Von der Leyen è stata eletta nuovamente alla guida della Commissione Ue
Ursula Von der Leyen è stata confermata dal Parlamento Ue per un secondo mandato alla presidenza della Commissione europea. Ha ottenuto la fiducia di 401 deputati sui 707 che hanno partecipato al voto ed è uscita con una maggioranza più ampia grazie al sostegno dei Verdi: senza i 53 ambientalisti (ma si stima siano 43 quelli che l’hanno effettivamente votata) non ce l’avrebbe fatta a superare la soglia richiesta dei 360. E questo lo riconosce. “Sono molto grata al gruppo dei Verdi per avermi sostenuta. Abbiamo avuto scambi intensi su tutti gli argomenti ed è un buon segno che alla fine si siano convinti a votarmi”. E con questo si sono conquistati un posto al tavolo della maggioranza che ora diventa quadripartito, insieme alla piattaforma storica di popolari, socialisti e liberali. Dall’altra parte, i contrari sono stati 284, tra questi la maggior parte dell’Ecr, compresa la delegazione di FdI.
“Lo abbiamo fatto pur avendo apprezzato in questi mesi lo spirito collaborativo che ha caratterizzato il rapporto tra Ursula Von der Leyen, il Governo italiano e il presidente Meloni su alcuni temi. In particolar modo pensiamo all’attuazione del Pnrr e anche alla svolta che c’è stata grazie all’impulso del Governo italiano sulle tematiche migratorie, l’attenzione alla dimensione esterna, agli accordi che sono stati realizzati con i paesi del Nord Africa per contenere l’immigrazione irregolare. E ciononostante le scelte che sono state fatte in questi giorni, la piattaforma politica, la ricerca di un consenso a sinistra allargato fino ai Verdi che sono arrivati addirittura ad annunciare un loro voto a favore hanno reso impossibile un nostro sostegno a una sua riconferma perché riteniamo che non venga dato seguito a quel forte messaggio di cambiamento che è uscito dalle urne del 9 giugno e che non viene recepito in alcun modo dagli impegni programmatici della presidente Von der Leyen e della maggioranza che oggi l’ha sostenuta in quest’Aula”, ha spiegato il capo delegazione Carlo Fidanza in uno dei punti stampa, con il co-presidente dell’Ecr, Nicola Procaccini, tra i più affollati della storia del partito a Strasburgo.
Intanto Von der Leyen ha chiarito che lavorerà con chi l’ha sostenuta: “Abbiamo lavorato duramente durante tutta la campagna elettorale per unire le forze democratiche e avere una maggioranza al centro per un’Europa forte. L’approccio è stato quello di dire a tutti coloro che sono pro-Europa, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto, che offriamo loro di lavorare insieme. E il risultato di oggi credo parli da sé. È stato l’approccio giusto”. In sostanza con il voto contrario FdI ha fatto la sua scelta; Procaccini ha accusato Von der Leyen di aver scelto di “consegnarsi in mano ai Verdi”, che sono i perdenti delle elezioni. È difficile dare un’interpretazione politica ai numeri, con le variabili in campo. Il primo dato oggettivo è che senza i Verdi Von der Leyen non ce l’avrebbe fatta. Nel voto generale, comunque, i franchi tiratori sono quantificabili in 53, almeno l’11%. Von der Leyen guarda il bicchiere pieno: “Non saprei da dove cominciare per esprimere quanto sono grata per la fiducia della maggioranza del Parlamento Ue. 401 voti favorevoli. Vi ricordate la scorsa volta, erano stati otto voti sopra la maggioranza necessaria. Questa volta sono 41. È andata molto meglio e ciò invia un forte messaggio di fiducia”, ha detto aprendo la sua conferenza stampa.
Chiusa la campagna per l’elezione, ora parte la fase di composizione della nuova squadra dei Commissari e la leader tedesca non vuole perdere tempo: “Nelle prossime settimane chiederò ai leader di proporre i loro candidati. Come ho fatto la scorsa volta, scriverò una lettera e chiederò che vengano proposti un uomo e una donna come candidati. Unica eccezione è quando c’è un Commissario in carica che viene confermato. E poi intervisterò i candidati a partire da metà agosto”, ha assicurato. “E voglio selezionare i candidati più preparati che condividano l’impegno europeo. Ancora una volta punterò a garantire una quota paritetica di uomini e donne al tavolo del Collegio. La nuova squadra si preparerà per superare con successo le audizioni del Parlamento, e poi cercherò nuovamente la conferma di quest’Aula”, ha aggiunto. Il tutto dovrà essere completato tra settembre e ottobre.
Meloni rassicura: l’Italia vedrà riconosciuto il ruolo in Ue
Il voto contro la riconferma di Ursula von der Leyen non cambierà le relazioni tra Roma e Bruxelles e l’Italia vedrà in ogni caso “riconosciuto” il suo ruolo. Ne è convinta Giorgia Meloni e ne sono convinti i suoi, che hanno comunque tirato un sospiro di sollievo per la posizione “coerente” che la premier ha assunto. Lei stessa ci scherza su alla fine della giornata in cui FdI dice no al bis per la presidente della Commissione cogliendo di sorpresa gli alleati. Ma “con lei ho un buon rapporto”, avrebbe assicurato la premier ai fedelissimi, e si continuerà a “collaborare”, dando di fatto la linea rispettata nei commenti di giornata del suo partito. Il problema non è “la persona”, insomma, ma le scelte che non rispecchiano, almeno stando alle linee programmatiche, quella richiesta di un “cambio di passo” espressa dai cittadini europei alle urne. La mossa decisiva è maturata in mattinata, dopo avere ascoltato il discorso della presidente in pectore all’Eurocamera e dopo che è arrivato il sostegno ufficiale dei Verdi. “Con quel sì von der Leyen sapeva che non si poteva aspettare i nostri voti”, spiegano i meloniani, un ragionamento che le due avrebbero affrontato anche nella telefonata che ha preceduto le votazioni.
Forse anche perché ha seguito passo passo quello che succedeva a Strasburgo Meloni è arrivata per ultima al vertice della Comunità politica europea di Oxford. Dai giardini di Blenheim Palace registra un messaggio brevissimo, in cui sintetizza la posizione italiana; il no è arrivato sulla scia di quello già espresso nel momento della designazione della tedesca al Consiglio europeo di fine giugno: “Siamo rimasti coerenti con la posizione di non condivisione del metodo e del merito” scandisce la premier davanti ai giornalisti. Ma si tratta di una “questione politica”, spiegano i suoi, che niente ha a che vedere con la trattativa, che si apre ufficialmente già da queste ore, per la posizione da riconoscere ai Paesi all’interno del nuovo esecutivo europeo. La “collaborazione non sarà compromessa”, lo stesso verbo utilizzato per chiarire che ora ci si aspetta in ogni caso per l’Italia un ruolo “di peso”. L’obiettivo rimane quello di ottenere un portafoglio pesante, come spetta a un grande Paese, da affidare al fidatissimo Raffaele Fitto, che rimane il principale candidato a traslocare a Bruxelles, anche se si dovrà indicare anche il nome di una donna. Non ci sarebbero insomma, nella narrazione dei meloniani, i rischi paventati dalle opposizioni di avere messo l’Italia in una posizione irrilevante.
FI si smarca dagli alleati di governo: “Dagli spalti non si gioca”
Seduto accanto a Romano Prodi ed Enrico Letta, Antonio Tajani appare politicamente più a suo agio che con Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Almeno nella giornata della rielezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue, evento che fa tirare un sospiro di sollievo ai due ex premier di centrosinistra e anche al leader di FI, secondo cui una bocciatura della leader tedesca avrebbe generato “solo caos”. E le forze rimaste fuori dalla nuova maggioranza Parlamento europeo “sono politicamente ininfluenti”, secondo la definizione che il vicepremier già aveva usato per il gruppo dei Patrioti con la Lega, e che ora si applica anche a FdI. Tra gli azzurri si avvertono ancora le fibrillazioni provocate da alcune considerazioni di Pier Silvio Berlusconi, secondo cui “i moderati in Italia sono la maggioranza, oggi però non hanno qualcuno in cui si riconoscono veramente”. E anche in questa dimensione si può leggere lo smarcamento degli azzurri rispetto agli alleati.
“Non ci sarà nessuna ricaduta interna al Governo”, è la premessa ai ragionamenti di Tajani, ma il voto di Strasburgo dimostra che “FI è una forza politica seria, affidabile, credibile, responsabile”. “La partita si gioca in campo e non rimanendo solo a fare il tifo sugli spalti”, secondo la metafora calcistica di Maurizio Gasparri: invano, Tajani ha provato in queste settimane a fare entrare nella “squadra Ursula” i Conservatori guidati dalla Meloni, o almeno FdI. Su FI non ci sono praticamente mai stati dubbi. Tajani ha rivendicato il “pragmatismo” delle “maggioranze variabili” in Europa: “Non possiamo, in nome di presupposte identità, bloccare il funzionamento della macchina”. Sui temi programmatici Tajani è convinto che “nei prossimi cinque anni” nell’Ue “si potrà fare politica ambientale più a misura d’uomo”. E ha sottolineato anche “il messaggio di von der Leyen sulla difesa europea”. Solo alcuni dei motivi per cui “vale la pena accettare questa sfida: ecco perché abbiamo votato per lei”.
Le opposizioni attaccano sulla spaccatura della maggioranza su von der Leyen
La maggioranza si divide nel voto europeo sulla riconferma di Ursula von der Leyen: Forza Italia vota a favore della presidente mentre Fratelli d’Italia e Lega votano contro. Le opposizioni vanno all’attacco accusando Giorgia Meloni di aver fatto una scelta che isola il nostro Paese ma anche nel centrosinistra si registrano divisioni con il M5S e la sinistra che votano contro l’Ursula-bis mentre il Pd e i Verdi scelgono il sì. Quella di votare no è stata una scelta di coerenza, rivendica il partito della premier mentre la Lega guarda con soddisfazione al rinnovato asse Salvini-Meloni. Ma le opposizioni, con il Pd che prende la parola in Aula alla Camera, chiedono chiarimenti e invocano la presenza della premier per riferire in Parlamento. Da +Europa, con Riccardo Magi, arriva l’accusa sarcastica di fare una “Italexit in miniatura”. Per Elly Schlein “Quelli più divisi oggi sono stati quelli del Governo italiano. Ma soprattutto quello che abbiamo visto è la totale irrilevanza di questo Governo in Europa”. “La Meloni è andata in tilt”, per il leader M5S Giuseppe Conte; “Quello che è successo è molto grave e molto serio”, ha detto il responsabile Esteri del Pd Peppe Provenzano chiedendo un’informativa urgente della premier su quanto accaduto.
Il discorso di von der Leyen e il no di Ecr in qualche modo, però, ha compattato i Dem con il voto per la riconferma anche di chi aveva avuto posizioni più critiche come Marco Tarquinio: “Ho detto sì alla nettezza di un programma solidale e verde”, ha detto il parlamentare indipendente dei Dem dopo il voto. No da M5S che da subito, a partire dal tema delle armi, ha fatto sapere che non avrebbe sostenuto un Ursula-bis. Giuseppe Conte ha subito chiarito “In Europa, coerentemente il M5S ha votato contro von der Leyen perché non condividiamo la strategia delle armi e della guerra”. Stessa linea dagli europarlamentari di sinistra: “In linea con il mio gruppo Left, ho votato contro von der Leyen”, ha scritto sui social Ilaria Salis andando all’attacco della politica “neoliberista” che sarà portata avanti dalla nuova commissione. I Verdi in coerenza con il proprio gruppo hanno votato a favore: “Il voto dei Verdi europei” ha sottolineato Angelo Bonelli “compreso quello della delegazione italiana degli europarlamentari Benedetta Scuderi, Ignazio Marino, Cristina Guarda e Leoluca Orlando è stato determinante per fermare l’avanzata della destra e con essa Giorgia Meloni”.
Dal Brasile Mattarella parla di Ue, ius soli e transizione verde
È stato dopo il discorso ufficiale, quando la cerimonia al Centro brasiliano per le relazioni internazionali di Rio de Janeiro stava per finire, che Sergio Mattarella si è alzato e ha preso di nuovo la parola. Il Presidente della Repubblica ha marcato a fondo il senso dell’anniversario di questi 150 anni di immigrazione italiana in Brasile, un Paese che “dà una lezione di civiltà non soltanto con l’accoglienza e la crescita sociale dei migranti ma anche con la capacità di rendere cittadini persone venute da tante parti del mondo, autenticamente e orgogliosamente brasiliani. Pur sapendoli di origini e antenati di altri Paesi”. Da metà Ottocento, in Brasile sono sbarcati dall’Europa, dal Medio Oriente e dall’Asia; da allora, in Brasile c’è lo ius soli. Parole chiare che attraversano l’Atlantico e che saranno lette con attenzione in Italia dove la “sfida migranti” è al centro dell’attenzione dell’esecutivo di centrodestra. È sempre nel discorso a braccio che Mattarella ha toccato un altro tema che lega l’allarme per una democrazia in sofferenza all’incapacità dell’Occidente di esprimere novità con un avanzamento delle istituzioni multilaterali. Il presidente ha chiesto di “pensare in termini innovativi: il mondo ha bisogno di energie nuove. I vecchi protagonisti non sono da accantonare ma sono insufficienti e inadeguati per i problemi globali che il mondo presenta. Hanno bisogno anche loro, come ne ha bisogno la comunità internazionale, di nuovi protagonisti”.
Mentre Mattarella parlava a Rio, a Bruxelles si stava votando la conferma di Ursula von der Leyen alla guida della commissione europea, col sì dei Verdi e senza il voto di FdI. Il Capo dello Stato non ha mancato di sottolineare come permanga “l’urgenza di una transizione verde che sia concreta, pragmatica, sostenibile ed efficace. Per troppo tempo abbiamo affrontato in modo inadeguato la questione della tutela dell’ambiente e del cambiamento climatico”. Ed ha aggiunto: “Anche l’Italia, insieme agli altri Stati membri dell’Ue, è fortemente impegnata nella lotta al cambiamento climatico, favorendo la transizione energetica”. Con Russia e Cina, e poi anche India e Sudafrica, il Brasile è stato tra i fondatori dei Brics e quest’anno guida il G20, mentre l’Italia preside il G7. “Constato con vera soddisfazione che tra le presidenze del G7 e del G20 esistono ampie sintonie. Un disallineamento marcato tra due consessi così importanti per il dibattito internazionale sarebbe stato un imperdonabile errore gravido di conseguenze”. Per Mattarella occorre “essere allineati su buone cause”, contro “le disuguaglianze, contro la fame, per il clima” e per “il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutte le nazioni, per il rispetto dei diritti umani e della Carta delle Nazioni Unite.
Alla Camera
L’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.00 per le dichiarazioni di voto finale e per la votazione finale del decreto-legge per la semplificazione edilizia e urbanistica. Per quanto riguarda le Commissioni, oggi si riunirà solamente la Affari Sociali per esaminare il decreto-legge per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie.