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La pandemia ci ha trasformato in hikikomori?

“Hikikomori” è una parola giapponese che deriva da hiku, ”tirare”, e komoru, “ritirarsi”, e indica quei moderni eremiti che decidono di rinunciare alla loro vita sociale per starsene chiusi in casa per mesi, se non addirittura anni: un fenomeno che riguarda i giovani giapponesi, ma anche uomini di mezza età, già dagli anni Ottanta. Fino a poco tempo fa in Occidente hikikomori era un termine praticamente sconosciuto, ma le cose sono rapidamente cambiate con il successo di Internet e, ancora di più, con i lockdown della pandemia, che ci hanno trasformato in eremiti nostro malgrado; e qualcuno, tutto sommato, si è reso conto che tale condizione non era poi così male.

C’è chi può smettere di uscire di casa (e chi l’ha già fatto)

Già, perché si ha un bel parlare dell’importanza insostituibile del contatto umano, ma l’unica ragione che apparentemente rimane per mettere il naso fuori di casa, per molte persone, rischia di essere solo il piacere di farlo, perché quasi tutte le necessità possono essere soddisfatte senza muoversi dalla scrivania. Con lo smart working, per chi ne ha la possibilità, o la DAD, e poi con l’acquisto di tutto ciò che serve direttamente online, per farselo arrivare comodamente a domicilio con i diversi servizi di delivery, da Glovo a JustEat. E per ciò che riguarda le interazioni con le altre persone, in molti si accontentano dei social network o al più di una videochiamata su Zoom o Meet. Un film? Streaming tv su Netflix, Prime Video e simili (con abbonamenti dal costo quasi irrisorio, come si può vedere sul comparatore di SOSTariffe.it). Per la musica, uguale, con Spotify o Apple Music o Tidal. Per tenersi in forma ce la si può cavare con un workout casalingo seguendo un corso su YouTube o anche un personal trainer connesso tramite videocamera, e così via. Insomma: le possibilità per non vedere più la luce del giorno e, se non vivere, almeno sopravvivere in teoria ci sono. Ma si può parlare davvero di una nuova ondata di hikikomori emersa con la pandemia o è solo facile allarmismo?

Otto ore su Internet senza distrarsi

Ad aiutarci a fare luce sulla situazione attuale c’è un nuovo report, il 2022 Internet Usage Report di HighSpeedInternet.com, che mostra le statistiche relative agli utenti della Rete negli Stati Uniti post-pandemia. I mille intervistati hanno risposto a una serie di domande su come fossero cambiate le proprie abitudini dopo il Covid, e il primo dato è che, in media, le persone trascorrono circa 8 ore online, come una giornata lavorativa, sommando il PC, lo smartphone e il tablet. Il dato non prende in considerazione attività “passive” svolte facendo altro, come ascoltare musica in streaming in sottofondo mentre si lavora, ma solo l’uso attivo di Internet.

Il dato è in crescita. Rispetto all’anno scorso, il 44,7% degli intervistati ha ammesso che il suo utilizzo di Internet è aumentato, e finora il 2022 è stato un anno meno influenzato dal coronavirus rispetto al 2021. Solo il 10% ha parlato di un decremento, mentre per il 42,3% degli intervistati il tempo passato online è stato più o meno lo stesso.

Largo al dating online, ma i vestiti si comprano di persona

Ancora più interessanti sono i dati che illustrano quali attività si preferisce fare di person e quasi online. Può sorprendere, ad esempio, che il dating, e cioè quel che è oggi il corteggiamento, avvenga per il 13% di persona e per il 14% online. Se alcuni strumenti ormai sono passati a pieno titolo alla loro versione virtuale (il 45% delle persone, quando deve gestire il calendario dei propri appuntamenti, lo fa utilizzando la Rete, contro il 21% di chi utilizza il vecchio cartaceo), lo shopping, contro qualche luogo comune, non sembra essere così orientato verso l’immateriale.

È vero che la percentuale di chi acquista online prodotti tecnologici è molto più alta rispetto a chi si reca nei negozi (47% contro 17%), ma si preferisce l’acquisto di persona quando si parla di abiti (48% contro 22%), con buona pace dei vari Zalando e Shein, casalinghi (50% contro 20%) e soprattutto la spesa da supermercato (67% contro il 13%), che pure con la pandemia è stata in molti casi del tutto abbandonata a favore dell’acquisto online; come dire che se per acquistare un mouse o un telefono di cui possiamo già vedere tutto sul web Internet va benissimo, vogliamo toccare con mano la qualità della nostra verdura, e vedere di persona se un vestito ci va bene invece di acquistarlo e rimandarlo indietro per farsi mandare la taglia giusta (un processo che è ancora un po’ laborioso). E chi non sopporta i QR Code per consultare il menu al ristorante sappia di non essere da solo, visto che il 42% degli statunitensi preferisce il tradizionale cartaceo allo scrolling sul telefonino.

Il fascino di una casa comoda è per sempre?

Se le banche online sono state una vera manna, a giudicare dalla percentuale di persone che preferisce gestire col digitale il proprio patrimonio rispetto al recarsi in filiale (61% contro il 6%), e lo stesso vale per il pagamento delle bollette, gli intervistati non si fidano del dottore virtuale, ma vogliono vederlo di persona (63% contro l’11%), così come reputano preferibile fare un colloquio di lavoro senza uno schermo di mezzo (35% contro il 12%). E, per fortuna, almeno negli Stati Uniti non c’è gara tra la socializzazione con gli amici di persona (il 58%) e quella via web (11%).

Insomma, davvero non c’è pericolo di eremitaggio moderno? Forse è un po’ presto per cantare vittoria, almeno a giudicare dal numero di attività che gli intervistati hanno dichiarato di fare più spesso di prima dell’inizio della pandemia. L’aumento ha riguardato lo shopping online, l’uso di Internet, lo streaming di serie e film, l’uso dello smartphone, le chat video, mentre per la maggioranza non ci sono stati cambiamenti rilevanti per quanto riguarda i social media, l’acquisto della spesa, lo streaming musicale, il gaming online. Ma l’ultimo dato continua a essere incontrovertibile, per quanto lapalissiano: il 60% ora passa più tempo in casa di prima. Tutto sta a vedere se è un’abitudine che ci toglieremo o se ormai fa parte del nostro quotidiano.

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