La sfida della trasformazione digitale in chiave DevSecOps
Le numerose crisi ambientali, energetiche, geopolitiche e sociali che stanno emergendo in tutto il mondo sono stati tra i fattori che hanno spinto le aziende ad affrontare un percorso di trasformazione digitale del business.
Ripensare la propria struttura IT significa anche modernizzare le applicazioni e i servizi per essere resilienti e pronti rispetto alle sempre nuove esigenze dei mercati, che risultano più che mai volatili, incerti e dinamici.
Affinché questo percorso di trasformazione digitale sia proficuo e giunga al termine con successo, è fondamentale lavorare ad una progettualità accurata, proattiva e responsabile, che garantisca un vantaggio competitivo sui mercati locali e globali.
Punto chiave di questo processo è il cloud e l’approccio applicativo ai microservizi, sia per sviluppare nuove applicazioni cloud native, sia per favorire la migrazione in cloud delle applicazioni legacy.
In quest’ottica, gli strumenti di modern application development permettono sia di modernizzare i sistemi legacy esistenti, sia di creare una nuova generazione di applicazioni, più agili nei rilasci e rapide da sviluppare e distribuire agli utenti.
Al netto di una strada tracciata, però ci sono ancora diversi ostacoli, dubbi e problemi tecnologico-culturali da affrontare, al momento, senza la certezza di un’exit strategy concreta.
Mancano infatti figure specializzate in grado di guidare questa evoluzione, manca un’adeguata sensibilità verso la trasformazione dei processi in ottica digital by design, perché è chiaro che bisogna muoversi verso l’interdipendenza tra sviluppo software, IT operations e sicurezza, cioè in ottica DevSecOps, combinazione di “Development” (sviluppo), “Operations” (operazioni) e “Security” (sicurezza).
Cloud, la spesa delle imprese italiane
Nonostante le incertezze dei mercati, l’inflazione e i rincari energetici, la spesa in soluzioni cloud è in crescita nel mondo e in particolare in Italia. Secondo recenti stime diffuse dall’Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato italiano si conferma in consolidamento, superando i 4,5 miliardi di euro di valore.
Un settore in forte crescita, del 18% a livello nazionale, che però nasconde alcune criticità. Il cloud è chiaramente percepito come una necessità per trasformare il business, ma richiede anche un cambiamento di mentalità, di approccio culturale, non solamente tecnologico.
Per le nostre imprese è ora necessario avviarsi verso una nuova fase di collaborazione, con la partecipazione dei diversi attori del mercato cloud, in ottica di sostenibilità economica e ambientale.
Il Public & Hybrid Cloud, evidenzia la dinamica di crescita più significativa, per una spesa di 2,95 miliardi di euro, in crescita del +22% sul 2021.
In particolare, i servizi PaaS (Platform-as-a-Service) registrano l’incremento più rilevante, raggiungendo il valore di 531 milioni di euro (+33% sul 2021); i servizi lo IaaS (Infrastructure-as-a-Service) registrano un +27% per un totale di 1,15 miliardi di euro; i servizi SaaS (Software-as-a-Service), infine, riportano una crescita del +14%, per un totale di 1,27 miliardi di euro.
Tra le altre voci di spesa, infine, il Virtual & Hosted Private Cloud, cioè i servizi infrastrutturali residenti presso fornitori esterni, raggiunge i 933 milioni di euro (+15%) mentre la Data Center Automation, ossia la modernizzazione delle infrastrutture on-premise, cresce del +8% per un totale di 680 milioni di euro.
Molto interessante il dato delle piccole e medie imprese. Il 52% delle PMI adotta almeno un servizio cloud (+7% rispetto al 2021) e complessivamente la spesa delle PMI in questo settore crescerà quest’anno del +24%, attestandosi a un valore di 351 milioni di euro.
Ancora più forte risulta l’adozione del cloud tra le grandi imprese italiane, che rappresenta la modalità di erogazione del 44% del parco applicativo.
Aspetti critici del mercato nazionale
Ovviamente, un mercato che corre non deve dare l’idea sbagliata di un ambiente dove tutto va a gonfie vele. Come anticipato, gli aspetti critici sono diversi. Il fattore chiave rimane la maturità e il giusto “mindset” delle organizzazioni che intendono muoversi verso il cloud.
Il primo riguarda i dubbi legati all’opportunità di portare l’intero parco applicativo in direzione cloud.
Il secondo è legato alla complessità crescente nel gestire e orchestrare un parco applicativo che inevitabilmente si complica tra software legacy, software nativamente in cloud e software che, insieme ai processi di cui si occupano, devono muoversi rapidamente verso uno sviluppo agile e nativamente cloud.
Se il livello di maturità delle aziende che intendono approcciare il percorso di modernizzazione ha un ruolo decisivo, come del resto la conseguente capacità di superare la complessità tecnologica/organizzativa e il gap di competenze che ne derivano, sul medio-lungo periodo le organizzazioni “più coraggiose” riescono ad ottenere vantaggi strutturali che, in fin dei conti, superano di gran lunga l’effort iniziale.
La mancanza di competenze
Altro elemento di criticità che possiamo elencare rispetto alla crescita significativa del mercato cloud per le aziende di ogni dimensione, è la carenza di figure professionali dedicate.
Mancanza di talenti, costi ingenti per reclutare figure anche “mediocri” e una competizione feroce stanno mettendo in seria difficoltà le organizzazioni.
Una carenza cronica che sta generando una pericolosa bolla speculativa che, nei prossimi anni, porterà ad avere sul mercato del lavoro una quantità enorme di professionisti dello sviluppo software, inquadrati con stipendi completamente fuori standard.
Come uscirne? In due modi: per prima cosa, bisogna avviare il più rapidamente possibile una collaborazione forte e attiva tra università e centri di ricerca, scuole di specializzazione e istituti tecnici; ma un’altra azione fondamentale è rivedere le politiche di lavoro, organizzazione e gestione di tempi e impegni da parte delle organizzazioni.
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