Tensione nella maggioranza sul terzo mandato. Fari sul Veneto
C’è tensione nella maggioranza all’indomani della bocciatura in Senato all’emendamento sul terzo mandato ai governatori. La rimozione del divieto consentirebbe una ricandidatura di Luca Zaia in Veneto nel 2025 ma il centrodestra è diviso, con FI e FdI che hanno votato nuovamente contro la proposta leghista. Sul tema è intervenuto l’assessore veneto Roberto Marcato, proponendo, in vista delle elezioni dell’anno prossimo, un’alleanza tra la lista Zaia e quella della Lega, contro Fratelli d’Italia e Forza Italia, un’ipotesi di spaccatura del centrodestra che porterebbe serie ripercussioni sulla tenuta della coalizione e non è detto poi che porti a una vittoria. Nella Lega nessuno ha commentato le frasi di Marcato ed è molto probabile che l’assessore abbia parlato per sé, essendo da tempo assai lontano dalle posizioni di Matteo Salvini, che ha duramente criticato, e ormai distante anche da Zaia. Dopo le frasi critiche e gli insulti di Toni Da Re nei confronti di Salvini, le frasi di Marcato appaiono quindi solo un segnale di agitazione; la richiesta di espulsione di Da Re per le offese al segretario (ha detto che Salvini è un “cretino” e deve andarsene) non è ancora stata esaminata dal Consiglio di disciplina e garanzia della Lega, lo sarà nei prossimi giorni. Intanto in ambienti del centrodestra si rincorrono le voci su una sua eventuale candidatura per FI alle Europee.
Sul futuro di Zaia s’ipotizza una candidatura a sindaco di Venezia, mentre è stata esclusa dal diretto interessato una eventuale corsa alle Europee. Certo è che il governatore e il suo partito sembrano non mollare la battaglia sul terzo mandato, almeno allo stato. Il tema, che nel 2025 riguarda le ricandidature anche dei dem Michele Emiliano, Stefano Bonaccini e Vincenzo De Luca, e del centrista Giovanni Toti, potrebbe riemergere più avanti collegato ad altri provvedimenti, come il testo unico sugli Enti locali. “Noi speravamo venissero stralciate le norme di questo decreto che riguardano il testo unico degli Enti locali, come quelle relative ai mandati dei sindaci e dei presidenti di Regione”, ha detto il capogruppo dem al Senato Francesco Boccia intervenendo in Aula durante l’esame del decreto elezioni, al quale era collegato l’emendamento leghista. “Già l’emendamento della Lega sul terzo mandato è stato costruito semplicemente per un caso politico e dare così il mandato a quest’Aula di occuparsi del futuro del presidente Zaia. Peccato che questa sia un’Aula che si occupa del popolo italiano, non dei problemi di un singolo dirigente della Lega. Molti degli emendamenti della maggioranza sono venuti fuori chiaramente per interessi di parte e pure pasticciati. Oppure per regolare conti all’interno della maggioranza. Le disposizioni in oggetto tolgono il limite dei mandati per i Comuni sotto i 5000 abitanti, intervenendo sul Testo unico degli Enti locali”.
Urso coordina la ministeriale del G7 sull’intelligenza artificiale
Dopo sette anni, torna a riunirsi il G7 Industria, Tecnologia e Digitale. E il primo vertice si è tenuto a Verona dove Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha presieduto la riunione che rappresenta la prima ministeriale legata della presidenza italiana del G7; tre le sessioni di lavoro, ma anche numerosi bilaterali. Urso ha incontrato, nell’ordine, il viceministro giapponese degli Affari Interni e Comunicazione Junji Hasegawa per parlare dell’approccio antropocentrico all’Intelligenza Artificiale. Il Ministro ha poi visto Jean Koh, presidente della Commissione coreana sulle Piattaforme Digitali, per “potenziare la nostra cooperazione nei campi della microelettronica e del quantum computing”. Con la vicepremier ucraina e ministro dell’industria Yulia Svyrydenko l’esponente del governo italiano ha approfondito i contenuti e i prossimi sviluppi del progetto della piattaforma logistica intermodale di Horonda che mira a sostenere gli scambi commerciali da e verso l’Ucraina. Nel bilaterale con la vicepresidente della Commissione Europea e Commissario Europeo per la Concorrenza Margrethe Vestager il Ministro ha invece evidenziato come “i recenti conflitti ci hanno dimostrato che, oggi più che mai, il nostro continente deve raggiungere l’indipendenza strategica e a questo fine in ambito G7 collaboreremo sui semiconduttori con la Commissione, per salvaguardare la nostra economia e le nostre industrie”.
“Nella prima sessione è emersa una piena convergenza dei Paesi del G7 sull’idea di favorire sempre più e di allineare sempre più le regole fra i nostri Paesi per favorire lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, valorizzando i principi del processo di Hiroshima e coinvolgendo di più le piccole e medie imprese anche per l’alfabetizzazione di massa delle nuove tecnologie e la formazione professionale dei nostri lavoratori”, ha sintetizzato nella conferenza stampa finale Urso. “Nella seconda sessione abbiamo convenuto che bisogna evitare nuove dipendenze, dopo quella energetica, che mettano a rischio le nostre catene del valore”. Infine “nella terza sessione abbiamo individuato nella realizzazione di un hub dell’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile lo strumento per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Un messaggio importante per il Sud del mondo, che parte dall’Italia, ovvero il ponte tra Europa e Africa, continente del futuro”.
Premierato: la maggioranza cambia le regole sul semestre bianco
Cambia il semestre bianco, vale a dire i sei mesi che precedono la scadenza del mandato del Presidente della Repubblica entro i quali non possono sciogliere le Camere. La Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato un emendamento al ddl Casellati sul premierato che prevede lo scioglimento del Parlamento durante il semestre in alcuni casi di caduta del premier eletto. Ma la novità politica è nell’affermazione da parte del presidente della Commissione Alberto Balboni che la maggioranza non vuole fare forzature regolamentari per approvare la riforma prima delle europee. Sul tema interviene l’ex premier Romano Prodi che a un’iniziativa con Giuseppe Conte boccia la riforma perché diminuisce il ruolo del capo dello Stato e del Parlamento. Data la mole di emendamenti di Pd e Avs, finora la Commissione ha approvato solo 2 dei quattro articoli del ddl Casellati. Dalla prossima settimana s’inizia con il cuore del provvedimento, cioè l’elezione diretta del premier (articolo 3) e i casi di scioglimento delle Camere per caduta del premier (articolo 4), su cui incombono oltre mille emendamenti. Il presidente della Commissione e relatore Alberto Balboni, dopo che il Pd Andrea Giorgis ha spiegato che non intende rinunciare all’ostruzionismo nel timore di forzature per approvare la riforma prima delle europee, ha risposto che la maggioranza non ha mai detto questo. Martedì si farà il calendario dei lavori in cui verrà chiarito questo aspetto.
La Commissione ha intanto approvato un emendamento del Governo sul cosiddetto semestre bianco, il quale vieta al presidente della Repubblica di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del proprio mandato. L’emendamento prevede che esse vengano sciolte in questi sei mesi nei casi in cui lo stesso ddl Casellati (all’articolo 4) stabilisce l’obbligo di elezioni anticipate: dimissioni volontarie del premier o sua caduta per una mozione motivata di sfiducia. Più tecnico, ma importante l’emendamento di Marcello Pera, approvato: nella Costituzione tutti gli atti del Capo dello Stato sono controfirmati dal Governo e l’emendamento elimina questa controfirma su alcuni atti presidenziali (la nomina del presidente del Consiglio, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto d’indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi al Parlamento e il rinvio delle leggi alle Camere) così da proteggerli in caso di contrasto col Governo. Giuseppe Conte concorda con Romano Prodi: “Meloni racconta frottole quando afferma che non viene toccato il ruolo del capo dello Stato”. Entrambi poi ritrovano su un altro punto: si andrà a un referendum, sul quale dice Conte “Meloni rischia molto”.
Al Senato Crosetto riaccende l’attenzione sul caso dossier
Evitare che l’indagine sui dossieraggi finisca nel vuoto: a tenere accesi i riflettori sul caso è il ministro Guido Crosetto, che nella sua risposta in un’interrogazione al Senato invoca l’intervento legislativo del Parlamento. Il numero uno della Difesa, sulla scia di quanto chiesto dal Guardasigilli Carlo Nordio, aveva caldeggiato l’istituzione di un’apposita inchiesta parlamentare, richiesta che dopo poco è stata frenata da gran parte della maggioranza e dalla stessa premier Giorgia Meloni, per la quale per ora sulla vicenda bisogna lasciar lavorare la Commissione Antimafia. Proprio in queste ore l’ufficio della presidente Chiara Colosimo ha annunciato nuove audizioni, dopo quelle dei procuratori Melillo e Cantone nei giorni scorsi: venerdì 22 marzo sarà sentito Andrea De Gennaro, comandante generale della Guardia di finanza, il Corpo cui appartiene uno degli indagati chiave dell’inchiesta, il tenente Pasquale Striano.
In queste ore Crosetto sottolinea: “Il rischio è che questa vicenda, come tante altre e come quella di Palamara, finisca senza alcun accertamento definitivo”, avverte il Ministro, per il quale “il Parlamento deve interrogarsi sulle regole in atto, sulle persone che di queste cose possono abusare, su quelle che su queste cose possano avere interessi, su come queste cose possano influenzare la vita democratica e politica indipendentemente dalle parti. Questa è una cosa che, secondo me, deve fare il Parlamento. Mi auguro che questo percorso venga fatto dal Copasir, dalla Commissione Antimafia, dalla Commissione speciale, non sta al Governo o a me dirlo. Va ripristinata la credibilità delle istituzioni nel suo complesso”, dice il titolare di via XX Settembre, il quale è anche autore dell’esposto da cui sono partite le indagini, i cui atti dalla Procura di Roma sono finiti a Perugia, anche per il coinvolgimento di un sostituto procuratore antimafia. Palazzo Chigi, al di là del lavoro della Commissione Antimafia, non è comunque indifferente alla questione: il sottosegretario Alfredo Mantovano ha annunciato una stretta con “sanzioni più adeguate per chi compie accessi illeciti alle banche dati” contenuta nel nuovo provvedimento del Governo sul cyber.
La Basilicata agita le minoranze del Pd
La partita sul candidato di centrosinistra in Basilicata è formalmente chiusa, ma il confronto e lo scontro tra le forze politiche protagoniste della lunga trattativa è destinato ad andare avanti e ad allargarsi anche alle elezioni europee. La scelta di Domenico Lacerenza come candidato di Pd, M5S, Avs e +Europa è letta dallo stato maggiore di Azione come un diktat di Giuseppe Conte alla coalizione. “Il fatto politico nazionale è il veto dei Cinque Stelle sulle forze riformiste recepito dal Pd”, sottolinea Carlo Calenda. “Noi non esprimiamo veti”, risponde Conte, “non è nei nostri obiettivi. Nel nuovo corso c’è una politica col sorriso che vuole rispettare gli altri, ma è difficile se devi lavorare con leader che dichiarano che il loro obiettivo non è una competizione sana, ma è distruggere il M5S”. Lo “strappo” con Calenda, tuttavia, provoca tensioni anche in quel pezzo di Partito Democratico meno convinto dell’alleanza con i pentastellati.
“Dobbiamo fare tutti gli sforzi fino all’ultimo secondo utile per costruire la coalizione più competitiva possibile. Non ci possono essere veti reciproci, vale per la Basilicata, per le prossime amministrative e in prospettiva per le elezioni politiche”, dice il senatore dem Alessandro Alfieri, che guarda all’area di Stefano Bonaccini. Certo, dal Pd ricordano anche che il comportamento di Calenda nelle ore precedenti l’accordo non ha facilitato il dialogo: prima ha tagliato la strada, assieme al M5S, alla candidatura di Angelo Chiorazzo, poi ha proposto Marcello Pittella e, davanti alla risposta negativa della segretaria, ha fatto sapere che avrebbe reso pubblica la candidatura senza più attendere, aprendo contemporaneamente alla possibilità di sostenere il candidato del centrodestra Vito Bardi; infine, è tornato su Chiorazzo. Troppo anche per chi, come Elly Schlein, ha fatto dell’unità la propria parola d’ordine.