Usa, l’intelligence Russa avrebbe attaccato un fornitore di software elettorali statunitense
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Un’unita’ per la guerra informatica del Gru russo avrebbe attaccato almeno un fornitore di software elettorali statunitense prima delle elezioni presidenziali Usa dello scorso anno. E’ quanto sostiene un documento riservato della National Security Agency (Nsa) pubblicato lunedi’ dal periodico “The Intercept”. Stando al rapporto, l’intelligence russa avrebbe attaccato la societa’ per rimediare le identita’ di un centinaio di funzionari elettorali locali statunitensi, cui avrebbe inviato mail di spear-pishing. Il documento riservato non menziona esplicitamente la societa’ e gli Stati Usa potenzialmente coinvolti, ne’ riscontra alcun effetto concreto di questi attacchi sullo svolgimento delle elezioni o sul loro esito; il rapporto, pero’, proverebbe che l’intromissione di Mosca nel processo elettorale Usa e’ stata piu’ profonda di quanto sinora comunemente ipotizzato. Il rapporto e’ stato pubblicato pochi giorni dopo l’intervista della conduttrice della Nbc Megyn Kelly al presidente russo, Vladimir Putin, in occasione del Forum internazionale di San Pietroburgo. Nel corso dell’intervista, il capo di Stato russo aveva categoricamente smentito una qualunque forma di intromissione dello Stato russo nel processo elettorale Usa. Stando a “The Intercept”, il documento e’ stato in parte redatto prima della pubblicazione su richiesta dell’Nsa e dell’Ufficio del direttore dell’Intellience nazionale, contattati proprio dal periodico, che li ha informati di disporre del documento riservato. Il dipartimento di Giustizia Usa ha annunciato ieri di aver gia’ arrestato ed incriminato il sospetto responsabile della fuga di informazioni: si tratterebbe di un contractor dell’Nsa, la 25 enne Reality Leigh Winner: e’ il primo funzionario o collaboratore esterno dell’intelligence ad essere incriminato per l’incessante fuga di informazioni riservate dall’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca.
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Brasile, i giorni piu’ lunghi del presidente Temer
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Per il presidente brasiliano Michel Temer e’ iniziata la resa dei conti. Prendono il via oggi due diversi procedimenti giudiziari che potrebbero decretarne la fine anticipata del mandato, prolungando ancor di piu’ la crisi politico-istituzionale che sta sfibrando il paese amazzonico. Il capo di Stato ha 24 ore di tempo per rispondere per iscritto alle 84 domande poste dalla Polizia federale nell’ambito di una inchiesta che lo vede imputato di ben tre reati: corruzione, ostacolo alla giustizia e concorso con criminalita’ organizzata. Nella serata di oggi, inoltre, prende il via il processo che il Tribunale supremo elettorale (Tse) ha istruito per verificare presunte irregolarita’ nella campagna presidenziale che decreto’ nel 2014 la vittoria del ticket Dilma Rousseff – caduta per impeachment nell’agosto scorso – e Michel Temer. A rischio c’e’ la permanenza di Temer alla guida del paese e l’ineleggibilita’ dei vecchio e nuovo presidente per non meno di 8 anni. L’udienza inizia alle 19, ore locali, e i legali vogliono arrivarci senza pensieri: e’ per questo che promettono una risposta rapida alle domande della Polizia federale. Questo processo nasce dalle dichiarazioni che il noto imprenditore Joesley Batista ha “rubato” a Temer, con un registratore nascosto. Nella conversazione Batista parla di mazzette e reati vari e il presidente sembra quantomeno non cadere dalle nuvole. La difesa punta a screditare la validita’, oltre che la qualita’, delle prove audio, ma lo stesso Temer ha in diverse interviste ammesso parte dei fatti: la conversazione c’e’ stata, le allusioni dell’imprenditore anche, ma il presidente – reputando l’imprenditore poco meno che un megalomane – ha preferito non dare peso alle sue parole. Risultato, la mancata denuncia dei fatti apre all’ipotesi di un ulteriore reato e conforta l’associazione degli avvocati nella loro richiesta di impeachment del presidente. Ad alto rischio anche il contenuto del processo che si apre al Tse. La corte deve verificare se e’ possibile parlare di abuso di potere politico ed economico da parte di Rousseff e Temer nella campagna elettorale del 2014. E se queste manovre hanno potuto influenzare l’esito del voto. Temer si difende spiegando che i reati ascritti a Dilma non lo coinvolgono, essendo separati i conti dei due partiti di appartenenza. L’ex presidentessa, mantenendosi sostanzialmente lontana dai riflettori, invita a rispettare la giustizia e si astiene da commenti ulteriori. “La vita e’ difficile per tutti”, e’ l’unica frase che si e’ lasciata sfuggire nel corso di una presentazione di un libro a San Paolo.
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Messico-Usa, verso la soluzione il contenzioso sullo zucchero
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Stati Uniti e Messico sono vicini a un accordo che mette fine a un contenzioso sul commercio dello zucchero costato mesi di discussioni. L’accordo vigente, contestato da Washington, si sarebbe scaduto lunedi’ ma le parti lo hanno prolungato per altre ventiquattro ore, ottimiste sulla chance di farne uno nuovo che soddisfi tutti. Denunciando aiuti di Stato allo zucchero messicano, gli Usa vogliono abbassare la quota di materia prima raffinata da importare, spostando “in casa” il grosso della produzione: fino a ieri lo zucchero raffinato era il 53 per cento del greggio esportato, gli Stati Uniti volevano portarlo al 15 per cento, l’accordo si trovera’ attorno al 30 per cento. Se l’intesa non si trova, gli Usa sono pronti a far scattare dazi e balzelli che finirebbero per danneggiare un po’ tutti, scrive il quotidiano “El Pais”: gli esportatori messicani ma anche i grandi consumatori statunitensi tra cui vanno contate multinazionali come la Coca-Cola preoccupate del possibile aumento del prezzo di uno degli elementi base del loro prodotto. Dovessero andare a buon fine le trattative, sarebbe un segnale positivo anche per gli accordi di piu’ ampia portata tra le due nazioni, a partire dal trattato di libero commercio dei paesi dell’America del Nord (Nafta): ai negoziati che inizieranno ad agosto Messico e Usa saranno infatti presenti con le stesse delegazioni che hanno sostenuto i colloqui sullo zucchero.
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Usa, Trump sempre piu’ insoddisfatto del suo procuratore generale
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e’ sempre piu’ insoddisfatto del suo procuratore generale, Jeff Sessions. A sostenerlo e’ il “New York Times”, che sottolinea le critiche mosse da Trump al dipartimento di Giustizia per l’inefficace difesa giudiziaria del cosiddetto “Muslim Ban”, il blocco temporaneo imposto dall’amministrazione presidenziale Usa agli ingressi da sei paesi a maggioranza musulmana bocciato dalle corti federali Usa. Il presidente ha difeso su Twitter la prima e piu’ rigida versione del provvedimento, anch’essa bocciata da una corte federale, imputando al dipartimento di Giustizia guidato da Sessions di averne elaborato una inefficace versione “politicamente corretta”. Secondo il “New York Times”, pero’, in privato le critiche mosse da Trump a Sessions, suo sostenitore della prima ora, sono state ancor piu’ dure e dirette. Trump non avrebbe mai digerito la decisione di Sessions di auto-ricusarsi dalle indagini riguardanti le intromissioni della Russia nelle elezioni Usa: una scelta che secondo il presidente e’ stata colta come una ammissione di colpevolezza da parte di quanti accusano Trump e la sua campagna di “collusione” con la Russia. Stando a “persone anonime vicine al presidente”, Trump sarebbe anche furioso con Sessions per la decisione di affidare le indagini sul cosiddetto “Russiagate” a un procuratore speciale, l’ex direttore dell’Fbi Robert Mueller, che potra’ agire con la massima discrezionalita’. Il “New York Times” approfitta delle indiscrezioni per sollevare nuovi dubbi riguardo la capacita’ di Trump di amministrare la presidenza. Il presidente in carica, accusa Walter E. Dellinger, ex funzionario dell’amministrazione di Bill Clinton interpellato dal quotidiano, “ha definitivamente chiarito la totale assenza di un processo razionale alla base delle sue decisioni”. David B. Rivkin Jr., legale che ha servito nel dipartimento di Giustizia durante le amministrazioni Reagan e Bush, i Tweet con cui il presidente Trump ah criticato il dicastero guidato da Sessions evidenziano “l’approccio di un affarista che non ha visto fruttare il proprio investimento”: Trump, sostiene Rivkin, “non sopporta l’assenza di risultati. Sono sicuro sia stato convinto a provare la seconda versione (del bando temporaneo agli ingressi, ndr), ma le cose sono andate come per la prima iterazione. I suoi legali, dl suo punto di vista, non hanno fatto un buon lavoro. E’ una prospettiva comprensibile da parte di un uomo d’affari”. Sessions e il dipartimento di Giustizia hanno mantenuto il silenzio nella giornata di lunedi’, ma stando alle “fonti anonime” del “New York Times”, i funzionari del dipartimento temono che le esternazioni del presidente possano nuocere alla battaglia legale per l’adozione del bando agli ingressi, che passera’ ora al vaglio della Corte Suprema.
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Se Grillo vincera’ le elezioni italiane, May non ridera’ a lungo
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Le elezioni di giovedi’ potrebbero non essere le sole a contare per il futuro del Regno Unito, osserva un commento di Philip Aldrick sul quotidiano britannico “The Times”. A settembre si votera’ in Germania, ma potrebbe votarsi anche in Italia. Il voto tedesco non minaccia lo status quo: la cancelliera, Angela Merkel, e’ in testa nei sondaggi e il partito nazionalista Alternativa per la Germania e’ marginale. Molto diversa e’ la situazione italiana: due forze populiste euroscettiche, il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo e la Lega Nord di Matteo Salvini, hanno tanti consensi quanti il Partito democratico di Matteo Renzi e Forza Italia di Silvio Berlusconi. L’Italia, terza potenza economica dell’area dell’euro, “e’ il rischio che il blocco non puo’ gestire, una bomba a orologeria che cova nel cuore dell’Europa”. Il paese ha “uno dei sistemi bancari piu’ vulnerabili” del continente, con crediti inesigibili per 360 miliardi di euro, quanto basta a spazzar via un patrimonio netto di 225 miliardi. Con la ripresa e il sostegno della Banca centrale europea, puo’ andare avanti coi suoi problemi, ma “cio’ che non puo’ gestire e’ uno shock politico”. Eppure proprio questo potrebbe avvenire in autunno: i Cinque stelle, guidati dall’ex comico Grillo, sono testa a testa col Pd, dopo la sconfitta di Renzi nel referendum sulla riforma costituzionale, e hanno promesso un referendum sull’appartenenza all’eurozona, come la Lega. Dal punto di vista sociale, l’Italia e’ “una polveriera”: il tasso di disoccupazione e’ all’11,1 per cento, il quarto piu’ alto dell’Unione Europea, e l’economia cresce dell’uno per cento all’anno, la meta’ della media dell’Ue. Al momento l’ascesa al potere dei populisti e’ “improbabile”: M5s e Lega sono alle estremita’ dello spettro politico e gli italiani tendono a essere europeisti. Il rischio, piuttosto, e’ che “un processo referendario prolungato” combinato alla politica economica di “un burlone di professione” possa “spaventare i mercati e far traballare le banche”. Con un debito pubblico 1,3 volte maggiore del prodotto interno lordo, Roma non puo’ permettersi uno stimolo senza un contraccolpo del mercato: i credit default swap mostrano gia’ segni di stress. Una crisi italiana stroncherebbe la ripresa dell’area dell’euro e spingerebbe Bruxelles al panico. Un’altra crisi esistenziale per l’Ue non sarebbe positiva per la Gran Bretagna perche’ la Commissione inasprirebbe la sua linea sulla Brexit, che non sarebbe piu’ nemmeno una priorita’. “Theresa May – conclude il commentatore – puo’ vincere tutti i seggi che vuole giovedi’, ma non ridera’ a lungo se un clown vincera’ le elezioni italiane a fine anno”.
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Theresa May e il grande enigma del Qatar
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Il Qatar, al centro di una crisi diplomatica nel mondo arabo, e’ un grande investitore nel Regno Unito, riferisce il “Financial Times”. Da molto tempo e’ un fornitore chiave di energia: fornisce il 90 per cento del gas naturale liquefatto di importazione. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e’ diventato “un investitore finanziario di importanza spropositata”, osserva il quotidiano della City. Principalmente attraverso il fondo sovrano Qatar Investment Authority (Qia), il piccolo Stato del Golfo Persico ha acquistato infrastrutture (una quota dell’aeroporto londinese di Heathrow), proprieta’ (il grattacielo Shard e parte del distretto degli affari di Canary Wharf) e trofei come i magazzini Harrods e l’Hotel Claridge di Londra. Al culmine della crisi ha contribuito al salvataggio della banca Barclays. Il Qatar attualmente ha investimenti per circa quaranta miliardi di sterline in Gran Bretagna e prevede di investire altri cinque miliardi nei prossimi cinque anni. A questi finanziamenti e’ stato dato particolare risalto di recente, in vista della Brexit. In questo momento la tensione tra le preoccupazioni etiche e l’utilita’ dei soldi qatarini e’ particolarmente forte Oltremanica, per tre motivi. Innanzitutto, il flusso di denaro dai fondi sovrani verso il Regno Unito potrebbe diminuire per una perdita di attrattiva dell’economia britannica dopo l’uscita dall’Unione Europea; il paese ha gia’ perso posizioni nell’indagine effettuata da Invesco tra i fondi sovrani: il giudizio e’ sceso da 7,6 a 5,5 (su 10) tra il 2015 e il 2017. In secondo luogo, proseguono le inchieste del Serious Fraud Office (Sfo) e della Financial Conduct Authority (Fca) sui rapporti tra Barclays e il Qatar, per presunti reati di corruzione. La premier, Theresa May, se confermata a Downing Street dalle prossime elezioni, potrebbe abolire l’Sfo, integrandolo nella National Crime Agency (Nca), ma i sospetti resterebbero. La terza e’ piu’ oscura nube sul futuro del Qatar come investitore in Gran Bretagna e’ costituita dalle polemiche sui legami tra Doha e l’estremismo islamico. La rottura delle relazioni tra il Qatar e altri paesi arabi non potrebbe capitare in un momento peggiore per il Regno Unito e la sua leader di governo, a pochi giorni dal voto e dopo tre attentati terroristici in tre mesi. In chiave post Brexit, la premier contava sull’approfondimento delle relazioni con attori come il Qatar; se la reazione contro Doha guadagnera’ slancio, sara’ difficile per Londra trovare un espediente politico, per non parlare dell’aspetto morale, per andare avanti con la sua strategia.
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Germania, Unione sotto pressione sul fronte del clima
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Dopo la decisione del presidente Usa Donald Trump di abbandonare l’accordo di Parigi sul clima, il candidato alla Cancelleria tedesca per l’Spd, Martin Schulz, ha chiesto al cancelliere in carica e leader della Cdu, Angela Merkel, di esprimere una posizione netta sulla questione. “Ora e’ importante che l’Europa assuma il suo ruolo di leadership” ha dichiarato Schulz alla “Sueddeutsche Zeitung”. Alcuni membri dell’Unione di centrodestra tedesca nei giorni scorsi hanno espresso il loro personale sostegno alla posizione di Trump, scatenando dure critiche da parte delle opposizioni parlamentari. La leader dei Verdi, Simone Peter, ha dichiarato: “Il cancelliere deve respingere le affermazioni oltraggiose del circolo di Berlino e far si’ che la Germania torni ad essere nazione guida per l’aria, l’ambiente e nuovi posti di lavoro in questo settore”. Il segretario generale della Cdu, Peter Tauber, ha cercato di smorzare i toni, sostenendo che il suo partito e’ favorevole al rispetto degli impegni assunti dalla Germania a Parigi. Berlino si e’ impegnata a ridurre le emissioni di CO2 del 40 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020, anche se l’obiettivo pare difficilmente conseguibile: il governo federale ha gia’ ammesso che le tempistiche per il completamento del primo obiettivo dovranno essere estese, e Markus Blume (Csu) ha riferito al “Muenchner Merkur” che sui cambiamenti climatici “non contano i bei discorsi, ma solo una tutela del clima coerente”. Il circolo di Berlino invita a “obiettivi climatici realistici” e chiede di rivedere la politica energetica e climatica. Inoltre, l’Agenzia federale per l’Ambiente ha criticato la politica climatica tedesca per l’inazione su fronti come quello delle emissioni dei trasporti: secondo l’agenzia, sono necessari severi requisiti legali per una maggiore efficienza energetica dei nuovi veicoli e andrebbe ulteriormente incoraggiata la mobilita’ elettrica. L’Ufficio inoltre ha chiesto di ampliare i percorsi di trasporto pubblico e per le biciclette, oltre a sussidi per l’ambiente e l’introduzione di un pedaggio basato sulla distanza per tutti i veicoli stradali.
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La Germania annuncia il ritiro del proprio contingente militare dalla base turca di Incirlik
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, ha annunciato il ritiro del contingente delle Forze armate della Germania dalla base turca di Incirlik. Gabriel ha compiuto un ultimo tentativo di mediazione ieri, nel corso della sua visita ufficiale ad Ankara, ma l’omologo turco Mevlut Cavusoglu e’ stato inflessibile nel ribadire il divieto alle delegazioni parlamentari tedesche di far visita alla base. Gabriel, che ha tenuto uan conferenza stampa congiunta con Cavusoglu a margine del faccia a faccia, ha tentato di non alimentare ulteriormente le tensioni tra i due paesi “Intendiamo procedere con grande serenita’, senza grandi conflitti con i nostri interlocutori turchi. Nessuna delle due parti vuole un ulteriore deterioramento delle relazioni a seguito di questa decisione. La soluzione del ritiro permette di continuare a collaborare su tutti gli altri punti su cui c’e’ un interesse comune”, ha detto il ministro tedesco. Freddo il ministro turco, che ha ribadito quanto affermato nei giorni scorso anche dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. “Abbiamo dato loro il benvenuto, e allo steso modo, quando andranno via, diremo loro arrivederci”. Cavusoglu non ha risparmiato nuove critiche all’indirizzo di Berlino, che ha accusato di non contrastare con sufficiente determinazione il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), e di aver concesso l’asilo a ufficiali delle Forze armate turche accusati di essere sostenitori de predicatore Fethullah Guelen, mandante, secondo Ankara, del colpo di stato fallito del luglio dello scorso anno. Le ragioni del dissidio tra i due paesi, pero’, sono molteplici, dalla satira del comico tedesco Jan Boehmermann su Erdogan alla risoluzione sull’Armenia da parte del Bundestag, dalle accuse di spionaggio mosse all’organizzazione islamica Ditib all’arresto in turchia del giornalista turco-tedesco Deniz Yuecel. Yuecel e’ accusato di terrorismo e istigazione contro il regime di Ankara. La visita di Gabriel inTurchia e’ stata di per se’ stessa indicativa dello stato delle relazioni tra i due paesi: l’incontro tra il ministro tedesco e il premier turco Binali Yildirim e’ stato annullato. La decisione di Berlino di ritirare le truppe dalla Turchia, che giunge dopo mesi di contenzioso, non ha placato le critiche da parte delle opposizioni parlamentari in Germania. La verde Claudia Roth, vice presidente del Bundestag, ha criticato il governo per aver perso fin troppo tempo con le trattative con il presidente turco Erdogan. “Il Governo turco non puo’ piu’ essere un partner strategico militare, e le esportazioni di armi verso la Turchia vanno fermate immediatamente”, ha dichiarato. Frattanto si discute la futura destinazione delle forze tedesche impegnate nella campagna contro lo Stato islamico. Una possibile alternativa a Incirlik potrebbe essere la base aerea di Muwaffaq Salti in Giordania, gia’ menzionata alla fine dello scorso novembre. Niels Annen, portavoce per la politica estera dell’Spd, spinge il Governo a prendere una decisione in merito entro la prossima sessione parlamentare del 19 giugno. A questo proposito il coordinatore transatlantico del Governo, Juergen Hardt, ritiene che il governo federale “sara’ gia’ in grado di prendere una decisione di ricollocazione questa settimana”. Anche il presidente della commissione Affari esteri del Bundestag, il politico della Cdu Norbert Roettgen, e’ della stessa opinione.
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ArcelorMittal acquisisce la piu’ grande acciaieria d’Europa
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – Il ministero italiano dello Sviluppo economico nella serata di ieri lunedi’ 5 giugno ha reso noto di aver scelto il gigante mondiale dell’acciaio ArcelorMittal, associato al gruppo Marcegaglia, nella gara per l’acquisizione dell’Ilva, la societa’ proprietaria dell’acciaieria di Taranto che e’ la piu’ grande d’Europa ma e’ anche accusata di essere tra le piu’ inquinanti del continente: lo riferisce tra gli altri il quotidiano francese “Le Figaro” riprendendo dispacci dell’agenzia di stampa “France Presse” (Afp). Il consorzio vincente si chiama Am Investco Italy ed e’ detenuto all’85 per cento da ArcelorMittal e per il restante 15 per cento da Marcegaglia: a loro dovrebbe unirsi la banca Intesa Sanpaolo, che a tal fine ha firmato un pre-accordo. La loro offerta, secondo il comunicato del ministero, ammonta a 1,8 miliardi di euro; oltre a cio’, ArcelorMittal ha promesso di investire altri 2,4 miliardi di euro: 1,15 miliardi per il risanamento dell’ambiente e 1,25 miliardi dedicati alla produzione industriale propriamente detta (altiforni etc). E’ stata dunque respinta l’offerta alternativa avanzata dal consorzio formatosi attorno al gruppo indiano Jindal South West Steel, che secondo la stampa italiana nella serata di venerdi’ scorso aveva aumentato in extremis la sua offerta, da 1,2 a 1,85 miliardi di euro: il governo di Roma ha confermato la scelta fatta dai tre commissari straordinari in carica per la liquidazione del complesso siderurgico dell’Ilva di Taranto. I commissari liquidatori ora negozieranno “eventuali miglioramenti” del piano di rilancio presentato dal consorzio Am Investco Italy, che secondo il comunicato si e’ dichiarato “disponibile ad assumersi ulteriori impegni”: ArcelorMittal intende portare la produzione di acciaio a circa 6 milioni di tonnellate entro il 2018, contro le 5,8 milioni nel 2016, con i tre altiforni attualmente in funzione e vuole sviluppare la gamma di prodotti offerti, “per i settori dell’automobile, delle costruzioni e dell’energia”, precisa il comunicato del ministero.
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L’Italia sull’orlo della crisi di governo
06 giu 11:37 – (Agenzia Nova) – La coalizione di governo in Italia e’ sull’orlo di una crisi di nervi: lo scrive il quotidiano economico francese “Les Echos” in un reportage in cui il suo corrispondente da Roma, Olivier Tosseri, analizza la situazione italiana a partire dalla difficilissima posizione i cui si e’ venuto a trovare il piccolo partito centrista Alternativa democratica del ministro degli Esteri Angelino Alfano dopo l’accordo su una nuova legge elettorale raggiunto dalle quattro principali formazioni politiche del paese. Il Partito democratico (Pd) di Matteo Renzi, il Movimento 5 stelle (M5s) di Beppe Grillo, Forza Italia di Silvio Berlusconi e la Lega nord di Matteo Salvini hanno elaborato un nuovo sistema elettorale, battezzato “Germanicum”, che assicura una rappresentanza parlamentare ai partiti che supereranno la barra del 5 per cento dei voti: la riforma sara’ esaminata a tambur battente dal Parlamento a partire da oggi martedi’ 6 giugno. Il partitino di Alfano, secondo i sondaggi piu’ favorevoli, e’ accreditato appena del 2,2 per cento delle intenzioni di voto; e cosi’ l’uomo che ha elevato la sopravvivenza politica al rango di un’arte, essendo entrato a far parte di tutti i diversi governo dal 2008 ad oggi, si e’ scagliato contro Renzi accusandolo di “pensare solo al suo interesse personale” e cosi’ facendo di “minacciare la caduta del terzo governo in quattro anni”, quello dell’attuale presidente del Consiglio Paolo Gentiloni; Alfano ha annunciato la fine della collaborazione con il Pd, pur ribadendo il suo leale sostegno all’esecutivo Gentiloni. L’Italia dunque si avvia verso elezioni anticipate, ma potrebbe pagare caro i calcoli elettoralistici dei grandi partiti: con il ritorno al sistema proporzionale, dalle prossime elezioni difficilmente emergera’ una chiara maggioranza di governo e c’e’ la possibilita’ che si debba tornare a votare, aumentando l’instabilita’ del paese. Adottando un modello simile a quello tedesco, scrive “Les Echos”, Renzi sogna che l’Italia si incammini sulla strada della Germania di Angela Merkel; ma invece, conclude amaramente Tosseri, c’e’ invece il rischio che prenda la strada tragica della Germania della Repubblica di Weimar.
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