La Russia attacca nuovamente Mattarella. Tajani convoca l’ambasciatore
Nuovo affondo dalla Russia contro il Presidente della Repubblica. Questa volta Mosca prende lo spunto dalle parole pronunciate dal Capo dello Stato lo scorso 8 marzo al Memoriale della Pace di Hiroshima: “La Russia si è fatta promotrice di una rinnovata e pericolosa narrativa nucleare, cui si aggiungono il blocco dei lavori del Trattato di non proliferazione, il ritiro dalla ratifica del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari e le minacce rivolte all’Ucraina, instillando l’inaccettabile idea che ordigni nucleari possano divenire strumento ordinario nella gestione dei conflitti come se non conducessero inevitabilmente alla distruzione totale”, aveva detto Mattarella.
Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, durante una conferenza stampa a una domanda al riguardo ha preso di mira questo ragionamento con lo stesso tono con cui il 14 febbraio aveva commentato l’intervento di Sergio Mattarella a Marsiglia dove, secondo la rappresentante russa, il presidente italiano avrebbe paragonato l’attuale governo russo al terzo Reich di Hitler. È quanto basta per far scoppiare un nuovo caso diplomatico tra Roma e Mosca, tanto da costringere Antonio Tajani a far convocare l’ambasciatore russo alla Farnesina. “Ho capito bene? Ha dichiarato che la Russia starebbe minacciando l’Europa con le armi nucleari? Sono menzogne, è una bugia, non è vero, è un fake, è disinformazione. Di queste parole bisogna rispondere”, ha proseguito Zakharova. Il Capo dello stato italiano, ha affermato ancora la portavoce, “non troverà nessuna dichiarazione da parte di nessun rappresentante della Federazione Russa che possa essere interpretata in questo modo. Il presidente del nostro Paese, i ministri, i funzionari statali hanno ripetutamente parlato di questa questione e hanno fatto di tutto affinché fake di questo tipo siano confutate”.
“Penso che forse il presidente dell’Italia ci abbia confusi con un altro Paese. Forse lui intendeva dire che è la Francia che minaccia l’Europa con le armi nucleari, perché proprio così si possono interpretare le recenti dichiarazioni di Emmanuel Macron quando ragionava sull’apertura sull’Europa di un certo ombrello nucleare”. Dal Quirinale, nessuna risposta diretta, una linea già adottata dal Colle in occasione del precedente affondo della Zakharova. Interviene però il Governo con il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che condanna severamente l’ennesimo attacco verbale giunto dalla Russia: “Il Presidente della Repubblica è un uomo di pace e simbolo di unità nazionale ed europea”. La netta presa di posizione viene supportata da diverse voci del centrodestra, tra cui il presidente del Senato Ignazio La Russa, il Ministro Francesco Lollobrigida, Maurizio Lupi e diversi esponenti di Fi, come Giorgio Mulè e Licia Ronzulli. Tace Matteo Salvini.
Tensione nella maggioranza. La Lega fa un controvertice su ReArm
Sono giornate di tensione a Palazzo Chigi, tanto che la stessa Giorgia Meloni, dopo aver letto le notizie di una riunione della Lega voluta da Matteo Salvini per puntualizzare i paletti al ReArm Eu, si sarebbe sfogata con Giancarlo Giorgetti. Una conversazione “franca”, nella sala del Cdm a riunione appena finita, proseguita a più riprese e che è rimbalzata velocemente fuori dal palazzo tanto che per tutto il pomeriggio si sono rincorse voci di scontri molto accesi e addirittura porte sbattute. Queste ricostruzioni vengono categoricamente smentite da entrambe le parti ma danno la misura di quanto sia alto il nervosismo tra gli alleati.
Giorgetti e Meloni “sono allineati”, assicurano i loro staff, si parlano spesso e liberamente, e anche stavolta si sarebbero confrontati in un clima “più che cordiale”. Arriva anche una smentita ufficiale, in cui Mef e Palazzo Chigi bollano come “infondate e prive di ogni riscontro reale” le ricostruzioni sui contrasti. Anzi i due, assicurano, “continuano a lavorare in piena sintonia e con la massima condivisione sui vari dossier aperti, inclusa la difesa europea”. Quest’ultimo tema è stato al centro di un vertice leghista, convocato prima del Cdm dove il vicepremier leghista ha riunito anche gli esperti economici del partito e il presidente della commissione Difesa della Camera Tonino Minardo.
Il “controvertice” è visto con sospetto dagli alleati anche perché, come vanno ripetendo da Fdi e Fi, la linea in politica estera la danno “Palazzo Chigi e la Farnesina”, concetto ribadito dall’azzurro Giorgio Mulè. Comprare mezzi militari e altri strumenti per la difesa da aziende italiane, non francesi o tedesche, e chiedere all’Ue la stessa attenzione che ha per le frontiere a Est anche per il Mediterraneo è la linea della Lega, emersa da una riunione nella quale il ministro dell’Economia avrebbe comunque ribadito la posizione già espressa a Bruxelles, e in Parlamento, della necessità di attendere i dettagli del Piano per poterlo valutare a fondo, ferma restando l’attenzione massima al debito pubblico e la volontà di non intaccare le risorse destinate alla spesa sociale, a partire dalla sanità, e un totale no a “a deleghe in bianco su imprecisati eserciti europei”. Tutti temi decisamente ancora aperti e su cui, almeno per ora, Palazzo Chigi ha adottato una postura di massima cautela strategica.
Schlein rilancia: nel Pd serve chiarimento politico sulla politica estera
La spaccatura in Europa nel voto sul riarmo ha colpito soprattutto il Pd. La segretaria Elly Schlein ha risposto alle richieste di confronto e congresso rilanciando: “Serve un chiarimento politico. Le forme e i modi li valuteremo”. Come a dire: non sono io che dovrò dare spiegazioni, ma gli altri. Cioè, chi ha condiviso la scelta degli eurodeputati, come Stefano Bonaccini e Pina Picierno che a Strasburgo non hanno seguito le sue indicazioni di partito. Il dibattito europeo ha allargato le distanze anche dal M5S. Almeno sulla carta, la bocciatura di Elly Schlein al riarmo aveva riavvicinato le posizioni delle due forze, ma la scelta della segretaria di puntare sull’astensione, seguita dalla “diserzione” di metà dell’eurogruppo che ha votato “sì”, ha permesso al presidente del M5S Giuseppe Conte di attaccare: “Abbiamo visto un Pd che si è diviso in Ue, un partito in forte difficoltà. L’astensione è la cosa più incomprensibile. Di fronte a una von der Leyen che spreca 800 miliardi in armi, senza una difesa comune, tu cosa fai? Dici non mi pronuncio? Prima di fare i conti con i possibili alleati, Schlein deve badare alla tenuta del partito”.
Il prossimo passaggio è in programma martedì al Senato, quando ci sarà da presentare e da votare una risoluzione sulle comunicazioni di Giorgia Meloni alla vigilia del Consiglio Ue, e il partito potrebbe essere di nuovo chiamato a esprimersi sul riarmo dell’Ue, col rischio di una riproposizione della spaccatura di Strasburgo. Schlein ha ribadito la posizione: “Quando vediamo piani d’investimenti sull’autonomia strategica dobbiamo parlare anche di difesa comune, che per noi è una cosa ben diversa dal riarmo dei singoli 27 Stati membri”. Il coordinatore dei riformisti Pd, l’area più critica con la segretaria, non dispera di evitare una rottura bis: “Ci sarà un momento di confronto nei gruppi parlamentari. Lo dico da capogruppo in Commissione prima che da membro della segreteria. Ho dato ampia disponibilità a trovare dei punti di condivisione”.
Più di un parlamentare ha chiesto a Schlein di promuovere un confronto nel partito sulla politica estera. L’impressione è che anche al Nazareno pensino a una forma di confronto. “La segretaria e il partito decideranno come affrontare la discussione, stabiliranno quale sarà lo strumento più idoneo”, ha detto al Manifesto il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia. “La scelta dell’astensione è incomprensibile” ha attaccato il deputato Pd Piero Fassino, “È una mezza strada, né carne né pesce. Il Pd ha bisogno di un confronto tematico, ma non serve un congresso generale”. Il deputato Gianni Cuperlo ha difeso la posizione in Ue, ma è tornato a chiedere “un confronto aperto e capace di coinvolgere tutto il partito. Sarà la segretaria a proporne tempi, forme e modi”.
Il Governo ha varato il decreto elezioni per le Amministrative e Referendum
Il Consiglio dei ministri ha varato il decreto elezioni che consentirà di votare in due giorni (domenica dalle 7.00 alle 23.00 e lunedì dalle 7.00 alle 15.00) già dalla prossima tornata di elezioni amministrative. La data per il primo turno delle Comunali è stata individuata nel 25-26 maggio mentre l’election day con i referendum sarà nelle date dei ballottaggi, l’8 e 9 giugno. Il prossimo 25-26 maggio sono chiamati al voto 461 Comuni su 7.896 (il 5,8%), fra cui 9 capoluoghi di Provincia (dei quali 2 sono anche capoluoghi di Regione: Genova e Aosta), oltre a Trento e Bolzano, capoluoghi delle rispettive Province autonome. Gli altri capoluoghi di Provincia chiamati alle urne sono Matera, Nuoro, Pordenone, Ravenna e Taranto.
Gli elettori saranno chiamati a esprimersi, in occasione del ballottaggio, anche su cinque quesiti referendari: quello sulla cittadinanza, promosso da +Europa e dai radicali, punta a dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di legale soggiorno per l’ottenimento della cittadinanza italiana per cittadini stranieri ed extracomunitari. Gli altri quattro sono stati promossi dalla Cgil e puntano a modificare le normative in tema di licenziamenti illegittimi, indennità alle piccole imprese e sull’utilizzo dei contratti a termine (di fatto modificano il Jobs Act) e sugli infortuni sul lavoro (esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltante e del subappaltante).
Torna la paura ai Campi Flegrei: il Governo segue con attenzione
Torna la paura nei Campi Flegrei: una scossa di magnitudo 4.4, la più forte scossa registrata in epoca strumentale nella zona, insieme a quella del 20 maggio 2024, 11 le persone rimaste ferite. “Abbiamo seguito le vicende attentamente, la situazione complessiva ci lascia moderatamente tranquilli”, spiega il prefetto di Napoli Michele Di Bari. È stato uno stress test importante per il patrimonio edilizio e non ci sono stati danni strutturali. La convivenza col grande sisma è l’unica risposta”, ammette il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che nel primo pomeriggio è stato contattato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato si è informato sulla situazione che vive il territorio e ha espresso vicinanza ai cittadini. La premier Giorgia Meloni fa sapere dal mattino di monitorare costantemente l’evolversi della situazione. Si tiene in contatto con il sottosegretario Alfredo Mantovano, con il Ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci e con il capo del Dipartimento della Protezione Civile Fabio Ciciliano; il Ministro per la protezione Civile ha firmato lo stato di mobilitazione nazionale chiesto dal presidente della Regione Vincenzo De Luca.
“E’ una delle zone più complesse al mondo, ve lo dico senza ipocrisia, chiedetela agli altri l’ipocrisia”, ribadisce Musumeci, denunciando una mancanza di attenzione delle istituzioni precedenti per una zona su cui insiste sia il rischio vulcanico che quello bradisismico. Una delle soluzioni, per il ministro, passa dalla prevenzione non strutturale, che prevede anche di istruire i ragazzi del territorio dei rischi e su come comportarsi in caso di evento. La mobilitazione nazionale permette al Dipartimento di Protezione Civile di coordinare gli interventi e le strutture operative a supporto delle autorità regionali, garantendo assistenza alle popolazioni e interagendo direttamente con Forze dell’ordine, Vigili del fuoco, ambulanze.
Al momento, l’ipotesi di evacuazione dei “non è da scartare”, spiega il Ministro, ma avverrà solo ascoltati i vulcanologi e sarà oggetto di esame tra i tecnici “solo qualora dovessero dirci di essere in prossimità di evoluzione accentuata”. Il piano che prevede l’evacuazione e il gemellaggio con le altre Regioni, però, è solo sulla pianificazione del rischio vulcanico; il piano di emergenza per rischio bradisismico prevede lo spostamento persone che voglio lasciare la propria casa in aree di accoglienza. Il Ministro rivendica di aver “aperto una breccia” nel “muro della rassegnazione” con le esercitazioni previste dal piano e alle opposizioni che chiedono di riferire in Parlamento risponde di “non avere nessuna difficoltà”, ma “non abbiamo novità”: “Lo sciame sismico c’è e lo sappiamo tutti, lo riferirò con piacere”, scandisce.
Il Governo fa il punto su Starlink e ribadisce che non c’è nessun accordo
Il Governo non ha ancora “siglato alcun accordo” con Space X per il sistema satellitare Starlink, sono solo in corso delle “interlocuzioni” per vedere di connettere le “aree più remote” del Paese e sono state avviate “delle sperimentazioni, sia in Lombardia, sia con “le sedi diplomatiche di Uagadugu, Dhaka, Beirut, Teheran e Bamakò” che “sono state dotate di antenne Starlink”, di cui nessuna però al momento risulta attiva. È questa in estrema sintesi la posizione del Governo espressa dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani durante il sindacato ispettivo nell’Aula di Palazzo Madama a proposito del “caso Musk” e dei timori che nutre soprattutto l’opposizione sul fatto che le comunicazioni italiane, anche le più segrete e riservate, vengano affidate a un privato e alle persone più vicine al presidente Usa Donald Trump.
Lo stesso che qualche giorno fa, come si ricorda anche in Aula, ha minacciato di “spegnere” i satelliti di Starlink” in Ucraina dicendo che in questo modo sarebbe “crollata la prima linea di Kiev”. La minaccia poi è rientrata, ma l’impressione lasciata nei politici di mezza Europa e in buona parte del centrodestra italiano è ancora molto forte, come si evince dai dubbi espressi in più occasioni da FI e Noi Moderati. Ciriani cerca di tranquillizzare gli animi e, rispondendo a tre interrogazioni di Pd e IV, assicura prima di tutto che il Governo “non intende emendare l’impostazione dei Piani PNRR sulle reti ultraveloci che, in particolare riferimento al Piano “Italia 1 Giga”, vedono la fibra ottica come la tecnologia di riferimento”.
Poi aggiunge che, avendo “ereditato un grave ritardo dai precedenti esecutivi rispetto ai Piani PNRR”, si stanno “profondendo tutti gli sforzi per recuperare terreno”. Ma, insiste, “non c’è stato” alcun affidamento di infrastrutture “critiche del Paese a Starlink” anche perché, “ogni eventuale sviluppo sulla questione sarà gestito secondo le consuete procedure”. Ciriani esclude, infine, che sia stato istituito a Palazzo Chigi un “tavolo tecnico operativo per lo studio della concessione a Starlink della gestione delle infrastrutture di connessione e telecomunicazione” di sedi diplomatiche o navi militari. “Dopo le sue parole” commenta il capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia “siamo ancora più preoccupati” perché “è evidente che il Governo tra Trump e l’Europa sceglie Trump”.