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La Giornata Parlamentare. Stretta sulla spending review. Spiati i conti delle sorelle Meloni, Crosetto e La Russa

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE MINISTERO DEL TESORO SEDE MEF

Meloni incontra Zelensky e ribadisce il pieno sostegno all’Ucraina

Dopo il rinvio del vertice di Ramstein, Volodymyr Zelensky inizia il suo summit europeo a tappe, quattro capitali in 48 ore per ottenere un aiuto politico e militare cruciale, in vista di un inverno che punta a dare concretezza al suo piano della vittoria. Mette subito in chiaro che un “cessate il fuoco” non è un “argomento” sul tavolo delle discussioni di questi giorni e che Kiev non è disposta a fare alcuna concessione, men che meno territoriale, alla Russia di Vladimir Putin. Alla fine della giornata, un sostegno “fermo”, “a 360 gradi” a Kiev per “una pace che non sia resa come tanti, troppi, suggeriscono vigliaccamente” arriva dalla premier Giorgia Meloni che riceve il leader ucraino a Villa Pamphilj. 

Per arrivare a “un negoziato credibile”, “dobbiamo continuare a reagire in maniera ferma sul sostegno diretto e indiretto”, chiarisce la premier che annuncia nuove forme di supporto all’industria della difesa ucraina e la conferenza per la ricostruzione del paese distrutto dalle bombe russe il 10-11 luglio a Roma. A Downing Street, Zelensky ha illustrato il suo piano per la vittoria al premier britannico Keir Starmer e al segretario della Nato Mark Rutte: “Gli argomenti chiave delle nostre discussioni sono stati l’integrazione euro-atlantica e il rafforzamento militare dell’Ucraina. Questi sono i passi che creeranno le migliori condizioni per ripristinare una pace giusta”, ha sottolineato il leader ucraino. Dopo la tappa londinese, Zelensky è approdato a Parigi da Emmanuel Macron; oltre a illustrare il suo piano per la vittoria, il tour di Zelensky serve a ricevere rassicurazioni sul sostegno militare degli alleati. 

L’Idf israeliana attacca le basi italiane in Libano. Ira del Governo

Dopo l’attacco dell’Idf alle basi italiane dell’Onu in Libano la rabbia è tanta che il Governo italiano, attraverso il ministro della Difesa Guido Crosetto, affiancato dal comandante del Comando operativo delle forze armate Francesco Figliuolo nella sala stampa di Palazzo Chigi, usa toni mai avuti prima nei confronti di Israele. Sono ore che il titolare della Difesa attende spiegazioni da Tel Aviv affinché venga chiarito quanto è successo, fin da quando mercoledì sera militari regolari hanno colpito e distrutto le telecamere e altri sistemi di videosorveglianza negli ultimi due avamposti dei nostri caschi blu a Naqoura. Dopo aver informato Giorgia Meloni, Crosetto ha chiamato l’amico e omologo Gallant protestando: “È inaccettabile”, ha detto prima di ribadire la gravità dei fatti anche ai vertici dell’Onu. Il monito non è bastato e, nonostante i tentativi di rassicurazione, altri colpi hanno raggiunto l’interno della base mentre i peacekeeper italiani erano nei bunker. Dopo aver messo al corrente dei fatti anche il Cdm, è stata la volta dell’ambasciatore israeliano Jonathan Peled, convocato d’urgenza: “Riferisca a Nethanyahu che le Nazioni Unite e l’Italia non possono prendere ordini dal Governo israeliano”. 

A quel punto anche Palazzo Chigi formalizza il disappunto, con parole nette: “Quanto sta accadendo nei pressi della base del contingente Unifil non è ammissibile”, fa sapere lo staff di Giorgia Meloni che, in costante contatto con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e lo stesso Crosetto, esprime “forte vicinanza ai nostri militari”. Anche il numero uno della Farnesina ribadisce che quanto è successo “è inaccettabile”, distinguendo però “episodi diversi” e accaduti anche “parecchi giorni fa” e poi specificando le sue rimostranze al collega Katz “fin dal primo giorno”. Nell’attesa di ricevere chiarezza, a puntualizzare è ancora il ministro della Difesa, che attacca: “Non esiste la giustificazione di dire che le forze armate israeliane avevano avvisato Unifil del fatto che alcune delle basi dovevano essere lasciate”. Poi l’accusa più pesante: “Gli atti ostili compiuti e reiterati dalle forze israeliane potrebbero costituire crimini di guerra, si tratta di gravissime violazioni alle norme del diritto internazionali, non giustificate da alcuna ragione militare”. Dunque “non si è trattato di un errore né di un incidente” e per questo “abbiamo bisogno di avere spiegazioni reali nei tempi più rapidi possibili”. 

Giorgetti stringe sulla spending review. Più soldi in manovra per la sanità

Se con la prossima legge di bilancio, come promesso da Giorgia Meloni, non verranno chiesti “nuovi sacrifici” agli italiani, è sulla voce spending review che è puntata la lente del Mef alla ricerca di potenziali nuove coperture. Il quadro prenderà forma nei prossimi giorni, quando sarà pronto il Documento programmatico di bilancio con le principali linee d’intervento della manovra, che l’Ue attende entro il 15 ottobre, termine che Bruxelles ha concesso a Roma anche per l’invio del Piano strutturale di bilancio appena approvato dal Parlamento. Il Dpb, che rappresenta l’ultimo step di avvicinamento alla legge di bilancio formalmente attesa entro il 20 ottobre in Parlamento, verrà varato all’inizio della prossima settimana: si sta infatti considerando l’ipotesi di convocare il Cdm nel tardo pomeriggio di lunedì per l’esame del documento che contiene l’obiettivo di saldo di bilancio e le proiezioni delle entrate e delle spese. 

Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ieri mattina non ha partecipato al Cdm ma è rimasto al Mef per rifinire il testo insieme al viceministro Maurizio Leo. Alla voce coperture, al momento, ci sono i 9 miliardi in deficit ricavati dalle cifre de Psb, il potenziale miliardo che potrebbe arrivare dal taglio alle tax expenditures e il gettito stimato di circa un miliardo dal riallineamento delle accise del diesel e della benzina, oltre ai circa 4 miliardi frutto dell’abrogazione dell’Ace e dell’introduzione della global minimum tax già destinati a rifinanziare la nuova Irpef a tre aliquote. Almeno 1,5 miliardi sono attesi dal concordato biennale (su cui i commercialisti tornano in pressing per chiedere una proroga del termine per le adesioni fissato al 31 ottobre), da cui dipende la possibilità di estendere i tagli dell’Irpef al ceto medio. Sul fronte della spending review l’obiettivo è fissato a 2 miliardi per il 2025, ma è possibile che si tenti di fare qualcosa di più. 

L’unica voce che non sarà tagliata è la spesa sanitaria, su cui il Governo si è impegnato a mantenere l’incidenza sul Pil. “Come ha detto Giorgetti, la sanità avrà il suo spazio” in manovra, ha confermato il Ministro della Salute Orazio Schillaci, che si dice “tranquillo e fiducioso” sul fatto che arriveranno più soldi: rispetto ai 5 miliardi stanziati nella legge di bilancio dello scorso anno, dovrebbe arrivare un aumento dei fondi dell’ordine dei 2-2,5 miliardi. Al di là della sanità, per tutte le altre spese sono in arrivo “tagli significativi” e anche le Amministrazioni saranno costrette “a fare risparmi”, ha promesso Giorgetti. I Ministri sono stati già sollecitati a tagliare le spese inutili e a ridurre sprechi e inefficienze: se non saranno loro ad autodisciplinarsi, saranno in arrivo tagli lineari

Spiati i conti di Giorgia e Arianna Meloni, Crosetto e La Russa

I contorni della spy story ci sono tutti, a cominciare dall’accesso abusivo ai conti correnti della premier Giorgia Meloni, di sua sorella Arianna, capo della segreteria politica di FdI, e anche dell’ex compagno del capo del governo il giornalista Andrea Giambruno, del presidente del Senato, Ignazio La Russa e dei ministri Guido Crosetto e Daniela Santanché. Ma è ancora presto per dire che ci sia stata un’attività di dossieraggio dopo questi accessi abusivi compiuti da un dipendente infedele di Intesa Sanpaolo, licenziato in agosto dopo che la stessa Banca si è accorta dell’attività illegale. È chiaro che le verifiche degli investigatori sono in corso e ogni sviluppo è possibile. Si procede per accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. “Dacci oggi il nostro dossieraggio quotidiano”, scrive su X la premier Meloni allegando una foto che la ritrae con sua sorella Arianna e il titolo della pagina on line del quotidiano il Giornale: “Inchiesta choc a Bari: spiati i conti di Giorgia e Arianna Meloni, Crosetto e La Russa”. 

In realtà la notizia è stata pubblicata dal quotidiano Domani che rivela dell’inchiesta in corso a Bari su un ex dipendente di Intesa Sanpaolo che avrebbe effettuato in 26 mesi quasi 7mila accessi a conti correnti, “tutti abusivi”. Nel mirino dell’impiegato ci sono militari, vip e soprattutto politici: oltre alle sorelle Meloni, i ministri del Turismo e della Difesa, il presidente di Palazzo Madama, il vicepresidente esecutivo in pectore della Commissione europea Raffaele Fitto, il procuratore della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo, i governatori di Puglia e Veneto Michele Emiliano e Luca Zaia, il procuratore di Trani Renato Nitti, ufficiali dell’Arma e della GdF. Ora i magistrati stanno cercando di capire, con perquisizioni, acquisizioni di documenti e file, e con l’ascolto di testimoni, il perché di questi accessi illegali, una domanda che al momento rimane senza risposta. 

Non si fermano le polemiche sul voto per il giudice della consulta

La maggioranza accelera sulle votazioni per eleggere il giudice della Consulta, l’opposizione resta ferma sulla richiesta di una candidatura condivisa e intanto una nuova bufera si prepara sul voto del Parlamento: Matteo Renzi denuncia che parlamentari di Italia viva sono stati “avvicinati” dalla maggioranza e la senatrice di Iv Dafne Musolinoracconta di un breve colloquio avvenuto con il presidente del Senato Ignazio La Russa al ristorante di Palazzo Madama “in concomitanza con il voto sulla Consulta”: “È stata una verifica di una mia disponibilità in senso ampio, non solo sulla Consulta. Se fossi interessata a un cambio. Sono rimasta sorpresa, e ho risposto che non sono interessata”. Segue a stretto giro la replica piccata del portavoce del presidente del Senato Emiliano Arrigo: “Renzi e Musolino mentono e stanno superando i limiti”, mentre IV conferma tutto. 

Tanto basta per preannunciare una nuova ondata di polemiche sull’elezione del giudice costituzionale che manca già da 11 mesi. La maggioranza punta ad accelerare le votazioni per chiudere la partita in tempi rapidi e lo sottolinea lo stesso La Russa parlando con i cronisti prima dell’attacco di Iv: “Il presidente della Repubblica ci ha giustamente segnalato che bisognava andare a votare, poi qualcuno non lo ha fatto”, afferma; “insieme a Fontana dobbiamo accelerare e ripetere la votazione fin quando non venga eletto il giudice. La tesi di aspettare che se ne liberino tre, io non la trovo giusta”. “Loro hanno una concezione proprietaria delle istituzioni” incalza Elly Schlein, “Dicono abbiamo vinto noi le elezioni e piazziamo noi chi vogliamo”. 

La data della nona votazione non c’è ancora, ma sarà fissata non prima del 22 ottobre. La prossima settimana, infatti, sono in programma le comunicazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo e non è semplice inserire nel calendario il nono scrutinio. Nel caso di una nuova fumata nera, si procederà a oltranza con votazioni settimanali fino alla nomina, per la quale servono i tre quinti degli aventi diritto, tra senatori e deputati. Al centrodestra mancano una manciata di voti per arrivare alla fatidica quota 363 e anche se la vicenda nei giorni scorsi sembrava aver ricompattato le opposizioni, la partita è, ora più che mai, tutta da giocare.

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