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La sicurezza interna degli USA critica gli sforzi dell’UE per regolamentare l’AI

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Il capo uscente del Dipartimento per la Sicurezza Interna degli Stati Uniti, Alejandro Mayorkas, ha espresso preoccupazioni per l’approccio regolatorio dell’Unione Europea nei confronti dell’AI, definendolo ‘adversarial’ nei confronti delle aziende tecnologiche.

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Il capo uscente del Dipartimento per la Sicurezza Interna degli Stati Uniti, Alejandro Mayorkas, ha espresso preoccupazioni per l’approccio regolatorio dell’Unione Europea nei confronti dell’AI, definendolo ‘adversarial’ nei confronti delle aziende tecnologiche.

Secondo Mayorkas, la mancanza di armonizzazione normativa tra USA ed Europa potrebbe creare vulnerabilità in termini di sicurezza e ostacolare l’innovazione. In particolare, le rigide normative dell’AI Act dell’UE, che regolano i sistemi ad alto rischio e promuovono la trasparenza nell’uso dei dati, sono viste come un possibile freno alla collaborazione transatlantica. Negli USA, l’approccio normativo è stato meno rigido.

Tuttavia, con l’arrivo dell’amministrazione Trump, l’esecutivo potrebbe smantellare alcune iniziative di sicurezza esistenti, come l’istituto per la sicurezza dell’AI voluto da Joe Biden.

Mayorkas ha sottolineato l’importanza di linee guida descrittive e flessibili piuttosto che prescrittive, per adattarsi alla rapida evoluzione del settore. Ha anche difeso l’adozione dell’AI all’interno del DHS, che include modelli generativi per la formazione di ufficiali e un chatbot interno alimentato da OpenAI su piattaforma Azure.

Le tensioni tra Europa e Stati Uniti riflettono visioni divergenti: l’UE privilegia una regolamentazione severa, mentre negli USA prevale la preoccupazione che leggi troppo rigide possano soffocare la leadership tecnologica.

Questa frattura normativa rischia di complicare la cooperazione globale, proprio quando l’AI sta diventando una tecnologia cruciale per infrastrutture e sicurezza.

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Le politiche migratorie Cina-USA potrebbero rimodellare la corsa ai talenti AI

Le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina stanno trasformando radicalmente il panorama della migrazione dei talenti nell’ambito dell’AI.

Nonostante gli Stati Uniti continuino a rappresentare un’attrattiva per molti esperti cinesi in intelligenza artificiale, le politiche restrittive in materia di immigrazione, rafforzate da misure di sicurezza nazionale come l’iniziativa China Initiative e il Proclamation 10043, stanno limitando l’afflusso di questi professionisti.

Tali restrizioni, combinate con controlli severi e ritardi nelle procedure per i visti, hanno spinto molti lavoratori cinesi a considerare alternative come il Canada o il ritorno in patria. Gli Stati Uniti, che da sempre attraggono i migliori talenti STEM dalla Cina, rischiano di perdere la propria posizione di leadership a causa di politiche che inaspriscono i controlli sui lavoratori cinesi, specialmente nel campo dell’AI.

Dal 2019, la percentuale dei migliori ricercatori AI che operano in Cina è cresciuta dal 29% al 47%, segno di un ecosistema tecnologico nazionale in espansione. Tuttavia, gli esperti cinesi devono affrontare sfide lavorative in patria, come orari eccessivi e limitazioni tecnologiche legate ai controlli sulle esportazioni statunitensi.

Professionisti e avvocati dell’immigrazione evidenziano come queste politiche scoraggino la mobilità verso gli Stati Uniti, portando a un declino nei flussi migratori dei migliori talenti cinesi. Le aziende tecnologiche occidentali potrebbero quindi trovarsi a competere con una Cina sempre più autonoma e con un panorama di talenti in rapida crescita.

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