Sì, va bene Baby Reindeer, nato per ricevere il bollino “acclamato dalla critica”. Impossibile contrastare la nuova stagione di quella locomotiva in corsa che è Bridgerton. E Fallout, bisogna dirlo, ha convinto non solo gli appassionati del franchise di videogame. Ma per quanto le novità nelle piattaforme di tv streaming non manchino, lo zoccolo duro forse più importante nel catalogo dei maggiori fornitori sono gli show nati per la televisione in chiaro e oggi riproposti su quella a pagamento, dopo l’acquisto dei relativi diritti. Un altro aspetto di quell’«effetto nostalgia» che porta Netflix e concorrenza varia a non snobbare la tv del passato, anzi.
Basta guardare su Flixpatrol i dati degli show più visti in Italia in questo momento. Proprio Netflix, a dire il vero, si distingue per avere tra la sua top ten tutti titoli nuovi, nati per lo streaming, ma questo non le impedisce di avere in catalogo tutte e dieci le stagioni dell’intramontabile Friends. Diverso è il discorso per Disney+, i cui show più visti sono un vero campionario dei primi anni Duemila e ancora più indietro: in prima posizione Grey’s Anatomy, arrivato alla diciannovesima stagione; Modern Family, undici stagioni, terminate nel 2020; il cartone Bluey, che ha già 154 episodi all’attivo; i Simpson, la più longeva sitcom al mondo, 768 episodi fino alla 35esima stagione (ma è stata già annunciata la trentaseiesima, e chissà se le avventure di Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie finiranno mai); How I Met Your Mother, conclusasi ormai dieci anni fa, nel 2014 (con un finale a sorpresa che fece molto scalpore), dopo nove stagioni. Il resto della top ten è formato da Family Guy, alias I Griffin, che difficilmente vorrà fermarsi prima dei Simpson (22 stagioni, ventitreesima in arrivo, 424 episodi), Station 19, lo spinoff della stessa Grey’s Anatomy ormai a sette stagioni; Desperate Housewives, 8 stagioni, finita nel 2012 ma rimasta nell’immaginario collettivo; Criminal Minds, 16 stagioni, ancora in corso dopo essere stata apparentemente interrotta nel 2020; e The Walking Dead, finita un paio d’anni fa dopo undici stagioni. Insomma, le novità sono ben poche, anche per quanto riguarda i franchise più pregiati della casa (come i film Marvel o quelli di Star Wars).
Tra vecchio e nuovo, le strategie delle piattaforme
E gli altri? Amazon Prime Video è, tra le altre cose, il regno degli anime, anche questi non proprio nuovissimi, come Dragonball Z al settimo posto (forse per l’effetto nostalgia dato dalla morte di Akira Toriyama qualche mese fa) o Naruto Shuppuden al nono; Now TV ha ancora il buon vecchio Game of Thrones, concluso nel 2019, a fare compagnia al quinto posto a un format navigato come Cucine da incubo con Antonino Cannavacciuolo (primo, mentre Alessandro Borghese con 4 Ristoranti è al sesto) e l’operazione-revival per eccellezza, il GialappaShow (al secondo). Chi invece punta decisamente sulle novità è Apple TV+, che con un catalogo più limitato soprattutto per quando riguarda i titoli d’archivio fa leva su titoli inediti. Per conoscere tutte le novità e trovare le piattaforme di streaming tv più adatte ai propri gusti, comunque, il consiglio è di utilizzare il comparatore di SOSTariffe.it.
Il fenomeno dei “classici intramontabili” è stato analizzato di recente da Parrot Analytics, che conferma come la sempre viva attenzione per le serie che hanno fatto grandi numeri nel passato – concluse o meno – non è una particolarità italiana, anzi. Nel primo trimestre del 2024, con l’eccezione di Netflix e Apple TV+ – come si è visto, le piattaforme più restie a ospitare titoli di qualche anno fa – tutte le principali piattaforme di streaming hanno visto più della metà della domanda per il proprio catalogo legarsi a show che erano già stati trasmessi in quella che oggi viene definita “tv lineare”, ovvero quella in chiaro più quella via cavo. In USA, naturalmente, c’è da tenere conto di alcuni fenomeni locali, come il fatto che una piattaforma come Max conti soprattutto sugli show di alto livello di HBO, mentre Paramount+ genera fatturato soprattutto dai suoi titoli già trasmessi da Nickelodeon e CBS e Peacock fa la stessa cosa con la NBC e Bravo.
Il rischio della seconda stagione
Come fa notare lo studio, però, questo affidamento ai vecchi titoli rischia di diventare problematico via via che il numero delle nuove serie e dei nuovi show continua a diminuire, non solo in conseguenza del clamoroso sciopero degli sceneggiatori e degli attori di Hollywood dell’anno scorso. C’è anche un altro aspetto, infatti, da considerare: sono sempre di più le serie che non sopravvivono oltre alla prima stagione, anche quando è stato investito parecchio per loro. Un esempio per Disney+ è Willow, che si riprometteva di recuperare i fasti del vecchio film di Ron Howard, magari proponendo un’alternativa più leggera ai pesi massimi del fantasy, The Rings of Power su Prime e Game of Thrones da noi su Sky, ma non è andata così. Cancellato. Così com’è stata annullata una seconda stagione di Morte e altri dettagli, che non ha raggiunto i risultati sperati; e perfino un titolo di grande richiamo e successo come The Gentlemen di Guy Ritchie, pur sperando in una prossima stagione, vede i suoi sceneggiatori e registi usare sempre termini molto cauti: se avremo una nuova possibilità, se la piattaforma ci darà fiducia, se, se, se. Molto più sicuro produrre una nuova stagione di Criminal Minds, che la sua (ampia) fetta di pubblico continuerà ad averla.
Nel dettaglio, negli Stati Uniti il 52% delle serie disponibili sulle principali piattaforme di streaming video on demand (SVOD) ha debuttato nel 2019 o successivamente, il periodo che ha segnato l’inizio della cosiddetta “guerra dello streaming” con il lancio di nuovi concorrenti come Apple TV+, Disney+, Peacock e quello che all’epoca era noto come HBO Max. Nonostante oltre la metà dei titoli su queste piattaforme sia di recente introduzione, questi nuovi programmi rappresentano solamente il 33% della domanda totale. E perfino Netflix fa registrare alte prestazioni con le serie più vecchia presenti nei suoi cataloghi. Sebbene costituiscano solo il 4,5% delle serie disponibili, le serie terminate più di dieci anni fa sono responsabili del 10% della domanda, un risultato tutt’altro che trascurabile considerando il fatturato del colosso.