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La realtà economica italiana dimostra che non si può prescindere dallo Stato imprenditore

Le notizie della stampa di questi giorni pongono in evidenza in quale tragedia ci ha spinto il sistema delle privatizzazioni, soprattutto eliminando l’intervento dello Stato nell’economia, rappresentato in passato dall’IRI, contro il quale si erano indirizzati gli strali degli economisti e di gran parte della dottrina giuridica.

Oggi, proprio perché i beni essenziali del demanio pubblico non sono più nella proprietà collettiva demaniale del Popolo, come la Costituzione sancisce (art. 43), la vasta area delle telecomunicazioni, e cioè di TIM, è diventata preda di varie multinazionali che, come ricorderebbe Alessandro Manzoni, sono avvoltoi che si danno orribili colpi di ala per mangiarsi la preda.

Su TIM si sono avventati infatti, oltre il ben noto fondo americano KKR, anche il fondo CVC e altri fondi internazionali, mentre il governo resta a guardare.

D’altro canto, giunge notizia che alcune piccole industrie italiane, restando private, proprio in ossequio al principio neoliberista, si stanno rinforzando mediante l’acquisto delle proprie azioni da parte di un fondo pubblico italiano, costituito, per la difesa del Made in Italy, da una legge del governo Conte 2, la numero 34, del 19 maggio 2020.

Questa è la indiscutibile conferma del fatto che l’economia italiana, per essere efficiente, non può che essere mista e che il ritiro dello Stato dall’economia è sicuramente un errore.

E tale errore diventa tragedia quando sono posti sul mercato anche i beni inalienabili, che, come TIM (art. 43 Cost.), costituiscono il nostro demanio costituzionale.

Insomma la via da seguire, se veramente si vuol salvare l’Italia, deve andare al di là dei semplici supporti all’economia privata e deve ricostituire un intervento forte dello Stato nell’economia, specialmente quando si tratta di settori sensibili, come quello delle telecomunicazioni.

Per questo invito tutti gli italiani a dare attuazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

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