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La Polveriera americana. Gli ambiti giuridici riguardanti Donald Trump (Parte 3.3)

In questa parte tratterò i due casi di inchiesta nei confronti di Donald J. Trump condotti dallo Special Counsel Jack Smith, nominato nel novembre 2022 da Merrick Garland, Procuratore Generale degli Stati Uniti, del DOJ.

Quanto segue sarà trattato nella Parte 3.4 di 5

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Merrick Garland, Procuratore Generale degli Stati Uniti, Department of Justice

Jack Smith, Special Counsel

Tutti i documenti risultanti dalle attività del Presidente degli Stati Uniti e di molte altre persone dell’esecutivo, alla fine dei loro mandati, sono per legge di proprietà degli Stati Uniti e debbono essere consegnate alla National Archives and Records Administration.

Per più di un anno dopo la fine del suo mandato, Trump oppose ripetutamente resistenza agli sforzi del governo di recuperare i documenti, inclusi quelli confidenziali, riservati e segreti che erano risultati essere ancora in suo possesso.

Trump fece consegnare alcuni documenti due volte da suoi avvocati; la seconda volta uno degli avvocati firmò una lettera nella quale asseriva che tutti i documenti erano stati consegnati e che nulla era più in possesso di Trump. Nel febbraio del 2023, l’avvocato che redasse la lettera, Evan Corcoran, ma non la firmò, facendola firmare da un’avvocatessa più giovane, Christina Bobb, è stato messo sotto inchiesta dello special counsel Jack Smith per investigare il ruolo preciso di Trump ed è stato interrogato davanti al gran giurì dopo aver ricevuto “subpoena” di presentarsi.

Nel frattempo, dalle analisi dei documenti consegnati, funzionari dei National Archives e dell’F.B.I. si convinsero che Trump non aveva consegnato tutto. L’F.B.I. preparò un “affidavit” per chiedere al giudice uno “warrant” (mandato) per poter effettuare ricerche nella residenza di Trump a Mar-a-Lago in Florida, luogo che non è sottoposto a particolari forme di sicurezza e dove si recano anche molte persone e anche stranieri per incontrare Trump. È stato riferito da diverse fonti che in varie occasioni Trump mostrò a dei visitatori i messaggi scambiati con il presidente nord-coreano Kim Jong-un.

Il giudice autorizzò la ricerca, che fu effettuata l’8 agosto 2022, e furono trovati più di 11.000 documenti, tra cui più di 100 documenti classificati confidenziali, riservati e segreti relativi alla sicurezza nazionale. Alcuni di questi documenti furono trovati nella scrivania dell’ufficio privato di Trump, sollevando sospetti circa l’uso che Trump potrebbe averne fatto, incluso eventualmente per benefici personali. Tutti i documenti furono consegnati al DOJ per le necessarie analisi.

(Business Insider) (Alcuni documenti trovati dall’FBI a Mar-a-Lago l’8 agosto 2022)

Il mandato utilizzato per giustificare la ricerca nella residenza di Trump incluse tre articoli, con il dettaglio delle leggi infrante: “Espionage Act” secondo il quale compie un crimine chi detiene illegalmente e senza autorizzazioni valide segreti concernenti la sicurezza nazionale; ostruzione; nascondere o distruggere documenti governativi.

La ricerca fu richiesta in seguito alla scoperta che Trump aveva trattenuto documenti classificati come segreti riguardanti “risorse umane clandestine”, mettendo così in pericolo le vite di queste persone e rischiando di distruggere il lavoro di anni di infiltrazioni della CIA e delle intelligence degli alleati.

Inoltre, il mandato indicava che vi era “probable cause” di ostruzione alla giustizia da parte di Trump.

Secondo il DOJ vi sono anche prove che le scatole contenenti i documenti erano state nascoste e trasferite da un luogo all’altro a Mar-a-Lago quando erano già state fatte le richieste per la restituzione; una di queste richieste era stata fatta mediante “subpoena”, ma Trump non aveva ottemperato.

Una volta eseguito il mandato da parte dell’FBI a metà agosto 2022, Trump iniziò una campagna denigratoria, accusando il DOJ, il Procuratore Generale Merrick Garland e l’FBI di aver sottratto documenti di sua proprietà. A un comizio di suoi sostenitori Trump ripeté più volte che i documenti “sono miei” (“they are mine”), affermazione creduta da moltissimi dei suoi seguaci e ripresa da media di estrema destra e da Fox News.

In seguito al recupero dei documenti, analisti dell’FBI e del DOJ iniziarono a esaminarli, anche per separare dai documenti appartenenti agli Stati Uniti quelli riguardanti Trump a titolo personale o collegabili al privilegio del rapporto avvocato-cliente.

Ne seguì una controversia giudiziaria che si svolse contemporaneamente alla campagna elettorale di “mid term” del novembre 2022.

Lo sviluppo temporale di questa controversia è un esempio significativo del modo di procedere di Trump nei confronti della giustizia: fare tutto il possibile per allungare i tempi delle controversie, facendo ricorso, come in questo caso, a un giudice da lui nominato, anche con argomentazioni che non hanno merito o sono giudicate insufficienti dai giudici.

Il 22 agosto 2022 i legali di Trump depositarono una richiesta al giudice distrettuale Aileen Cannon (United States district judge of the United States District Court for the Southern District of Florida) di nominare uno “special master” – un magistrato indipendente – che potesse revisionare il materiale sequestrato dall’FBI a Mar-a-Lago.

In modo completamente improprio, il giudice, prima di procedere al dibattimento con il DOJ, annunciò pubblicamente la sua “intenzione preliminare” di nominare lo “special master”. Nel frattempo, il Dipartimento annunciò di aver già completato l’esame preliminare dei documenti e di aver separato dagli altri quelli personali di Trump o sottoposti al privilegio del rapporto avvocato-cliente; i documenti confidenziali, riservati e segreti erano stati separati da tutto il resto.

(Per una migliore comprensione della controversia giudiziaria, è necessario notare che il giudice Aileen Cannon fu nominata da Trump).

Il 5 settembre il giudice accolse la richiesta degli avvocati di Trump e nominò lo “special master” affinché revisionasse il materiale che era in possesso del DOJ, e ordinò al Dipartimento di non utilizzare più nulla nel procedimento investigativo, inclusi i documenti più sensibili, fino a quando lo “special master” non avesse completato la revisione, citando anche il “privilegio esecutivo” (“executive privilege”). Lo “special master”, Raymond Dearie, giudice federale senior di New York, fu scelto tra i nominativi proposti dagli avvocati di Trump, con il consenso del DOJ.

È da notare che alla data di questa decisione del giudice, il “privilegio esecutivo” spettava soltanto all’esecutivo in carica, cioè al Presidente Biden.

Nella sua decisione il giudice citò un caso di “stigma eccezionale associato al sequestro” poiché Trump era un ex-Presidente.

Questa decisione fu duramente criticata da numerosi giudici, procuratori e altri esperti tra i più noti negli Stati Uniti poiché “appariva indicare una sollecitudine particolare nei confronti degli interessi di Trump” e avrebbe permesso l’utilizzo del privilegio esecutivo per isolare materiali tra le diverse parti dell’esecutivo.

Il DOJ fece appello per poter continuare l’analisi dei documenti confidenziali, riservati e segreti e di esentarli dal riesame dello “special master” tenuto conto della loro natura, ma il giudice respinse l’appello il 15 settembre e respinse anche l’obiezione del DOJ che con il possesso dei documenti da parte di Trump “esisteva il rischio di divulgazione di informazioni classificate, riservate e segrete”.

Il 21 settembre la Corte d’Appello competente territorialmente sospese parti della decisione del giudice permettendo così al DOJ di continuare l’analisi dei documenti confidenziali, riservati e segreti; la Corte sottolineò che la corte distrettuale aveva abusato della propria discrezionalità nell’esercitare “equitable jurisdiction” (giurisdizione equa) nel caso in esame, notando anche che questa non aveva menzionato in nessun modo perché o come Trump avrebbe avuto un interesse personale o necessità in merito ai documenti confidenziali, riservati e segreti. Inoltre, non c’era alcuna evidenza che i documenti fossero “declassificati” e, in ogni caso, nulla poteva indicare un interesse di Trump in questi documenti anche se essi fossero stati “declassificati”.

(Questa Corte d’Appello era composta di tre giudici, di cui due nominati da Trump; le decisioni furono tutte unanimi).

Trump sostenne pubblicamente di aver declassificato tutti i documenti. Sostenne che era sufficiente che li avesse “declassificati pensando di declassificarli”.

Occorre sottolineare che per declassificare documenti confidenziali, riservati e segreti e altre tipologie simili vi sono procedure ben precise da applicare, con approvazioni multiple che debbono essere ottenute da parte degli enti che classificarono originalmente i documenti; inoltre, alcune classi di documenti non possono essere declassificate per legge che dopo un lungo lasso di tempo.

Il 29 settembre Aileen Cannon rifiutò di approvare le procedure di analisi dei documenti proposte dallo “special master”, approvando al contempo numerose richieste dei legali di Trump, che implicavano un notevole allungamento dei tempi.

Il primo dicembre, su richiesta del DOJ, la Corte d’Appello ordinò la chiusura del caso poiché il giudice Aileen Cannon ‘“aveva esercitato in modo improprio la “equitable jurisdiction”’, rendendo numerosi pareri favorevoli a Trump, anche quando non erano stati richiesti dal querelante.

L’8 dicembre la Corte d’Appello pose termine alla revisione del materiale da parte dello “special master”, permettendo così al DOJ di procedere con l’analisi di tutti documenti che erano stati requisiti dall’FBI a metà agosto.

Il 12 dicembre Aileen Cannon fu costretta a chiudere il caso “a causa di difetto di giurisdizione”, in seguito all’ordine della Corte di Appello di chiuderlo.

Il comportamento e le decisioni del giudice Cannon furono stigmatizzati dai più autorevoli esperti e docenti di giurisprudenza, ma anche da numerosi procuratori.

Trump e i suoi legali avevano così allungato le procedure investigative di qualche mese, ma il DOJ aveva ottenuto via libera per procedere e lo special counsel Jack Smith poté iniziare ad approfondire le possibilità d’incriminazione di Trump e altri a lui vicini.

Da metà febbraio 2023 Jack Smith ha intensificato notevolmente le inchieste su Trump, facendo emettere “subpoena” nei confronti dell’ex-Vicepresidente Mike Pence, dell’ex-Chief of Staff Mark Meadows e altri che avrebbero potuto contribuire a chiarire i fatti.

In aprile 2023 l’avvocato Evan Corcoran fu chiamato a testimoniare davanti al gran giurì che sta svolgendo le indagini con lo scopo di determinare se Trump avesse eventualmente imposto la redazione della lettera nella quale veniva affermato che Trump aveva consegnato tutti i documenti restanti a Mar-a-Lago e la sua responsabilità nel farla firmare a Christina Bobb. Per superare l’ostacolo giuridico del privilegio avvocato-cliente nell’interrogatorio di Evan Corcoran, Jack Smith ha scritto al giudice che supervisiona il caso che l’ex-Presidente utilizzò l’avvocato per il perseguimento di una frode. In tal modo Corcoran sarebbe stato costretto a testimoniare senza potersi ricusare in base al privilegio avvocato-cliente se quest’accusa fosse provata (“crime fraud exception”). Corcoran deve quindi rivelare chi ha mentito e a beneficio di chi quando fece firmare la dichiarazione che tutti i documenti in possesso di Trump erano stati consegnati.

di Hugo Lowell, 22 marzo 2023

Trump lawyer ordered to hand over notes in Mar-a-Lago documents inquiry

Major blow to ex-president as Evan Corcoran loses legal bid to avoid giving notes and audio transcripts to investigators

(Nell’inchiesta riguardante i documenti di Mar-a-Lago l’avvocato di Trump ha ricevuto l’ordine di consegnare le sue note).

(Colpo durissimo per l’ex-presidente: Evan Corcoran perde il tentativo legale di evitare di consegnare le note e le trascrizioni delle registrazioni audio agli investigatori).

Un comitato ristretto di giudici federali d’appello (US appeals court for the DC circuit) ha respinto il tentativo di Trump d’impedire che il suo avvocato Evan Corcoran consegnasse documenti e testimoniasse davanti al gran giurì che è stato istituito per investigare il ritrovamento dei documenti confidenziali, riservati e segreti che Trump aveva conservato a Mar-a-Lago.

Il giornalista Hugo Lowell aggiunge dettagli riguardanti la decisione, spiegando perché è importante: avendo perso l’appello – una sconfitta molto grave per Trump – Corcoran deve fornire altre testimonianze e consegnare documenti al gran giurì che sta esaminando le prove riguardanti la ritenzione possibilmente non autorizzata da parte di Trump a Mar-a-Lago di materiale riguardante la sicurezza nazionale e di possibile ostruzione della giustizia.

La parte dell’inchiesta riguardante l’ostruzione è incentrata sull’osservanza incompleta del “subpoena” del maggio 2022 nel quale era formulata la richiesta della restituzione di qualsiasi documento registrato come confidenziale, riservato e segreto ancora in suo possesso. Questo seguiva la precedente restituzione parziale dell’autunno 2021 di documenti di questa natura agli Archivi Nazionali.

Nel giugno 2022 Corcoran effettuò una ricerca a Mar-a-Lago (“diligent search”) e consegnò al DOJ in una busta chiusa circa 30 documenti con l’indicazione confidenziale, riservato e segreto, fece firmare da un altro avvocato, Christina Bobb, un documento con il quale si certificava l’osservanza del “subpoena” in base “all’informazione che mi è stata data”.

Ma nel fascicolo presentato in tribunale il DOJ sosteneva che risultava evidenza che altri documenti riguardanti la sicurezza nazionale rimanevano a Mar-a-Lago alla quale si aggiungeva evidenza di ostruzione. E quando l’FBI effettuò la ricerca l’8 agosto 2022 trovò 101 documenti di questa natura in un deposito e nell’ufficio di Trump.

Corcoran fu interrogato dai procuratori di Jack Smith davanti al gran giurì e, per quanto concerne l’inchiesta, tutte le risposte che diede alle domande dei procuratori costituiscono una testimonianza cruciale per lo special counsel incaricato dell’investigazione.

In seguito, Jack Smith in aprile e maggio 2023 ha fatto recapitare “subpoena” a moltissime persone che lavoravano a Mar-a-Lago nel 2021 e 2022; tutte queste dovranno comparire davanti al gran giurì per essere interrogate. Nel frattempo, erano stati interrogati gli chefs delle cucine e una cameriera che era stata interrogata due volte. In pratica, erano state interrogate quasi tutte le persone che lavoravano a Mar-a-Lago nel periodo riguardante le investigazioni prima di comparire davanti al gran giurì sotto giuramento.

Lo “special counsel” ha inviato “subpoena” anche alla società che ha installato il sistema di videosorveglianza a Mar-a-Lago, in altre residenze di Trump e nelle società di Trump con lo scopo di verificare i movimenti delle persone e, soprattutto, delle scatole contenenti i documenti che venivano spostate da un luogo all’altro, nonostante Trump avesse affermato che tutto era custodito in un luogo sicuro; è stato appurato che di fatto non vi è alcun luogo “sicuro” nella residenza di Mar-a-Lago.

Inoltre, lo special counsel aveva inviato “subpoena” al capo della sicurezza dell’organizzazione, che nel frattempo ne era diventato il COO, e al direttore della sicurezza delle società di Trump per verificare le lacune nelle registrazioni del sistema di videosorveglianza. Il 4 maggio queste due persone testimoniarono davanti al gran giurì e furono interrogate a proposito di sms che il valletto di Trump aveva inviato loro nei giorni in cui nel 2022 aveva fatto richiesta delle registrazioni.

Da fonti informate è stato appurato che il valletto aveva consultato il capo della sicurezza a proposito della richiesta del DOJ. Da questa investigazione risulta che il valletto avrebbe giocato un ruolo importante nella risposta incompleta al “subpoena” riguardante i documenti, essendo stato visto nelle registrazioni andare e venire dal deposito per muovere, portare via e rimettere a posto scatole contenenti i documenti richiesti prima e dopo l’emissione del “subpoena” a Trump nel maggio 2022. Questo elemento dell’inchiesta è di grande importanza per capire se Trump avesse reclutato il valletto per rimuovere documenti classificati dal deposito per portarli nel suo ufficio o altrove nei locali di Mar-a-Lago prima che Evan Corcoran e Christina Bobb avessero effettuato le ricerche nel deposito quando fornirono una risposta incompleta al “subpoena” di richiesta dei documenti.

Nell’autunno del 2022 il valletto era risultato essere un punto morto dell’inchiesta a causa della sua mancanza di cooperazione e il DOJ lo minacciò di accusarlo di ostruzione e di rendere false dichiarazioni all’FBI dopo che aveva fornito agli investigatori resoconti delle proprie azioni. Ma il tentativo fallì e l’avvocato del valletto informò il DOJ che il suo cliente non avrebbe più parlato con gli investigatori se non quando fosse stato incriminato o gli fosse stata offerta un’immunità simile a quella concessa a un altro collaboratore di Trump.

Un portaparola di Trump espresse sdegno nei confronti degli investigatori: “Questa non è altro che una caccia alle streghe (“witch hunt”) politicamente motivata contro il Presidente Trump per interferire in un’elezione e impedire al popolo americano di farlo tornare alla Casa Bianca nel novembre 2024”.

Alla data di questo scritto (14 maggio 2023), lo special counsel non ha ancora deciso come procedere nei confronti del valletto.

Una delle numerose persone che lavoravano a Mar-a-Lago che aveva ricevuto “subpoena” ha comunicato a Jack Smith di essere disposta a collaborare all’inchiesta e sarà interrogata dai procuratori davanti al gran giurì. L’identità della persona e le informazioni divulgate non sono state comunicate, ma da fonti informate è stato appurato che la persona ha fornito una foto del deposito dove era stata tenuta la gran maggioranza dei documenti classificati confidenziali, riservati e segreti.

5 maggio 2023

“Justice Dept. Intensifying Efforts to Determine if Trump Hid Documents

Prosecutors investigating the former president’s handling of classified material have issued a wave of new subpoenas and obtained the confidential cooperation of a witness who worked at Mar-a-Lago.”

(Il Dipartimento della giustizia sta intensificando gli sforzi per determinare se Trump nascose i documenti [confidenziali, riservati e segreti].

I procuratori che stanno investigando la gestione e movimentazione del materiale classificato hanno emesso un’ondata di nuovi “subpoena” e hanno ottenuto la cooperazione di un testimone che lavorava a Mar-a-Lago.)

Resta aperta la questione delle motivazioni di Trump di tenere per sé tutti quei documenti.

*** A questo proposito può essere utile riportare qui di seguito un estratto di un’intervista a Daniel Ellsberg: “The Man Who Leaked the Pentagon Papers Is Scared” (L’uomo che ha fatto conoscere i Pentagon Papers è terrorizzato) di Alex Kingsbury, membro dell’editorial board, New York Times, 24 marzo 2023:

un’ipotesi riguardante la ragione per cui Trump cercò in tutti i modi di temere per sé tutti quei documenti confidenziali, riservati e segreti potrebbe essere sostenuta con l’opinione espressa nel corso di un’intervista da Daniel Ellsberg, l’autore del libro “Pentagon Papers” (ufficialmente Report of the Office of the Secretary of Defense Vietnam Task Force) del 1971, 7.000 pagine di segreti militari della guerra in Vietnam consegnati al New York Times e allo Washington Post:

(Tendiamo a pensare che il sistema di classificazione sia un sistema di protezione. Ma lei ne ha parlato a volte, e ritengo correttamente, come di un sistema di controllo).

(Questo è proprio quello che è. È un sistema di protezione contro la rivelazione di errori, false previsioni, imbarazzi di vario tipo e forse anche di crimini. Inoltre, il sistema dei segreti nelle sue implementazioni è soprattutto diretto a proteggere funzionari pubblici, enti amministrativi e altre istituzioni dall’imbarazzo e dalle responsabilità, dalla possibilità che i rivali se ne impossessino e li utilizzino per attaccarli [letteralmente: li picchino in testa].

In altri termini, per Trump alcuni di quei documenti gli avrebbero permesso di ricattare altri membri dell’amministrazione o del Partito Democratico, sempre con l’intenzione di cercare di rovesciare le carte e tornare al potere.

Tuttavia, Ellsberg fa notare che

(Penso che la quantità di eccessiva classificazione sia largamente sottostimato. Nel loro complesso i media non hanno mai veramente investigato il sistema dei segreti e quali siano gli effetti che ne derivano. Per esempio, i migliori esperti dei processi di declassificazione al di fuori dei media, il National Security Archive, mese dopo mese, anno dopo anno, rendono pubbliche nuove informazioni declassificate sulle quali hanno lavorato a volte tre o quattro, o dieci, o venti anni, prima di renderle pubbliche. Molto poco di tutto questo poteva giustificarsi dall’essere reso pubblico, e forse anche tutto. Un esperto stimò davanti al Congresso nel 1971 che il cinque percento delle informazioni riservate soddisfacevano i criteri di segretezza nel momento in cui furono classificate come riservate, e dopo qualche anno quel livello diminuiva a metà dell’uno percento).

Se questa è una stima realistica riguardante i documenti confidenziali, riservati e segreti, in realtà Trump non avrebbe avuto molte carte da giocare; ma è possibile che pensasse il contrario visto che, quando era Presidente, molto spesso non s’interessava ai rapporti giornalieri dei suoi consiglieri sulla sicurezza e non si curava della validità dei documenti relativi ai rapporti.

Per capire la ragione per cui Trump decise di nascondere questi documenti, anche dopo aver ricevuto il “subpoena”, gli investigatori hanno esaminato la loro movimentazione da parte di Trump, come e dove erano stati conservati, perché non aveva rispettato pienamente il “subpoena”, e anche le lacune nelle registrazioni della videosorveglianza.

Resta tuttavia il sospetto che Trump avesse intenzione di utilizzare in qualche modo i documenti che teneva illegalmente a Mar-a-Lago: questa è una delle cose che l’inchiesta di Jack Smith vuole appurare.

Mike Pence e Mark Meadows hanno rifiutato di comparire davanti al gran giurì e dovranno subire un processo per essere costretti a essere sottoposti a interrogatorio sotto giuramento.

Nel frattempo, Mike Pence è stato costretto a testimoniare davanti al gran giurì istituito per l’altra inchiesta condotta da Jack Smith relativa all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.

Numerosi commentatori ritengono che le audizioni del gran giurì stiano procedendo speditamente e che l’incriminazione di Trump e di altri non sia lontana nel tempo.

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