Il coronavirus “ridotto” a questione burocratica
Ad ottobre 2020 il ritorno violento dell’epidemia ha mostrato e dimostrato che i modelli organizzativi della sanità, della protezione civile, delle regioni, degli enti locali sono “datati”, vecchi, scarsamente funzionali, formalistici, inutili, costosi e dannosi per la società.
E mentre ci sono morti, contagi, criticità nella cura e nell’assistenza sanitaria, problemi sociali ed economici, assistiamo a decisioni politiche e governative e a dibattiti televisivi e sui giornali che “riducono” la pandemia ad una questione di competenze istituzionali ed amministrative, di gestione di pratiche, ad una questione “burocratica”.
Tutto resta come è: con le regole e l’organizzazione attuali e su questa “stabilità instabile” si cerca di strutturare la politica antipandemica e l’intervento per fare ripartire economicamente l’Italia.
Questa pandemia ha segnato la fine di un modello di burocrazia e di un modello di regole che sono autoreferenziali (al limite del drammaticamente ridicolo). Il modello burocratico generale non aiuta il Paese a valutare come intervenire correttamente su di un fenomeno emergenziale che “scardina” tutte le regole burocratiche consolidate, tutte le disquisizioni amministrative, i tempi dell’azione amministrativa, ecc. : il virus è fuori dai ritmi della politica e della burocrazia; siamo costretti a rincorrere il virus; la cura sanitaria non basta.
La crisi trentennale delle amministrazioni pubbliche
La pandemia ha messo a nudo definitivamente la crisi amministrativa che dura da trent’anni: scarsa semplificazione e snellezza amministrativa; poca digitalizzazione intelligente; regolamenti di organizzazione che vengono verniciati di modernità ma sono come quelli degli anni settanta; rapporti con l’utenza ed i cittadini senza chiarezza e con scarsa efficacia; organizzazione del lavoro pubblico che viaggia su di una dimensione quasi opposta alle esigenze della società contemporanea; nessuna formazione utile per i dipendenti pubblici; ruolo ambiguo della dirigenza pubblica; decisori pubblici che “governano” fuori dal contesto reale del proprio ambito sociale, ecc.
La crisi amministrativa è duratura, la pandemia ha fatto esplodere questa crisi, c’è la necessità di affrontare questa crisi (non si può ancora una volta rinviare un cambio forte del sistema burocratico: basta a riforme della pubblica amministrazione che restano solo sulla carta e sono inapplicabili).
La pandemia ci offre una grande possibilità (!?), quella di iniziare a riformare un sistema organizzativo pubblico che esiste solo per “legge” e nessuno capisce perché ci si aggroviglia su procedure decisionali ed amministrative piene di dati ridondanti e di pratiche/documenti inutili. La crisi amministrativa trentennale quanti danni economici ha generato? Quanto benessere sociale ed individuale ha “castrato”? Quanto inquinamento comportamentale è stato consolidato?
Ci siamo preoccupati di richiamare l’attenzione del Parlamento, del Governo, dei decisori regionali e degli amministratori locali ad aprile 2020 (in verità da anni richiamo l’attenzione di tutti su questa crisi perenne dell’amministrare e dell’amministrazione) Come la burocrazia si comporterà nella fase del dopo Coronavirus?
In questa situazione è necessario fare degli interventi mirati che vanno oltre la pandemia e valgono per il futuro. Non vedo interventi del Parlamento, del Governo, dei decisori amministrativi per formare norme e regole chiare, semplici, utili e con tempi di attuazione ragionevoli; non vedo impegni su questi problemi da parte di nessuno (è una “mentalità” da scardinare).
Allora, un elenco di cose da fare: è un elenco “pesante” perché gli interventi da fare non sono stati effettuati in questi 30 anni (ripeto trenta anni). Dobbiamo mettere in cantiere delle riforme mirate lavorando su questioni semplici, di grande interesse per la vita quotidiana dei cittadini (prendiamo spunto dal Rapporto Giannini: poche pagine, nessuna sbrodolatura, essenzialità nelle soluzioni, ecc.).
E’ necessario definire una visione ed uno scenario completi per un cambiamento vero. Ma non c’è bisogno di creare tanti comitati e gruppi di esperti, di tecnici, ecc. per definire cosa fare (così si rinvia il cambiamento); ci tocca leggere tante pagine di analisi e poche soluzioni operative e concrete (cosa fare, come, in quanto tempo, con quali investimenti, con quali risultati, ecc.).
Il nuovo paradigma della burocrazia pubblica
Il nuovo paradigma dell’amministrazione pubblica si caratterizza per alcuni elementi fondamentali:
- un’ amministrazione moderna deve porre al centro i cittadini (nei fatti e non solo nelle affermazioni di principio); non avviene nella maggior parte delle 50.000 organizzazioni pubbliche: diventano prevalenti le regole, diventa prevalente il rispetto delle regole anche se con tempi eterni; diventa prevalente il rispetto delle prassi procedurali; a questo punto il cittadino è….. sparito dall’orizzonte; un’amministrazione moderna deve incidere “positivamente” sul quotidiano dei cittadini;
- un’ amministrazione moderna deve essere trasparente e tracciabile e per questo non può non essere nativamente digitale e per essere tale deve essere sottoposta ad una forte “ripulitura” di norme e di regole: quindi la parola d’ordine è “semplificare, semplificare, semplificare”; oggi siamo una amministrazione pubblica analogica(molto) e digitale(poco): il mix è la peggiore sciagura che ci possa capitare. Non vedo all’orizzonte una semplificazione/digitalizzazione di tipo innovativo. Vedo molte App in giro!!!!
- un’ amministrazione moderna deve rispettare il principio che gli stessi dati non devono essere richiesti “migliaia” di volte ai cittadini e i documenti presentati dai cittadini devono essere conservati dalle amministrazioni e non richiesti agli stessi cittadini dopo anni perché non sono più nella disponibilità delle amministrazioni (?). Le amministrazioni devono operare con dati e documenti essenziali. Per organizzazioni diffuse come i comuni e le scuole è necessario fare ricorso alla semplificazione e digitalizzazione delle procedure e dei servizi nella logica delle comunità di pratiche e della gestione associata delle attività;
- quando si attiva un servizio (in particolare se pensiamo alle procedure messe in atto per la pandemia) è necessario definire la procedura di supporto al servizio in termini di semplificazione, di ragionevolezza, di sostenibilità e con un confronto con gli stakeholders; il servizio deve essere considerato, progettato e realizzato nella sua filiera completa;
- le catene decisionali nel settore pubblico devono essere corte, semplificate, funzionali; le catene decisionali devono essere gestite in modo manageriale; necessario superare tante zone grigie di dirigenti che non sanno o non vogliono operare in modalità manageriale; la dirigenza pubblica deve essere selezionata con nuove regole e con contratti dove si precisano profili professionali ben definiti, diritti, doveri, obiettivi, tempi, verifiche e controlli specifici, valutazioni da parte dei cittadini, stipendio e premi (se il tutto “quadra”), ecc.
- le amministrazioni moderne devono essere in grado di gestire “pratiche” (“dossier” come si chiamano oggi in modo sofisticato) in modo efficiente, efficace ed economico ma soprattutto devono essere in grado di operare “per progetti”, in modalità associata, nel rispetto del principio che le risorse a disposizione non sono infinite; le moderne amministrazioni devono essere dirette con logica manageriale e non per una nomina dirigenziale da parte del “capo” (che di solito non opera in modo manageriale);
- il Parlamento deve varare norme non con la tecnica di mettere le “pezze” a norme già nate male ed incrementate nel tempo con interventi “provvisori”; la pandemia permanente del nostro Paese (e da anni) è proprio la patologia di fare norme e regole senza badare alle reali esigenza dei cittadini e del sistema produttivo; la produzione di leggi scritte male, non chiare, con tonnellate di articoli e di commi, di rinvii su rinvii. Questa è la riforma della riforma: una misura da prendere subito per marcare il cambiamento è quella di azzerare il sistema delle leggi. Mi spiego: se è necessario legiferare sul sistema produttivo si azzerano le norme precedenti, si recuperano i principi e si sistema in modo organico la normativa sul sistema produttivo (cioè si mettono a sistema le regole). Il risultato: leggere una norma che ci dice con chiarezza cosa devono fare le aziende per operare in un certo modo ed avere dei supporti dallo Stato. Lo stesso dicasi per il settore fiscale: un caos generale e di dettaglio. Provate a leggere organicamente le attuali regole fiscali: nemmeno gli esperti sanno più come procedere.
Questo è tempo di nuovi scenari per il futuro e di “riforme intelligenti” mirate
I principi che sono stati sopra indicati esistono già nel nostro ordinamento; non è necessario fare altre norme per riaffermare i principi; è necessario “operare” in concreto per attuare i principi.
Qualcuno potrebbe eccepire o criticare queste mie proposte (e ci mancherebbe, c’è libertà di pensiero e di parola) facendo notare: ma questi interventi di riforma proprio adesso nella pandemia covid-19? Queste cose si faranno dopo la pandemia.
Ma dopo la pandemia queste riforme non si faranno e ritorneremo a vivere con un sistema di leggi e di burocrazia “come prima”.
Questo è tempo di “riforme” essenziali, finalizzate, operative, sostenibili. Oltre alle pandemie patologiche (drammatiche) ci sono le pandemie burocratiche e legislative (che fanno danni molto gravi per i singoli cittadini, per le comunità e per le imprese). Da trenta anni siamo in permanente pandemia amministrativa. Non è un’accusa ai pubblici dipendenti: mettiamo i pubblici dipendenti in condizioni di lavorare in modo moderno.
Il Parlamento si riprenda il ruolo centrale: quello di legiferare per il bene e per il futuro del Paese.