Salvini rilancia sullo scudo ai governatori. FdI frena
Il viaggio romano dell’ex presidente della Liguria Giovanni Toti riaccende i toni della maggioranza in materia di giustizia. Ad alzare la voce è ancora la Lega, che apre a uno scudo penale per gli amministratori locali. Al momento manca un testo, ma a via Bellerio ci si prepara già ad alzare le lance per una battaglia in linea con i quesiti referendari del 2022 sulla legge Severino. Nella coalizione di Governo, però, si registrano già le prime incrinature; all’ipotesi avanzata da Matteo Salvini, Fratelli d’Italia reagisce con una frenata: “Non credo che la soluzione sia dare scudi a chi svolge importantissime funzioni a garanzia di tutti i cittadini”, taglia corto il senatore di FdI Raffaele Speranzon. In Forza Italia, invece, si guarda alla proposta con curiosità, mentre continuano gli attacchi azzurri contro la magistratura in merito alla vicenda ligure. Ed è proprio il rinvio a giudizio di Toti, accusato di corruzione e finanziamento illecito, a riscaldare gli animi. Per Salvini l’ex governatore è “ostaggio della magistratura”. La politica, per il vicepremier, è “svilita e sottomessa a un altro potere dello Stato”.
Da qui, la proposta dello scudo giudiziario, che potrebbe prendere forma in una misura da allegare a una delle riforme su cui è al lavoro la maggioranza. Certezze non ce ne sono, se non quella che se ne parlerà approfonditamente a settembre. Intanto, però, la questione è già diventata politica. Toti dichiara di non averne parlato nel bilaterale con il leader leghista ma l’idea della protezione processuale agli amministratori sembra piacere all’ex presidente ligure. Nonostante dichiari che lo scudo “sia un po’ complesso”, Toti appoggia il principio di “allargare l’immunità della politica anche a sindaci e governatori”. A sostenere Salvini arriva anche l’endorsement di Massimiliano Fedriga, che considera “condivisibile” la sua proposta. E non è escluso che, qualora l’ipotesi si concretizzasse, l’argomento possa trovare spazio nel dibattito interno alla Conferenza delle Regioni. Dubbi consistenti, per ora, arrivano solo da FdI; Antonio Tajani attende di vedere le carte e intanto lascia aperto più di uno spiraglio: “Ci siederemo attorno a un tavolo – dice – e vedremo in concreto cosa prevede la norma. Come abbiamo fatto con l’abuso d’ufficio, siamo sempre disposti ad ascoltare le proposte per una buona amministrazione”. Critiche, come era da immaginarsi, arrivano da Pd, M5S e Avs.
Giro di incontri di Toti a Roma in vista delle regionali in Liguria
Prima una riunione con il suo gruppo di Noi Moderati a Palazzo Theodoli, poi un colloquio con Matteo Salvini al Ministero dei Trasporti, seguito da un pranzo con Maurizio Lupi, Ilaria Cavo e Pino Bicchielli, un faccia a faccia nel pomeriggio con Maurizio Gasparri al Senato e un incontro serale a Via della Scrofa con Giovanni Donzelli, fedelissimo di Giorgia Meloni. L’ex governatore della Liguria Giovanni Toti torna a Roma dopo la revoca degli arresti domiciliari per l’accusa di corruzione e finanziamento illecito. Il tema centrale di questi incontri sono le prossime regionali, che si terranno il 27 e 28 ottobre a meno che il Governo non le posticipi con l’election day, dando di fatto più ossigeno al centrodestra, ancora in alto mare, per trovare un nome in grado di battere Andrea Orlando, candidato forte del centrosinistra. “Abbiamo parlato di Liguria, di cose che abbiamo fatto e che dovremo continuare a fare”, assicura Toti che poi rilancia la carta di un civico. “Da quello che ho capito io al primo giro d’incontri non c’è nessuna preclusione nei confronti di un candidato civico”, d’altra parte “la Liguria al momento è governata all’incirca per il 75% da sindaci civici appoggiati dai partiti. Detto ciò, non c’è neanche una esclusione di una candidatura partitica ove ci fosse ovviamente un accordo”.
La visita di Toti a Salvini, presente il viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi, è stata l’occasione “per fare il punto della situazione sulla regione Liguria: non solo dal punto di vista delle infrastrutture e dello sviluppo economico, ma anche considerando le elezioni che il centrodestra è determinato a vincere”, scrive la Lega in una nota rivendicando i risultati conseguiti dalla giunta regionale uscente sul fronte dell’occupazione e della crescita. Nel tardo pomeriggio Toti vede l’azzurro Maurizio Gasparri; nessuno contatto per ora con Antonio Tajani. Al termine dell’incontro con il presidente dei senatori forzisti l’ex governatore precisa che “non c’è stata nessuna guerra e men che meno nessun tipo di ruggine” con il partito di Silvio Berlusconi che “lo ha difeso e sostenuto con grande vigore”. Conferma che il leghista Rixi si è tirato fuori dalla mischia, garantisce che il centrodestra punta a un nome condiviso come suo successore da contrapporre a Orlando.
Anche se nei giorni scorsi Fi ha parlato dell’ipotesi di un civico per il dopo-Toti, nel corso della conferenza stampa per il lancio della festa dei giovani azzurri Tajani fa il nome di Carlo Bagnasco, attuale coordinatore regionale azzurro in Regione e figlio del senatore Roberto, precisando che Forza Italia non intende mettere né tantomeno accettare veti: “Noi siamo sempre pronti a discutere le candidature, ma devono essere candidature condivise. Noi cerchiamo il candidato vincente. Di fronte all’indisponibilità di Rixi abbiamo detto c’erano altri nomi, compreso quello di Bagnasco, sindaco uscente di Rapallo”. Per il leader di Fi, il centrodestra può tornare alla vittoria in Liguria perché il candidato del centrosinistra Orlando “sarà molto di sinistra e questo mette in difficoltà l’elettorato moderato del Pd, che andrà in subbuglio. Questo significa che ci sono le condizioni per vincere anche in Liguria”. In casa Fratelli d’Italia non ci si sbilancia sul toto-nomi ma allo stato l’unico in campo ufficialmente (dopo le parole di Tajani) è quello di Bagnasco, ma in corsa ci sarebbero anche il vicesindaco di Genova, indipendente ma considerato vicino alla Lega, Pietro Piciocchi e Ilaria Cavo, deputata di Noi Moderati.
Le opposizioni fanno quadrato: riforma prima delle nomine Rai
Niente rinnovo del Cda Rai prima della riforma della governance. L’opposizione compatta, dopo il rinvio delle nomine alla ripresa dell’attività parlamentare nella seconda settimana di settembre, mette nero su bianco la propria linea, facendo capire che non sarà facile, anche al rientro dalle vacanze, trovare un accordo bipartisan, se non si avvierà una discussione più ampia sul futuro della tv pubblica. Sembra così consolidarsi il campo largo, almeno in tema di servizio pubblico. “Appare evidente l’impasse sull’assetto dei nuovi vertici di viale Mazzini. Come forze di opposizione invitiamo la maggioranza a lavorare sin da subito alla riforma della governance aziendale”, si legge in un appello firmato dai capigruppo di opposizione in Vigilanza Stefano Graziano(Pd), Dario Carotenuto (M5S), Maria Elena Boschi (Iv), Angelo Bonelli (Avs), Giuseppe De Cristofaro (Avs), Maria Stella Gelmini (Az). “Con il via libera, avvenuto lo scorso marzo, da parte del Parlamento europeo al Media Freedom Act, l’attuale legge che governa la Rai appare superata e necessita di una riforma che vada nella direzione di recepire la legge europea per la libertà dei media”, spiegano i firmatari, ricordando che “quand’anche si procedesse alla nomina dei nuovi vertici con l’attuale criterio, entro il 2025 comunque bisognerebbe procedere ad una revisione imposta proprio dalla normativa comunitaria”.
Da qui la richiesta di avviare un confronto sulle regole prima delle nomine. L’intesa con l’opposizione è necessaria per il raggiungimento del quorum dei due terzi in Commissione di vigilanza previsto per l’entrata in carica del presidente. Proprio l’annuncio della minoranza di voler disertare l’aula di San Macuto in caso di voto è stato uno dei motivi che hanno impedito alla maggioranza di procedere spedita sul disegno che prevede la nomina di Giampaolo Rossi, in quota FdI, come Ad e di Simona Agnes, in quota Fi, come Presidente. La maggioranza, che può contare su 24 voti nella bicamerale, faceva affidamento sul sostegno di Azione e Iv per raggiungere la soglia delle 28 preferenze, ma entrambi i partiti si sono schierati con il resto della minoranza. Ora bisognerà vedere se Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini si diranno disponibili al confronto sulla riforma. Almeno a parole, nelle scorse settimane, avevano sostenuto di essere aperti al dialogo, anche perché la legge non era stata approvata da un governo di centrodestra, ma dall’esecutivo guidato da Matteo Renzi nel 2015.
Meloni attacca le opposizioni e ribadisce la sintonia con i Berlusconi
Giorgia Meloni si concede sulle pagine di Chi un bilancio prima della pausa estiva. La premier rivendica quanto fatto sin qui: “L’Italia oggi è più stabile, più centrale, più rispettata nel mondo”, “abbiamo avviato riforme attese da decenni”, dice ricordando il ddl sul premierato, la riforma della giustizia, l’autonomia differenziata, la riforma del fisco, “Tutte riforme contro le quali le forze che vogliono conservare lo status quo, ovvero i loro privilegi, stanno mettendo in campo un’opposizione feroce. Penso che gli italiani capiscano il perché”.
La leader FdI accusa “la sinistra” di “incolpare” lei “di qualsiasi cosa”, dal centenario della marcia su Roma alla strage di Bologna e difende la sua scelta di aver portato la figlia Ginevra con sé in Cina. “Mi fa sorridere che certe persone si ritengano moralmente così superiori da poter insegnare a una madre come crescere la propria figlia. Io invece penso che ogni mamma sappia cosa sia meglio per la sua prole e debba scegliere in libertà. Ma c’è di più è anche una sfida culturale che riguarda tutte le donne: penso che, se io, che sono presidente del Consiglio, riesco a dimostrare che il mio incarico è compatibile con la maternità, allora non ci saranno più scuse per quelli che usano la maternità come pretesto per non far avanzare le donne sul posto di lavoro”, aggiunge prendendo di mira chi “pensa di difendere i diritti delle donne con battaglie tipo farsi chiamare la Presidenta”.
La premier bolla come destituite di fondamento, poi, le presunte frizioni con Marina e Pier Silvio Berlusconi: “Sono settimane che si cerca di raccontare una sostanziale insofferenza di Marina e Piersilvio Berlusconi verso il Governo, ma non è la realtà che vivo io. Ho rapporti con entrambi, stimo entrambi, e non li considero persone ostili. È quello che vorrebbe la sinistra, una delle sue tante speranze che non si realizzeranno”, taglia corto. Dopo il Cdm di oggi la premier si godrà un periodo di vacanza e con lei, oltre alla figlia Ginevra, ci sarà per qualche giorno anche Andrea Giambruno. Al rientro, a settembre, non saranno pochi i dossier che Meloni troverà sul tavolo, a partire dal capitolo che riguarda le nomine Rai. Oggi, a margine del Cdm, ci potrebbe essere un primo scambio di vedute con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, ma in ogni caso la questione è rimandata al 12 settembre, quando Camera e Senato dovrebbero votare i quattro componenti dei Cda che spettano alle Camere.
Alla Camera
Dopo che ieri è stata votata la fiducia, l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 8.30 per l’esame del decreto in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia, sulla proposta di legge per la concessione della liberazione anticipata e sul disegno di legge di proroga del termine per l’esercizio delle deleghe in materia di spettacolo.
Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari costituzionali esaminerà il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’attività di rappresentanza d’interessi e le pdl per il riordino delle funzioni e dell’ordinamento della Polizia locale. La Cultura si confronterà sulla pdl per l’istituzione della Giornata nazionale in memoria dei giornalisti uccisi a causa dello svolgimento della loro professione e sulla pdl per la promozione delle manifestazioni in abiti storici e delle rievocazioni storiche. La Attività Produttive esaminerà lo schema di decreto legislativo per la costituzione dell’Albo nazionale delle attività commerciali, delle botteghe artigiane e degli esercizi pubblici, tipizzati sotto il profilo storico-culturale o commerciale, ai fini della valorizzazione turistica e commerciale di dette attività. La Lavoro dibatterà sul ddl governativo in materia di lavoro.
Al Senato
Dopo che ieri ha approvato definitivamente il decreto per le infrastrutture e gli investimenti d’interesse strategico, nella giornata di oggi e per tutto il resto della settimana l’Assemblea del Senato non si riunirà. L’Aula di palazzo Madama tornerà in seduta il prossimo martedì 11 settembre alle 16.30 con l’esame di diverse ratifiche di trattati internazionali e le comunicazioni del Presidente Ignazio La Russa sul ddl per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese. Anche le Commissioni questa settimana non torneranno più a riunirsi.