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La palude culturale e mediale italiana alla prova del Conte II

L’assenza di segnali di vita (segnali pubblici, almeno) sui fronti culturali e mediali italiani, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo per arrivare fino alla Rai, è veramente stupefacente, ma forse va ricondotta alla dinamica di sempre: “la cultura” continua ad avere un ruolo marginale nella agenda del Governo, e peraltro l’Esecutivo formatosi pochi giorni fa è alle prese con questioni che paiono essere sempre “più importanti”…

È importante anche osservare le “persone”, cioè i protagonisti della politica: nella maggioranza giallo-verde (il Conte I), l’allora Ministro grillino Alberto Bonisoli (che torna alla sua creatura, la meneghina Naba, l’accademia di arte moda e design) aveva assegnato la delega per il cinema e l’audiovisivo alla allora Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni (ormai candidata blindata dalla Lega per il ruolo di governatrice della Emilia Romagna), che aveva fatto proprie le tesi degli imprenditori del cinema (Anica e Apt), e si è mossa con piglio decisionista e discreto protagonismo.

Per quanto riguarda la Rai, non emergevano grandi sensibilità da parte della Lega ovvero del Movimento 5 Stelle, non nelle commissioni parlamentari competenti almeno, fatto salvo il senatore grillino (dissidente) Alberto Airola che a fine luglio aveva peraltro annunciato le proprie dimissioni dalla Vigilanza (per protesta contro l’eccentrica proposta del Capo Politico del Movimento Luigi Di Maio di abolire il canone); il parlamentare rivelatosi più attivo (e polemico) è stato senza dubbio Michele Anzaldi (Segretario della Commissione di Vigilanza Rai), deputato del Partito Democratico, passato quindi dall’opposizione (Conte I) alla maggioranza (Conte II), e peraltro approdato in questi giorni nelle fila di Italia Viva, il neopartito di Matteo Renzi

La nuova maggioranza registra un perdurante disinteresse – almeno pubblicamente – per le vicende del sistema culturale e del sub-sistema mediale. Cenni generici e poche parole nel “programma” del Conte-bis, e pochi politici particolarmente appassionati a Montecitorio e Palazzo Madama: “la politica” non s’entusiasma granché a proposito de “la cultura”.

Qualcuno chiede ogni tanto che venga smantellata “l’occupazione” che leghisti e grillini avrebbero imposto nella spartizione dei dirigenti apicali di Viale Mazzini. In verità, ci sembra che questa dinamica abbia caratterizzato più la Lega che il M5S: il caso della Direttrice di Rai 1, Teresa De Santis, in esplicita “quota Lega”, è emblematico.

Continua a mancare, completamente, una idea strategica sul “servizio pubblico” radiotelevisivo. Totale assenza di dibattito politico.

Basti osservare che da mesi non si registra un convegno uno, approfondito e plurale, in argomento: l’ultima occasione è stata promossa dall’ex Direttore di Rai Educational Renato Parascandolo, su iniziativa dell’associazione Articolo21 presieduta da Beppe Giulietti, verso metà luglio nella sede del misterioso (quasi uno zombie) “Cnel” alias “Consiglio Nazionale per l’Economia e per il Lavoro”, ma anche in quel caso si è trattato di un dibattito intimo tra pochi “addetti ai lavori”, che non ha registrato alcuna eco politica significativa (e niente in rassegna stampa)…

Da segnalare, in materia, che in Vigilanza Rai c’è stato, il 19 settembre, un passaggio di consegne, nell’ambito del M5S, dall’effervescente Gianluigi Paragone (che ha contestato duramente l’alleanza del M5S con il Pd) alla mite Francesca Flati, nel ruolo di Capo Gruppo del Movimento in Commissione. E va ricordato che nel Movimento cresce la fronda di coloro che contestano la gestione monocratica di Luigi Di Maio: è della settimana scorsa la lettera di ben 70 Senatori (su un totale di 105 grillini a Palazzo Madama), capeggiati dal senatore Mario Giarrusso (esponente di spicco della lotta alla criminalità, membro della Commissione Antimafia), che contestano il deficit di democrazia e di meritocrazia nella gestione partitica del Capo Politico (da segnalare che anche Airola è tra i contestatori). Come dire?! I parlamentari grillini hanno oggi certamente altre “priorità”, rispetto alle problematiche della cultura, dei media, della Rai, del digitale… però…

Cosa accade in Rai non è ben chiaro, anche perché è evidente che “il clima è cambiato”, e vi è chi ipotizza che la presidenza del “sovranista” Marcello Foa sia ormai a rischio (anche se nulla è emerso in occasione delle sue ultime sortite nella kermesse del “Prix Italia”: vedi “Rai, certificazione ‘Iso’ delle notizie per arginare le fake news”, su “Key4biz” del 24 settembre): è stato addirittura ipotizzato che il nuovo Ministro dell’Economia, il piddino Roberto Gualtieri, potrebbe revocare (sulla base della contestata legge renziana di riforma del 2015) il Presidente, azzerando il Consiglio di Amministrazione…

La quasi totalità dei colleghi quotidianisti dedica però attenzione soltanto alle nomine ed ai programmi, e nessuno sembra porsi domande serie sul futuro strategico della Rai come “servizio pubblico”: il lettore appassionato al “dietro le quinte” di Viale Mazzini può trovare soddisfazione in un blog – anonimo – che registra crescente interesse nella comunità professionale, per accuratezza qualitativa e per tempestività analitiche (sia a livello “micro” che “macro”, sia tattico che strategico) qual è “Bloggorai – La Rai prossima ventura – Ultime notizie”, animato – parrebbe – da un ex dirigente Rai molto appassionato.

Il “piano industriale” Rai sembra giacere in frigorifero, e non emergono segnali di sorta da parte del Mise né dalla Commissione di Vigilanza Rai, e quindi la riforma disegnata dall’Amministratore Delegato Fabrizio Salini inevitabilmente arranca, anche perché scardinare la struttura attuale “per reti” e trasformare Rai in un’impresa “per generi” è ardita intrapresa (e determina tra l’altro la riallocazione funzionale di migliaia di dipendenti): incredibile, ma vero.

E nulla si sa di alcune delle innovazioni previste dal “piano”, a partire dal canale internazionale in lingua inglese, affidato alla controllata RaiCom di cui Monica Maggioni è l’Amministratrice Delegata: che fine ha fatto??? Secondo alcuni, ci sarebbe una sorta di “stop” imposto dal Presidente Foa (che ad inizio luglio si è peraltro dimesso dalla presidenza di RaiCom) e dall’Ad Salini: forse hanno compreso che prospettare un canale internazionale con un budget di 10 o 20 milioni di euro l’anno (come previsto nel “piano industriale”) è semplicemente ridicolo? No, semplicemente parrebbe che la nuova maggioranza possa assegnare alla ex Presidente Rai Monica Maggioni un incarico più prestigioso rispetto alla guida di un canale ambizioso tutto da costruire, ma con un budget da emittente televisiva locale!

Non meno incredibile, ma vero, è che non sia stata ancora assegnata una delega per le telecomunicazioni (e quindi – tra l’altro – Rai), mentre almeno la situazione appare abbastanza chiara sul fronte dell’editoria, che è presidiato dal piddino Andrea Martella (che è andato a sostituire il grillino Vito Crimi).

In ambito Mise, in effetti, ad oggi le deleghe per l’Energia, la Politica Industriale e le Telecomunicazioni non sono state ancora assegnate. La delega alle Telecomunicazioni determina notevole visibilità, ed i candidati continuano ad essere il Sottosegretario Gian Paolo Manzella (esperto di politica culturale e di start-up, già Assessore allo Sviluppo Economico nella Giunta di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio) ed i due grillini Stefano Buffagni, Vice Ministro (già Sottosegretario alla Presidenza con delega agli Affari Regionali nel Conte I), e la Sottosegretaria Mirella Liuzzi (deputata che conosce bene la materia radiotelevisiva). Da segnalare l’intervento proprio della Sottosegretaria Mirella Liuzzi in occasione della presentazione alla stampa del “Mia – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo”, mercoledì scorso (25 settembre), la quale ha dichiarato che il Governo “continuerà a promuovere e sostenere l’industria audiovisiva italiana”. Come dire?! Verosimile Sottosegretaria “in pectore” alle Telecomunicazioni, o comunque all’Audiovisivo.

Sul fronte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, è evidente che la compresenza in Dario Franceschini di un duplice ruolo, titolare di un dicastero importante (ma marginale nella complessiva “economia politica” del Governo, vedi supra) ed al contempo capo della delegazione del Partito Democratico nella compagine governativa (ha in Luigi Di Maio il suo omologo grillino), determina una sua inevitabile distrazione a favore delle “cose più importanti” della politica.

E le due Sottosegretarie, Lorenza Bonaccorsi per il Pd, ed Anna Laura Orrico, per il M5S, stanno muovendo i primi passi (sono state nominate soltanto il 16 settembre): per ora, è certo che il Ministro ha assegnato alla prima (già Assessora giustappunto al Turismo ed alle Pari Opportunità nella Giunta Zingaretti) la delega per il Turismo, mentre è verosimile che la seconda erediti dal suo predecessore (il grillino Gianluca Vacca) la delega al Digitale (ovvero innovazione e digitalizzazione). Permane nel ruolo di Capogruppo del M5S in Commissione Cultura alla Camera Paolo Lattanzio (che pure alcuni davano per probabile Sottosegretario al Mibact) che ha annunciato “con il Pd lavoreremo da maggioranza responsabile, non da coppia litigiosa”.

E chi seguirà la materia “cinema e audiovisivo” al Mibact?!

È verosimile che Dario Franceschini, autore della legge che governa il settore da fine 2016 (e che porta il suo nome), voglia mantenere le proprie dirette competenze in materia, sostenuto anche dall’esperienza del neo Segretario Generale del Mibact, Salvo Nastasi (dimessosi da Vice Presidente della Siae – Società Italiana Autori Editori, ma per anni alla regista delle politiche dello spettacolo italiano). E già si parla di un possibile rientro di Nicola Borrelli, per un decennio Direttore Generale del Cinema fino al marzo 2019, a Santa Croce in Gerusalemme, dato che il suo successore Mario Turetta parrebbe voglia tornare nelle lande torinesi (è stato per anni alla guida, con successo, di Venaria Reale).

Nel mentre, alcune simpatiche kermesse stanno per caratterizzare la scena romana: dal 16 al 19 ottobre, si terrà nella Capitale la quinta edizione del Mia – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, dal 17 al 29 ottobre la Festa del Cinema (già “Festival Internazionale del Film di Roma”) giunta alla quattordicesima edizione, e non poteva mancare la seconda edizione di Videocittà, la indispensabile kermesse ideata da Francesco Rutelli (“uti singuli” e non nella veste di Presidente dell’Anica)… Assisteremo ancora una volta al solito rituale di proiezioni, feste e festicciole, centinaia di ore di flussi audiovisivi e migliaia di litri di champagne, a tutto vantaggio di una autoreferenziale “comunità del cinema”, di una “comunità di giro” che non si interroga sul senso di queste iniziative, e mai si pone domande come “a che servono?”, così come “a chi servono?!”.

In Italia, in effetti, la quasi totalità dei festival non produce valutazioni di impatto, e spesso si tratta di iniziative che servono a consolidare semplicemente le macchine burocratiche che le organizzano (lobby incluse), in assenza di trasparenza e misurazioni di efficienza ed efficacia. Così funziona (male) gran parte del sistema culturale italiano: prevale la approssimazione nasometrica ed il capitale relazionale.

Sul fronte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, silenzio tombale, dopo la proroga decisa dal Consiglio dei Ministri il 19 settembre, che consente al Presidente Angelo Marcello Cardani ed al Consiglio di Agcom di continuare ad esercitare le proprie funzioni, seppur limitatamente agli atti di “ordinaria amministrazione”, fino al 31 dicembre 2019. Permane inascoltata l’istanza, manifestata flebilmente da alcuni esponenti della società civile, di promuovere un processo selettivo dei componenti della prossima Autorità attraverso una procedura a pubblica evidenza.

Complessivamente, se non si è concretizzato quel “Governo del Cambiamento” che era lo slogan dell’alleanza gialloverde nel primo Conte (dal giugno 2018 al settembre 2019), non sembra che la nuova maggioranza si caratterizzi, in materia di cultura e media, per vocazioni particolarmente innovative. Il che si traduce in una dinamica complessivamente confusa e nel concreto rischio di un andamento inerzial-conservativo. Con buona pace di coloro che confidano in un salto di qualità nelle politiche culturali-mediali del nostro Paese.

In Italia, dinamica gattopardesca è sempre in agguato.

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