questo momento Berlino non e’ all’altezza del suo ruolo. Il presidente francese, Emmanuel Macron, “non ha avuto fortuna”, visto che proprio quando e’ entrato all’Eliseo la Germania e’ scivolata “nell’incertezza politica”. Gli accordi di Meseberg sulla riforma della zona euro firmati da Parigi e Berlino il giugno scorso hanno provocato irritazione nel resto dell’Unione europea, che si e’ sentita esclusa dall’iniziativa franco-tedesca. Nei suoi rapporti con la Francia, la Germania continua a mettere in atto un “rapporto di forza”. Dal canto suo, l’Eliseo cerca di convincere il suo interlocutore avanzando delle proposte. “La Francia non ha alleati per offrire una reale alternativa” si legge nell’editoriale. Per questo le prossime elezioni europee saranno fondamentali per il presidente Macron. “E’ urgente per la Francia trovare un sostegno e offrire una resistenza fisica, e non teorica, a questa Germania a ruota libera”, soprattutto nel quadro della “guerra di parole tra Parigi e Roma”.
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Germania, “Sueddeutsche Zeitung”, se non fosse per l’Afd, la Grande coalizione sarebbe gia’ finita
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – Il caso Maassen ha posto in luce la debolezza del cancelliere tedesco Angela Merkel e dell’intera Grande coalizione al governo della Germania da marzo scorso. Secondo il quotidiano tedesco “Sueddeutsche Zeitung”, Merkel non e’ riuscita a imporsi sul proprio ministro dell’Interno Horst Seehofer, che ha voluto promuovere Maassen da presidente dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione a sottosegretario all’Interno. Nonostante il fronte comune che si era venuto a creare tra l’Unione cristiano-democratica (Cdu) di Merkel e il Partito socialdemocratico di Andrea Nahles sul licenziamento di Maassen dall’incarico di direttore dei servizi segreti interni della Germania, ha prevalso la volonta’ di Seehofer, che guida l’Unione cristiano-sociale (Csu). L’unica ragione per cui e’ ancora possibile per Merkel gestire le forze centrifughe all’interno del suo governo sarebbe la comune paura dell’estremismo del partito di destra Alternativa per la Germania (Afd) all’opposizione nel Bundestag.
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Germania, governo in pericolo per promozione Maassen
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – La promozione dell’ex presidente dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, Hans-Georg Maassen, a sottosegretario all’Interno ha provocato scontento nel Partito socialdemocratico (Spd). Inoltre, secondo gli ultimi sondaggi, anche gran parte dei cittadini tedeschi avrebbe preferito un definitivo ritiro di Maasen dalla scena politica. Al contrario, il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, non ha voluto privarsi dell’esperienza di Maassen, come scrive il quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung”. In una mail inviata alla segretaria del suo partito Unione cristiano-sociale (Csu) , Annegret Kamp-Karrenbauer, e a tutti i membri della formaione, Seehofer metteva in guardia dal concreto rischio di crisi del governo e, dunque, di nuove elezioni. In realta’ lo stesso timore serpeggia anche all’interno dell’Spd. Andrea Nahles, presidente del partito, ha dichiarato all’emittente televisiva tedesca “Zdf” che non sarebbe valsa la pena rischiare elezioni anticipate su una questione come il caso Maassen.
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Italia, riuscire a strappare a Bruxelles un accordo sul bilancio e’ l’ultimo dei problemi
20 set 11:06 – (Agenzia Nova) – L’attuale strana coalizione di governo formatasi in Italia al termine della piu’ disonesta campagna elettorale che si ricordi a memoria d’uomo, basata su un “contratto” tra due partiti populisti diametralmente opposti, dopo la sbornia di promesse irrealizzabili sembra aver avuto un sussulto di realismo in vista della scadenza della presentazione alla Commissione europea della Legge di stabilita’: sembra infatti essersi resa conto che nel mondo reale gli impegni vanno rispettati, i debiti onorati e le nuove spese finanziate. Ma a medio termine Bruxelles potrebbe essere il minore dei problemi per il governo di Roma ed il benvenuto ritorno alla razionalita’ economica probabilmente non sara’ sufficiente a fugare tutti i timori sulle prospettive a lungo termine dell’Italia e sui rischi che essa rappresenta per ‘intera Eurozona: e’ questa la tesi sviluppata dal quotidiano tradizionalista britannico “The Times”, in un articolo pubblicato oggi giovedi’ 20 settembre nella pagina dei Commenti a firma dell’esperto di affari europei Simon Nixon. Innanzitutto, scrive il commentatore del “Times”, il governo italiano ha sovrastimato la facilita’ con cui potrebbe riuscire a strappare il consenso della Commissione europea alla sua Legge finanziaria, nonostante l’impegno a rispettare l’obbiettivo di un deciti 2019 all’1,8 per cento del Pil, ribadito dal ministro del Tesoro Giovanni Tria: il raggiungimento di quest’obbiettivo infatti e’ fondato sulla previsione di una maggiore crescita economica e su piu’ bassi interessi sul debito statale. In realta’, sostiene Simon Nixon, la vera sfida dell’Italia sara’ convincere gli investitori a comprare i suoi titoli pubblici a lungo termine in un momento in cui la Banca centrale europea si appresta a metter fine al programma di “quantitative easing” di acquisto di obbligazioni statali. Gli scorsi mesi di caos governativo hanno gia’ fatto danni, con il risultato che la crescita sembra essersi arrestata nel terzo trimestre di quest’anno: gli alti interessi che l’Italia deve pagare come conseguenza della perdita della fiducia dei mercati si sta riversando sull’economia reale provocando un aumento del costo del credito ed una diminuzione della capacita’ di spesa pubblica; infine l’intenzione del governo giallo-verde di annullare alcune riforme-chiave adottate negli anni della crisi rischia rischia di provocare un ulteriore calo di fiducia, una riduzione della produttivita’ e rallentare ancora di piu’ la crescita. In sostanza, spiega il commentatore inglese, l’obbiettivo di deficit pubblico dichiarato per il 2019 conta assai meno di quel che accade nell’economia reale e della constatazione che il debito statale sta continuando a crescere invece di calare: in questa situazione quindi e’ normale che i mercati si preoccupino della possibile instabilita’ futura dell’Italia. I due partiti di governo sono divisi praticamente su tutto, e questo e’ un naturale riflesso delle loro differenti basi elettorali: certo, commenta Nixon, l’instabilita’ politica italiana non e’ affatto una novita’, come recita il detto secondo cui “L’Italia e’ stabile nella sua instabilita’”. Ma i titoli dello Stato italiano attualemnte sono considerati appena due tacche sopra il livello “spazzatura” e basterebbe appena un’altra nota negativa da parte delle agenzie internazionali di rating per spingere gli investitori a disfarsi delle obbligazioni italiane: c’e’ un limite all’instabilita’ che un paese puo’ permettersi, e la Penisola lo ha quasi raggiunto.
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