Il Pil dello Stato Ebraico è diminuito dell’1,4% nel secondo trimestre del 2024
La guerra impoverisce, l’ennesima dimostrazione giunge dai dati sull’economia di Israele, che sta soffrendo il pesante impatto del conflitto con Hamas scoppiato in seguito agli attacchi del 7 ottobre. Lo Stato Ebraico era stato negli ultimi anni un esempio di forte crescita, soprattutto grazie agli investimenti e alle esportazioni del settore hi-tech e anche a un importante incremento demografico, molto maggiore della media dei Paesi avanzati. Tra il 2016 e il 2019 il Pil è aumentato a un ritmo del 3,8-4,4% annuo, la pandemia di Covid, poi, ha provocato nel 2020 una riduzione di solo l’1,5%, mentre nel 2021 e nel 2022 la crescita è stata del 9,3% e del 6,5%. La guerra ha interrotto bruscamente questo trend positivo.
Come va l’economia di Israele
Basta guardare ai numeri del Fondo Monetario Internazionale che, appena prima degli attacchi del 7 ottobre 2023, prevedevano per l’anno scorso un’espansione dell’economia di Israele del 3,1%, ovvero a un tasso superiore della media del Medio Oriente e del Nordafrica. Nelle stime di aprile, invece, la crescita del 2023 è stata ridotta al 2% a causa del fortissimo impatto su consumi e investimenti del conflitto negli ultimi tre mesi dell’anno scorso. Secondo stime israeliane nel quarto trimestre del 2023 il Pil ha avuto un crollo del 5,9% sul precedente, che corrisponde a una riduzione del 4% rispetto allo stesso del 2022, come si vede dalla nostra infografica. La guerra, al contrario di quello che in molti si aspettavano, è poi continuata e l’impatto sull’economia è proseguito anche nel 2024.
L’economia di Israele cresce meno della popolazione
Lo stesso Fondo Monetario ai primi di ottobre del 2023 riteneva che quest’anno l’economia di Israele sarebbe cresciuta del 3%, cifra fortemente ridimensionata sei mesi dopo, quando la previsione è diventata dell’1,6%. Un +1,6% annuo sarebbe un’ottimo dato in un Paese europeo, a maggior ragione in Italia, dove prima del Covid il Pil cresceva mediamente meno dell’1% e in cui recentemente si è tornati a quel trend. Tuttavia c’è da considerare un aspetto, l’incremento della popolazione, se il prodotto interno lordo sale del 2% ma anche gli abitanti aumentano in un anno del 2% di fatto non c’è nessuna crescita economica.
È quello che è accaduto in Israele nel 2023, per esempio. Nello Stato Ebraico, infatti, mediamente gli abitanti sono cresciuti dell’1.9%-2% annuo tra il 2014 e il 2023, con le sole eccezioni del 2020 e 2021 quando il tasso di crescita è sceso all’1,8% e all’1,7% per la pandemia, salvo risalire ai livelli precedenti nel 2022 e 2023. È per questo che, a differenza che in Italia, dove la popolazione è in calo, un aumento del Pil inferiore al 2% è di fatto da considerarsi una recessione.
Le previsioni della Banca Centrale di Israele
Quel +1,6% in ogni caso si è rivelato una stima ottimistica rispetto a quelle che sono state fatte a luglio all’interno dello stesso Stato Ebraico. La Banca Centrale di Tel Aviv, infatti, ha previsto che la crescita dell’economia di Israele nel 2024 sarà dell’1,5%, cioè di solo un decimale inferiore a quella del Fmi, ma, dato significativo, di ben mezzo punto più bassa di quella immaginata della Banca Centrale stessa in aprile, quando riteneva che sarebbe stata del 2%, come nel 2023.
La ragione sta nel fatto che, a causa della prosecuzione della guerra, nel secondo trimestre di quest’anno, tra aprile e giugno, il Pil è salito solo dello 0,3%, rispetto al primo, dopo un recupero, tra gennaio e marzo, del 3,4% (su ottobre-dicembre). È un dato molto inferiore a quello delle previsioni degli analisti, la conseguenza è che il Pil è sceso dell’1,4% rispetto allo stesso periodo del 2023. In particolare, rispetto al trimestre invernale, è crollato l’export, diminuito dell’8,3%, mentre gli investimenti sono risaliti meno del previsto.
Alla luce di questi dati la Banca Centrale d’Israele stima che nel 2024 gli investimenti fissi scenderanno del 9% rispetto al dato del 2023, mentre le esportazioni dell’1,5% e il rapporto tra deficit e Pil salirà al 6,6%, contro il 4,1% dell’anno scorso. Quest’ultimo dato appare però già poco realistico visto che a luglio si è registrato un disavanzo dell’8,1%. Jp Morgan, per esempio, è più pessimista, e crede che nel 2024 il prodotto interno lordo israeliano salirà solo dell’1,4%, un tasso anche in questo caso inferiore a quello della precedente stima della multinazionale americana stessa, cioè +1,6%.
Come la guerra impatta sull’economia
Sono molte le ragioni per cui la guerra con Hamas sta danneggiando l’economia di Israele. Come afferma la Banca Centrale il conflitto ha creato gravi conseguenze dal lato dell’offerta di lavoro, la mobilitazione dei riservisti ha portato all’assenza di molti lavoratori e quindi al rallentamento dell’attività di diverse aziende per carenza di personale. Non solo, a incidere su questo versante sono state anche le restrizioni all’entrata in Israele dei palestinesi della Cisgiordania e ovviamente di Gaza, spesso occupati in agricoltura e nell’edilizia. In particolare quest’ultimo comparto è stato gravemente colpito dalla mancanza di lavoratori arabi. A ciò si aggiunga l’interruzione di molte attività economiche per l’evacuazione della popolazione da alcune aree nel Sud, vicino a Gaza, e nel Nord, nei pressi del confine con il Libano, per gli scontri rispettivamente con Hamas e Hezbollah.
La spesa pubblica di Israele
Dal lato della domanda oggi la spesa pubblica in parte compensa il rallentamento di quella privata, ma sarà necessario rientrare dal deficit che si sta creando, con misure di austerità che limiteranno la ripresa, che sarà lenta. Un settore che, per esempio, secondo la Banca Centrale non tornerà ai livelli pre-conflitto ancora a lungo, anche se gli scontri dovessero terminare, è il turismo, che di fatto si è ormai azzerato
I dati sono del 2024
Fonte: Fmi, Banca Centrale d’Israele