Il quadro della Madonna della pera che appare qui sopra è un’opera di qualche anno fa della pittrice e scrittrice trentina Piera Graffer. La pera è un tropo, una figura metaforica – probabilmente diremmo oggi un meme – che ricorre da secoli nei quadri raffiguranti la Vergine.
Già mezzo millennio fa, nel 1526, l’incisore e pittore tedesco Albrecht Dürer dipinse una sua ‘Vergine della Pera’ – esposta oggi agli Uffizi. Il frutto è una rappresentazione simbolica del Peccato originale e quindi del suo riscatto del mondo – un po’ come la mela ci ricorda più specificatamente la tentazione di Eva nel Giardino di Eden – cioè, una rappresentazione dell’innocenza perduta.
Ormai da tempo, la nostra civiltà è sempre più laica – una tendenza in forte crescita a partire dalla Seconda guerra mondiale. Ciò ha l’effetto di privarci sempre più rapidamente di una sorta di lingua pittorica condivisa, un tempo offerta dalla centralità della Fede cristiana.
Forse è per questo che da mezzo secolo o giù di lì buona parte delle opere pittoriche che vediamo sono rigorosamente astratte quando non sono ‘brutaliste’. L’astrattismo può benissimo comunicare emozioni, ma non si adatta ai messaggi più sofisticati – diciamo, meno ‘primordiali’. Un altro elemento – per quanto forse non si dovrebbe dire ad alta voce – è che l’astrattismo è anche tecnicamente più facile… L’epoca in cui un pittore, o forse il suo apprendista, doveva fabbricare i propri colori e – al limite – i propri pennelli è lontana; e nel caso dovesse tornare, sarà solo per permettere a qualche artista di vantarsene…
Semplicemente, la qualità dei colori e dei pennelli di oggi è eccellente. Lamentarsene è solo un vezzo. Della preparazione che separa l’arte dalla grafica forse si può ancora dibattere, ma ’percorrere la strada più in salita’ non è più una virtù e forse non è nemmeno ciò che il mondo vuole. Oggi abbiamo molte altre maniere per dirci le cose più ‘difficili’.