Lo abbiamo detto, l’educazione digitale parte dal momento in cui il bambino viene al mondo, dall’attenzione del genitore ad un fare bene digitale che diventa la base imitativa sul quale il piccolo, fin dalle prime fasi dello sviluppo, costruisce il suo modello di riferimento, Prima regola analogica valida anche e soprattutto per la sfera digitale.
Eroe affettivo virtuoso da seguire per una corretta esplorazione del mondo digitale.
Buon esempio, nuova strutturazione della genitorialità che fa delle buone pratiche digitali il pilastro fondante della resilienza familiare nell’affrontare i cambiamenti strutturali che una società in rapida trasformazione è tenuta a fronteggiare.
Nuovi genitori che, dopo un iniziale starting point, poco riflessivo hanno preso in mano l’opportunità di sviluppare un nuovo processo di crescita e formazione sia come genitori e che per i figli stessi, rendendosi protagonisti del processo di trasformazione che il digitale ha imposto alla famiglia.
In questo processo di cambiamento e ristrutturazione, l’ingresso delle famiglie nella tecnologia, la frequentazione di ambienti digitali specifici come i social, ha stravolto il concetto di gruppo, a partire dal gruppo amicale, dal gruppo classe, dal gruppo sportivo, fino ad arrivare ai gruppi di lavoro,
Non a caso il web viene identificato come la Grande Ragnatela Mondiale, che cattura, investe, trascina e rischia di farci rimanere intrappolati in un luogo virtuale, modellato sul potenziamento degli aspetti positivi della realtà, sulla facilità di raggiungerli che da filo invisibile si trasforma in catena pesante se la compulsione, il rifugio dall’esterno è troppo invasivo. L’on digitale è attivato sempre da un’attivazione mentale e se la distrazione, la volontà di fuga, la delusione del mondo degli affetti, prende il sopravvento allora la bellezza della rete, costruita su power di captazione mentale intuitivi, semplificati, e illusori per loro stessa strutturazione interna, rischia di trasformare fili in catene.
In questo processo di trasformazione la persona, vuoi che sia il bambino, l’adolescente o l’adulto, si lascia fascinare dall’obnubilazione mentale delegando alla rete la scelta di orientare pensieri, parole, azioni in un fare distraente che allontana, se agito senza consapevolezza, dal mondo esterno.
L’adulto però dovrebbe essere consapevole del suo ruolo di modello educativo, mentre ancora troppo spesso prevale il giudizio, la critica, la poca assunzione di responsabilità.
Come dire ad un padre che quei difetti che tanto giudica altro non sono se non lo specchio dei suoi insegnamenti? E come possiamo dire di agire bene nel web se lasciamo tracce adulte poco esemplari all’interno dello stesso?
Si riconosce il valore dell’empatia, si insegna empatia, ci si orienta a seguire un percorso educativo che tenga conto del rispetto della mente dell’altro come fattore di protezione nonché qualità gestionale produttiva per eccellere anche professionalmente, e si distruggono percorsi di strutturazione interna faticosi con agiti poco empatici, molto poco esemplari, di adulti che riempiono il web di voci corali di violenza, derisione, etichettamento, egocentrismo. Il web in questa deriva diventa uno spazio di regressione adolescenziale in cui si perdono ruoli e confini e si degenera su assetti istintuali primordiali che cancellano valori. Il fuori di me, la protezione illusoria di uno schermo che mi nasconde e che diventa il ricettacolo della mia rabbia, mi permette di attaccare l’altro, di giudicarlo, nel come se fosse lontano da me. Come se lo schermo agisse da ostacolo all’empatia e attrattore di spinte di giudizio e critica che cancellano il rispetto per l’altro, vuoi che sia il dolore di un padre che vede il fallimento del suo ruolo educativo, vuoi che sia l’outfit di turno o episodi drammatici che vengono modellati sulle spinte dell’onda mediatica corale.
In questo circuito di captazione mentale, che ha il suo gradiente di presa diretta a seconda della base di partenza affettiva-relazionale dell’individuo, nel riconoscimento del ruolo di fattore protettivo del disagio, il coro di voci adulte all’interno del villaggio globale può e dovrebbe invece agire nel BENE visto come un re-start strutturale dal quale ripartire per bonificare la palude di agiti adulti regressivi. Non si può parlare di prevenzione del cyberbullismo quando le bacheche dei social sono colme di attacchi diretti al non rispetto della persona.
Nell’educazione digitale, l’esempio virtuoso della famiglia, deve tener conto del confronto con la grande famiglia digitale che popola i commenti nei social, nelle testimonianze di cittadini esemplari, dei politici stessi, di grandi maestri, che con le loro testimonianze, le loro azioni, contribuiscono a modellare la grande famiglia digitale. Prima di immettere voci riflettiamo sul contributo che ciascuno di noi dà alla grande famiglia digitale.
Una leva dell’on mentale unica che tiene conto della grande responsabilità che l’adulto ha nel processo di crescita delle nuove generazioni.
Genitori consapevoli che lottano per portare i loro figli su una traiettoria educativa digitale tesa al potenziamento delle risorse della rete e nella rilevazione dei rischi, devono tenere impattarsi con le trasformazioni relazionali che il digitale porta con sè. Eroi virtuosi, che sono messi a confronto, e assoggettati alle tante voci mediatiche che nel web fanno tendenza, traghettano proseliti, destrutturano regole a volte e troppo spesso con esempi poco mentalizzati e infantili.
Nell’alchimia mediatica ogni adulto diventa genitore, esempio virtuoso e non, delle nuove generazioni e contribuisce con il suo fare al futuro della nostra società. Nel villaggio globale siamo tutti una grande famiglia.
Facciamo in modo che nello stacco estivo la nostra riflessione ci porti su lidi mediatici più cristallini nei quali la CHIAREZZA della responsabilità di educare alle virtù non venga meno a partire dal nostro, piccolo/grande buon esempio.