La Lega attacca Mattarella sull’Ue. Le opposizioni insorgono
Nel giorno della Festa della Repubblica arriva l’attacco della Lega al capo dello Stato Sergio Mattarella. L’affondo compare sui social firmato dal senatore del Carroccio Claudio Borghi: “È il 2 giugno, è la Festa della Repubblica Italiana. Oggi si consacra la Sovranità della nostra Nazione. Se il Presidente pensa davvero che la Sovranità sia dell’Ue invece dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso”. Queste parole vengono presto commentate in tv dal vicepremier Matteo Salvini: “Oggi so che è la Festa della Repubblica, non è la festa della sovranità europea. Cos’è la sovranità europea? Noi abbiamo un Presidente della Repubblica perché esiste una sovranità nazionale italiana. Io penso all’Europa come un insieme di stati sovrani, autonomi, liberi, indipendenti che insieme mettono in comune alcune energie, alcune forze. Però la sovranità nazionale è assolutamente fondamentale. Non mi arrenderò mai a un super-Stato europeo”.
Se dal Quirinale, prevedibilmente, non arrivano repliche o risposte, a esprimere solidarietà a Mattarella per gli attacchi è la gran parte delle forze politiche. A far più rumore quella che arriva da Antonio Tajani: “Siamo italiani ed europei, questa è la nostra identità. Questa è la nostra civiltà. Ogni scelta antieuropea è deleteria per l’Italia. Fa bene Mattarella a sottolineare la nostra prospettiva europea”, dice chiaro il vicepremier e ministro degli Esteri. Da FdI, invece, non arriva nessun commento alle parole del vicepremier leghista: la volontà è quella di non fare polemiche nel giorno della Festa della Repubblica. Dure le opposizioni: “È gravissimo e senza precedenti l’attacco arrivato dalla Lega e vorrei che la presidente del Consiglio si esprimesse e prendesse le distanze”, tuona Elly Schlein. “È una polemica indegna, richiedere le dimissioni del presidente Mattarella è una cosa non commentabile, talmente grave e talmente sconclusionata”, le fa eco Giuseppe Conte.
Sarcastico Carlo Calenda: “Salvini non ha molte cose: l’intelligenza per aprire un tappo ma anche la dignità e l’onore per rispettare il Presidente della Repubblica”, dice, mentre Matteo Renzi rivendica la scelta di Mattarella Presidente della Repubblica. “Via Salvini subito dal Governo” la richiesta che arriva da Avs. In serata è poi lo stesso Salvini ad abbassare i toni: “Nessuna polemica con il Presidente della Repubblica, come mai nessuna polemica con il Santo Padre, che invece da altri è stato criticato nei giorni scorsi. Non chiediamo le dimissioni di nessuno”. Poi, però, la Lega insiste: “La sovranità nazionale italiana viene prima di quella europea. Se dipendessimo da Macron e altri guerrafondai europei, saremmo vicini alla terza guerra mondiale. Viva la sovranità nazionale italiana, viva la pace”.
La Festa della Repubblica diventa una difesa della Costituzione
Il Paese festeggia i settantotto anni dalla nascita della Repubblica. Le più alte cariche dello Stato siedono a fianco sui Fori Imperiali per assistere alla tradizionale parata. Ciascuno, però, tra social e messaggi ufficiali, dà la sua interpretazione delle celebrazioni del 2 giugno. La premier Giorgia Meloni con un post ringrazia “chi, anche sacrificando la propria vita, ha reso l’Italia la Nazione che è”. Il presidente Sergio Mattarella, poco prima, invia un messaggio al Capo di Stato Maggiore della Difesa: celebrare, scrive, “richiama i valori di una Costituzione lungimirante e saggia, frutto della straordinaria rinascita che prese le mosse dalla lotta di Liberazione”. Poche righe, con cui il Capo dello Stato torna a insistere su due concetti più volte sottolineati nelle ultime settimane, da una parte, il decisivo contributo della Resistenza per la rinascita del Paese, dall’altra, la lungimiranza della Costituzione, che solo qualche giorno fa il presidente, citando Goria, aveva definito “la Carta del futuro”. Parole decise, che piombano in un match già infuocato tra gli schieramenti politici.
Al centro della disputa, in piena campagna elettorale, c’è lo scontro sulla Carta. Il Pd scende in piazza a Roma, alzando la voce sulle riforme del centrodestra, dal premierato all’autonomia differenziata. E così scatena l’ira della maggioranza. La ministra Maria Elisabetta Casellati affonda: “Fa orrore manifestare in una giornata simbolo di un’Italia unita”. Il centrodestra non ci sta. E si scaglia con forza sulla piazza romana chiamata dai dem: “La manifestazione della sinistra contro il premierato è uno schiaffo alla Repubblica”, insiste la vice segretaria di Fi Deborah Bergamini. Maurizio Gasparri parla di “scelta eversiva, un’offesa alla democrazia e al Capo dello Stato”. L’europarlamentare di Fratelli d’Italia Jacopo Fidanza parla di atteggiamento “strumentale e fazioso” del Pd. Dalla piazza di Testaccio, i dem suonano la carica e respingono le accuse della maggioranza: “Festeggiamo così la Repubblica, la nostra è una manifestazione ‘per’”, precisa la segretaria del Pd Elly Schlein. Che aggiunge: “Oggi è impossibile, ma è colpa della destra, parlare di Costituzione e Repubblica senza parlare della nostra contrarietà alla pericolosa riforma del premierato che indebolisce il Parlamento e il Presidente della Repubblica, scardinando l’equilibrio dei poteri a garanzia dei cittadini”. Duro anche l’intervento sull’autonomia differenziata: “Spacca il Paese, il principio dell’unità nazionale è messo a rischio”.
L’ex segretario Nicola Zingaretti, parlando dal palco di sanità e salari, incalza: “Difendere la Repubblica significa difendere la Costituzione, difendiamo la Repubblica contro le destre”. Anche dai territori monta la polemica: il sindaco di Milano Beppe Sala dichiara la sua contrarietà al premierato, il governatore Vincenzo De Luca torna a criticare le “iniziative che vogliono creare cittadini e territori di serie a e di serie b”. All’unità della Repubblica fa riferimento anche il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte che, nel celebrare il 2 giugno, lancia l’appello: “Difendiamo l’Italia unita da chi oggi vuole dividerla”. Dall’Alleanze Verdi e Sinistra arriva la “gratitudine” diretta al Presidente della Repubblica per le sue parole: “Senza la lotta di Liberazione dal fascismo non ci sarebbe oggi libertà e democrazia”, dichiara il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. Angelo Bonelli di Europa Verde alza il muro: “Difenderemo la Costituzione dalla destra”.
Da Testaccio Schlein attacca Meloni: non sono un jukebox
Da una piazza all’altra, Giorgia Meloni ed Elly Schlein spingono la lotta di quest’ultima settimana di corsa verso il voto. Per rispondere alla premier, Schlein non ha aspettato il comizio romano al Testaccio di chiusura della campagna nel Lazio. A metà pomeriggio, in tv, ha giocato la carta del rilancio. Meloni le chiede se anche lei pensa che il Governo non sia democratico? “La presidente del Consiglio inventerebbe qualunque scusa ogni giorno per distogliere l’attenzione degli italiani dalla questione sociale, salariale e della sanità pubblica. È un giochino che fa tutti i giorni. Ma io non sono un jukebox che parla al comando, è lei che deve dare risposte”. Dentro ci ha messo tutto, anche una frecciata al “sono quella stronza della Meloni” che la premier ha rinfacciato al governatore campano Vincenzo De Luca e che FdI ha ormai adottato quasi come uno slogan: “Ogni giorno Meloni ne inventa una ma agli italiani che fanno fatica ad arrivare a fine mese delle sue ripicche personali non importa nulla”. E comunque sì, se proprio lo deve dire, un po’ di preoccupazione per la tenuta della democrazia ce l’ha. È impossibile parlare di Costituzione e Repubblica senza parlare della nostra contrarietà alla pericolosa riforma del premierato che indebolisce il Parlamento e il PdR. Come siamo contrari all’autonomia differenziata, che spacca il Paese”.
Poi l’affondo: “La linea rossa è l’elezione diretta del presidente del consiglio. Scardina l’equilibrio fra i poteri. La democrazia è la possibilità dei cittadini lungo i 5 anni di incidere sulle decisioni di chi li rappresenta, col Parlamento” ma col premierato il Parlamento “è schiavo del capo del governo”. Il Pd è contro anche alla riforma della Giustizia. La segretaria ha ribadito che “Il Pd è un partito unito, compatto, plurale, che tiene insieme la speranza di costruire un’alternativa alla destra che governa il Paese”. Intanto c’è l’Europa: “Una cosa è certa: non saremo disposti ad accordi con la destra nazionalista. Né con Meloni, né Le Pen-Salvini” ed è “grave che von der Leyen voglia” governare cercando “anche i loro voti”. Dal palco del Testaccio, ce n’è anche per Matteo Salvini dopo l’attacco a Mattarella: “Vorrei che la premier si esprimesse e prendesse le distanze. Lo facciamo noi ringraziando il Presidente della Repubblica”. E poi, in chiusura di comizio, l’ultima stoccata: “Ho sentito un attacco arrivare dalla premier da Madrid, fra nostalgici della dittatura franchista, ognuno si sceglie le compagnie che vuole. Ha detto che la sinistra cancella le identità. Guardando questa bella piazza sono convinta che tutti siate molto orgogliosi della nostra identità antifascista come lo è la nostra Costituzione e l’Europa federale”.
Meloni rilancia: sarà referendum tra due visioni dell’Europa
Sabato Giorgia Meloni alle tre del pomeriggio torna a indossare i panni della leader di partito e il pubblico in piazza del Popolo a Roma per la chiusura della campagna elettorale lancia un’ovazione quando sul maxischermo risuona l’ormai celebre “sono quella stronza della Meloni”, detto al governatore della Campania Vincenzo De Luca, pochi giorni fa a Caivano. Tra toni alti, ammiccamenti e balletti, la premier chiede ai suoi di non lasciarla sola in questo passaggio che potrebbe “fare la storia”, anche perché una maggioranza di centrodestra in Europa, visto il “nervosismo” a sinistra, potrebbe essere obiettivo “meno lontano” di quanto si possa immaginare. Replicare il modello del centrodestra italiano, questo è l’intento, anche se i sondaggi lo continuano a indicarlo come scenario difficile. Ma all’Europarlamento “già si è visto”, non solo con Ppe, Ecr (i conservatori europei guidati sempre da Meloni) e parte di Id ma anche con “parte di Renew”, osserva Nicola Procaccini. Meloni dal palco non nomina Ursula von der Leyen, così come non nomina Marine Le Pen, l’altra “signora” delle eurodestre.
Non si sofferma proprio sulle alleanze se non per ribadire quel “mai con la sinistra” che scalda le migliaia di militanti e simpatizzanti arrivati a Roma. I ministri, da Carlo Nordio a Eugenia Roccella, si aggirano in maniche di camicia e cappellini per la piazza. Ci sono tutti, come i parlamentari e i candidati. “Sono convinto che sfonderemo” dice con slancio Andrea Delmastro, anche se quando si parla di percentuali nessuno si sbilancia. Per considerare la vittoria basterà “un voto in più”, uno “0,01% in più” delle politiche il mantra. Con l’asticella fissata quindi al 26% di diciotto mesi fa e il timore che la bassa affluenza possa essere penalizzante. “Dipende da voi, andate a votare”, ripete la presidente del Consiglio invitando a scegliere tra un’Europa “ideologica, centralista, nichilista, sempre più tecnocratica” e “un’Europa, coraggiosa, fiera, che non dimentica le sue radici”.
Basta “super Stato”, è la promessa di Meloni, ma un’Europa che “fa meno e meglio”, che fissa gli obiettivi, dall’energia alla transizione green, ma lascia “agli Stati la scelta” delle tecnologie. Mette in guardia dagli attacchi che continueranno ad arrivare da parte di quelle “forze della conservazione dello status quo che per decenni hanno bivaccato sulle spalle degli italiani”, davanti alle quali non bisogna “avere paura”. Avanti quindi con le riforme, a partire dal premierato, che “non va giù a Pd e M5S”. Ne ha per i Dem (“per loro c’è democrazia solo se comandano loro”) e per il movimento guidato da Giuseppe Conte, che ha mostrato “coerenza nel tradire tutte le promesse”. Rilancia la sua difesa di fronte agli “insulti” del governatore della Campania Vincenzo De Luca e poi passa a Schmit, che in un dibattito con gli altri candidati alla presidenza della commissione ha parlato dei conservatori come forza “non democratica”: “Elly, è una domanda semplice, condividi sì o no” l’affondo verso la segretaria del Pd.
A Milano Salvini invoca la pace e lancia Vannacci
“Siete tantissimi. È come avere davanti a sé una legione, la decima legione…” provoca il generale Roberto Vannacci, arrivato sabato a Milano insieme a Matteo Salvini per chiudere la campagna elettorale della Lega nel Nord Italia, dopo le polemiche per il video in cui invita a mettere ‘una decima’ sul simbolo del Carroccio in onore alla Decima Mas. Il generale parla prima di Salvini, che invece dallo stesso palco invoca la pace e assicura che l’Italia non manderà soldati in Ucraina o missili contro la Russia, con buona pace del “guerrafondaio Macron”. “L’8 e il 9 giugno sapete cosa fare: votate per la Lega e scrivete Vannacci sulla scheda”. “Al vostro segnale scateneremo l’inferno” aizza la folla il generale, citando Il gladiatore. Dalla guerra alla pace, con la musica di Bob Dylan a fare da sottofondo alle richieste di Salvini che annuncia “Nei prossimi giorni i gruppi della Lega alla Camera e in Senato proporranno dei documenti per impegnare tutto il Parlamento a rispettare l’articolo 11 della Costituzione, l’Italia ripudia la guerra”. Poi critica i “troppi” che in queste settimane “parlano a sproposito di guerra”.
Nel mirino come sempre ci finisce il presidente francese Emmanuel Macron e indirettamente anche il segretario di Fi Antonio Tajani per il veto del Ppe a Marine Le Pen. “Noi non abbiamo mai votato e mai voteremo Ursula von del Leyen. Se qualcuno nel centrodestra preferisce quel guerrafondaio di Macron a Le Pen non fa un dispetto alla Lega, ma fa il male degli italiani. Vogliamo il centrodestra unito anche in Europa”. Salvini ne ha per tutti, a cominciare da Elly Schlein: “Spero rimanga per 30 anni segretaria del Pd… la sua guida è la garanzia che per 30 anni la Lega sarà al governo”. Con Giorgia Meloni, invece, “governeremo a lungo questo Paese”, assicura omaggiando anche Silvio Berlusconi, “uomo di pace diffamato per 30 anni”. Manda un abbraccio anche a Giovanni Toti, nella speranza “che torni a fare il governatore della Liguria il prima possibile” e un messaggio di sostegno al Papa: “Evviva il Santo Padre. Evviva i simboli della cristianità”. In ogni caso la scena è tutta per Roberto Vannacci, accolto da Generale di Francesco De Gregori.
Camera e Senato
Nella giornata di oggi e per tutto l’arco di questa settimana Camera e Senato non si riuniranno per consentire alle forze politiche di poter partecipare attivamente agli ultimi giorni di campagna elettorale. Entrambi i rami del Parlamento riprenderanno i propri lavori a partire dalla prossima settiman