L'analisi

La pay-tv italiana ha ora un nome, Sky Italia

di Marco Mele, giornalista |

Una sola pay tv nazionale multipiattaforma. La dissoluzione progressiva di Mediaset Premium e la concentrazione del gruppo sulla tv in chiaro digitale. Nuovi rapporti di forza nella trattativa sui diritti di serie A.

Di seguito l’articolo di Marco Mele pubblicato venerdì 31 marzo alle 19:57 su Key4biz.

L’accordo siglato alle 20 del Venerdì Santo tra Mediaset e Sky Italia chiude un ciclo storico caratterizzato dallo scontro tra il “Caimano” e lo “Squalo”. Ciclo culminato nella decisione di Mediaset (che ora potrebbe ripensarci), nel settembre 2015, di non criptare su Sky i suoi canali terrestri, escludendoli dalla piattaforma satellitare.

Si chiude una fase che ha visto la concorrenza tra due pay-tv nazionali – prima Stream contro Telepiù, poi Sky contro Premium – “affondare” molti protagonisti, tra costi in picchiata e abbonamenti minori rispetto alle previsioni.

La lunga stagione del duopolio Rai-Mediaset, in realtà, come scrisse a suo tempo Antonio Pilati su Il Sole 24 Ore, ha reso fragili dalla nascita le pay tv italiane: una ricerca di Augusto Preta, alcuni anni fa, mise in luce come il principale freno alla crescita degli abbonati di Sky fosse rappresentata dai canali “nativi” del digitale terrestre, alimentati dalle grandi library accumulate durante il duopolio da Rai e Mediaset.

Rai che è stata anche “vittima” della competizione Sky-Premium quando, nel 2009, con l’unico intento di danneggiare la pay tv di Murdoch, la Rai rinunciò a 60 milioni l’anno – (50 più dieci di pubblicità) per sette anni, più 75 milioni in tre anni per titoli di Rai Cinema – per rinnovare il contratto per la trasmissione dei propri canali sulla piattaforma satellitare.

Mediaset è conseguente a quanto dichiarato da Piersilvio Berlusconi alla Convention di Montecarlo, presentando i palinsesti della stagione in corso: il gruppo intende investire e focalizzarsi sulla tv in chiaro, abbandonando progressivamente Premium, ma non Infinity, l’offerta in streaming.

Da qui la decisione di non offrire più di 200 milioni alla Lega Calcio per la Serie A, da qui l’acquisizione del campionato mondiale di calcio, pur orfano dell’Italia, da qui la scelta di aprire un nuovo canale in chiaro, al numero 20 della LCN (acquistato da ReteCapri) che sarà inaugurato dalla diretta in chiaro di Juventus-Real Madrid (chissà perchè, allora, non metterla in onda su Canale 5?). Addio Premiun, insomma.

Il gruppo noleggerà capacità trasmissiva a Sky, che darà vita a una pay-tv terrestre, combinando contenuti delle due attuali piattaforme a pagamento. Così Sky darà ossigeno a EITowers che senza la capacità trasmissiva occupata oggi da Premium vedrebbe crollare il proprio valore sul mercato. Il tutto, ovviamente, Antitrust e Agcom permettendo.

L’avventura della pay-tv del gruppo, nata in un solo giorno, è stata contrassegnata da molti errori, dall’iniziale uso delle carte prepagate, sul modello telefonico, che hanno impedito qualsiasi profilazione degli abbonati, al costo folle versato per la Champion’s League per il triennio, 220 milioni l’anno.

Sky ha messo a segno un vero colpo da maestro: accresce l’offerta satellitare, acquisendo, con i canali di film e di serie tv di Premium, quei titoli di Warner e Universal che Mediaset detiene tuttora per tutte le piattaforme trasmissive. Un aumento che non peserà sui prezzi degli abbonati, facendosi così perdonare l’errore di essere passati, sulla scia delle compagnie telefoniche, al canone versato sulle quattro settimane.

Ora Sky può puntare a raggiungere finalmente la soglia dei cinque milioni di abbonati e crescere ulteriormente. Il gruppo ha le due competizioni europee di calcio per il prossimo triennio e con l’accordo ha modificato i rapporti di forza per i diritti della serie A. Ora gli spagnoli-cinesi di MediaPro, forse mal consigliati, per recuperare il miliardo e 50 milioni “garantiti” e promessi ai club, dovranno dare a Sky non solo tutte le squadre, ma anche alcuni club o incontri (quelli della domenica sera?) in esclusiva: e questo, forse, non basterà a raggiungere la cifra promessa, anche insieme ai diritti esteri e a Internet. Sky che ha accelerato sull’accordo con Mediaset anche per l’arrivo di MediaPro nello scenario nazionale.

Sky che ha anche raggiunto un’intesa con Open Fiber, ben sapendo che la tv in futuro passerà per la banda larga, fissa e mobile.

La visione industriale dei vertici di Sky, che ha avuto diverse tappe, dall’HD al MySky, dalla chiavetta per il terrestre al nuovo decoder SkyQ – sui contenuti si pensi a SkyArte – trova ora conferma nell’essere riusciti a diventare la vera pay tv unica nazionale, avendo raggiunto un’intesa con quello che appare come il suo concorrente più pericoloso, Netflix, i cui contenuti dal 2019 saranno disponibili su SkyQ.

Gli interrogativi non mancano: dai contenuti della nuova offerta terrestre a pagamento, sicuramente a prezzi più bassi rispetto a Sky via satellite, al destino dell’offerta di Sky in chiaro (canale Otto, Cielo), alla politica del gruppo verso l’audiovisivo italiano.

Tuttavia, l’accordo conferma quello che diversi osservatori dicevano da qualche anno: nella competizione sulla pay-tv c’è, per ora, un solo vincitore: Sky Italia.

Ora la parola passa agli utenti, alle authority e alla politica. Nell’ordine in cui sono scritte.

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