La Lega di Salvini blinda Zaia e spinge per il terzo mandato
La Lega fa quadrato attorno a Luca Zaia. Il dibattito sul terzo mandato dopo le polemiche dei giorni scorsi arriva sul tavolo del consiglio federale del Carroccio. “Totale sintonia e condivisione degli obiettivi fra Matteo Salvini, Luca Zaia e l’intero consiglio federale”, fanno sapere dal partito in occasione della riunione del parlamentino leghista convocata alla Camera, “il Veneto è un modello di buon governo apprezzato a livello nazionale e internazionale. Per la Lega, squadra che vince non si cambia”. Il leader del Carroccio Matteo Salvini rivendica che “in questi due anni e pochi mesi di governo la Lega è stata assolutamente leale in ogni votazione nei confronti del Governo e la stabilità del Governo italiano è un patrimonio che l’Europa ci sta invidiando e che ci sta premiando economicamente. Non si mette in discussione assolutamente un Governo che arriverà a tutti e cinque gli anni”. Ma poi mette i puntini sulle i: “Sicuramente un conto è il voto politico, altra cosa è la buona amministrazione locale. Se il buon governo della Lega e di Zaia in Veneto da anni è riconosciuto a livello internazionale, da tutti i punti di vista, metterlo in discussione per equilibri politici e per scelte romane non mi sembrerebbe utile”, “Sono sicuro che con gli alleati troveremo una quadra come abbiamo sempre trovato, e sono sicuro che nessuno voglia mettere in discussione uno dei governi più virtuosi d’Europa per mettere una bandierina da qualche parte”.
Sul terzo mandato la Lega è “assolutamente” tutta al fianco di Zaia, assicura ai cronisti il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dopo il consiglio federale della Lega, che alla domanda se si troverà la quadra con gli alleati risponde ottimista: “Ma si trova…”. Non le manda a dire poi il capogruppo al Senato e segretario della Lega Lombardia Massimiliano Romeo: “La Lega, ovviamente, essendo un partito del territorio, si vuole tenere le Regioni dove governa, il buon governo. È interesse della Meloni trovare una soluzione soddisfacente che faccia sì che gli alleati leali e collaborativi siano soddisfatti”. E dalla parte del no al limite dei mandati per i presidenti di Regione si schiera anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala: “Sono d’accordo con Zaia e sono d’accordo con De Luca. Anzi dico di più, questo limite non dovrebbe esserci nemmeno per i sindaci. In Europa nessun Paese ha i limiti di mandato a eccezione del Portogallo, noi dobbiamo sempre essere speciali?”.
Il consiglio federale della Lega ha anche espresso parere favorevole all’elezione diretta dei presidenti di provincia, in particolare la volontà di renderlo possibile in Sicilia già dalla prossima primavera. È un obiettivo previsto dal programma elettorale del presidente Renato Schifani e sarebbe finalizzato al miglioramento della manutenzione di scuole e strade. Sarà presentato un emendamento ad hoc alla Camera per migliorare il coordinamento tra i diversi livelli di governo per le tante emergenze da affrontare nella Regione Siciliana. Nel corso della riunione del massimo organo della Lega è stato rilevato anche l’aumento degli iscritti e degli eletti rispetto all’anno scorso: “I sindaci sono ormai diventati 500, più di 5.000 i consiglieri e gli assessori comunali, 150 i consiglieri e gli assessori regionali”, certificano dal Carroccio.
De Luca è chiaro: se la sentenza della Consulta non tocca legge mi candido
Vincenzo De Luca aspetta la sentenza della Corte costituzionale: se questa non inciderà sulla legge della Campania si candiderà, altrimenti “si costruirà un futuro”. È questo il senso del discorso che il presidente della Regione Campania ha fatto nella riunione con i leader della sua maggioranza in consiglio regionale, che si è svolta a porte chiuse. La Corte costituzionale si esprimerà probabilmente nei mesi di aprile o maggio sul ricorso fatto dal Governo Meloni nei confronti della legge regionale che la Campania ha approvato, adottando il limite di due mandati consecutivi del governatore, ma che parte da ora, aprendo quindi a De Luca la possibilità di candidarsi per la terza volta consecutiva. Una scelta che la coalizione nazionale del centrosinistra, da Pd a M5S a Sinistra Italia non appoggia, affermando che verrà presentato un diverso candidato in Campania.
Nel corso della riunione di ieri non ci sono stati interventi sul tema specifico da parte dei consiglieri regionali e dopo la presa di posizione di De Luca sono stati affrontati alcuni dei progetti in corso da parte della Regione e delle iniziative che devono partire. Il Pd nazionale intende imprimere una accelerazione nella scelta del candidato e del programma elettorale. Nei giorni scorsi la segretaria Elly Schlein ha ribadito che il partito non avrebbe appoggiato De Luca in caso di sua candidatura, mentre Marta Bonafoni, coordinatrice nazionale della segreteria del Partito Democratico, ha spiegato che “abbiamo capito cosa vorremmo fare insieme a De Luca, portare la Campania al dopo De Luca presidente, ma insieme al De Luca campano, politico esperto, popolarissimo”.
La maggioranza ottiene il primo ok alla separazione delle carriere
Primo via libera della Camera alla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati. Il voto (174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti) viene accolto dalla maggioranza con un applauso in Aula. “Un giorno storico”, “scriviamo la storia”, “una vittoria dedicata a Berlusconi”, esulta il centrodestra e, in particolare, festeggia Forza Italia. Del resto, la separazione delle carriere è da sempre uno dei cavalli di battaglia degli azzurri, fatto proprio anche dagli alleati. Non a caso, prima ad Atreju e poi nella conferenza stampa d’inizio anno la stessa premier Giorgia Meloni l’aveva inserita tra le riforme da portare a termine “con determinazione e convinzione”. Per Antonio Tajani è “un successo dedicato a Berlusconi”. Matteo Salvini (che la rivendica come “battaglia storica della Lega”) non ha dubbi: si tratta di “un passaggio fondamentale per arrivare ad una vera riforma della giustizia”. “Impegno mantenuto”, commenta soddisfatto il capogruppo di FdI Galeazzo Bignami. Per il sottosegretario Andrea Delmastro si è compiuta una “svolta epocale”.
L’intenzione, infatti, è fare in fretta per arrivare in tempi brevi all’approvazione definitiva, tanto che il Guardasigilli Carlo Nordio detta un timing abbastanza serrato, trattandosi di una riforma costituzionale che necessita di quattro letture in Parlamento: voto definitivo entro l’estate e referendum confermativo in autunno. “Cercheremo di farla correre velocemente. Credo che il percorso sarà rapido e confido che potremo chiuderla abbastanza velocemente”, conferma il Ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Oltre alla maggioranza, il ddl incassa anche i voti di Azione e Più Europa, mentre Italia viva, pur favorevole alla separazione delle carriere, contesta la norma sul sorteggio dei componenti laici e togati dei due Csm e si astiene.
Nettamente contrari Pd, M5S e Avs, che parlano di “provvedimento pericoloso che intacca l’autonomia della magistratura”. Se, però, il centrosinistra si divide nel merito della riforma, è al contrario compatto contro il metodo e per il nessuno spazio d’intervento da parte delle forze di minoranza; facile intuire che anche al Senato l’approccio della maggioranza sarà il medesimo. Dure anche le critiche dell’Associazione nazionale dei magistrati che ribadisce la “profonda preoccupazione per una riforma costituzionale che mette a rischio l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”.
Il Governo è lavoro per una legge quadro sul nucleare da presentare a fine mese
Il Governo approverà entro la fine di gennaio il disegno di legge quadro sul nucleare: la notizia, anticipata nei mesi scorsi dal Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto, è stata confermata da fonti del Governo durante la missione ad Abu Dhabi della premier Giorgia Meloni, conclusa oggi. La legge delega, nelle intenzioni, dovrà dare il quadro giuridico per autorizzare, costruire, gestire e controllare le centrali nucleari in Italia. Pichetto ha più volte sostenuto che, senza l’atomo, non è possibile decarbonizzare la produzione elettrica e garantire la sicurezza energetica al paese. Quanto ai due referendum del 1987 e del 2011, nei quali gli italiani si sono espressi contro il nucleare, il Governo ritiene che siano ormai superati: le tecnologie che sarebbero applicate in Italia sarebbero diverse da quelle bocciate dagli italiani visto che, al posto delle grandi centrali di terza generazione (quelle chiuse nel 1987), l’esecutivo punta sui piccoli reattori modulari di terza generazione avanzata (motori di sommergibili dentro cilindri) e sui reattori di quarta generazione, raffreddati a piombo liquido e alimentati dalle scorie delle vecchie centrali.
Il disegno di legge delega è stato preparato da una Commissione nominata dal Ministro Gilberto Pichetto e presieduta dal giurista Giovanni Guzzetta. Il testo definitivo è quasi pronto, e arriverà al Ministero nel fine settimana. Entro la fine del mese sarà portato in Cdm. Se sarà approvato dal Parlamento, toccherà poi al Governo emanare i decreti attuativi. Per questi ultimi, si stima che serviranno altri due anni. I primi reattori potrebbero cominciare a funzionare all’inizio degli anni trenta. La legge quadro indicherà le procedure per l’autorizzazione delle nuove centrali. La norma prevede un’Agenzia di controllo sul nucleare, per vigilare sulla gestione degli impianti e sullo smaltimento delle scorie. Il ddl riprende le best practice degli altri Paesi europei con più tradizione sul nucleare e punta a valorizzare le aziende e le competenze italiane nel settore. Sono previste misure per incentivare la ricerca e la formazione e una campagna informativa.
Cadono le bombe su Kiev durante la visita di Starmer e Crosetto
La morsa russa sull’Ucraina non si allenta. Lo hanno constatato personalmente anche Keir Starmer e Guido Crosetto, che arrivando a Kiev sono stati accolti dai boati delle esplosioni. Le missioni hanno comunque raggiunto il loro obiettivo, perché i rappresentati dei due Paesi alleati hanno assicurato a Volodymyr Zelensky che il sostegno di Roma e Londra non si ridurrà. Il premier britannico ha siglato un “patto dei 100 anni” con il leader ucraino, mentre il ministro della Difesa italiano ha sottolineato che “questo è il momento più importante degli ultimi tre anni per aumentare gli aiuti: sono venuto per parlare dell’undicesimo pacchetto, il decimo è stato già fatto”.
La difesa anti-aerea a Kiev, nel giorno della visita di Starmer e Crosetto, è stata chiamata a respingere un attacco di droni. Le esplosioni si sono udite anche durante l’arrivo del premier britannico nella capitale ucraina, al mattino. Quanto a Crosetto, si trovava a non più di 800 metri dal luogo in cui si sono stati avvertiti i boati dei missili. Crosetto è volato a Kiev una settimana dopo la visita di Zelensky a Roma, dove ha incontrato Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. Le autorità ucraine, anche in quest’occasione, hanno ringraziato l’Italia per aver assicurato il suo aiuto alla difesa dell’Ucraina: le forniture, ha sottolineato il ministro riferendosi anche ai sistemi di difesa anti-aerea, “hanno consentito a questo popolo di salvare magari una scuola, un ospedale, un’infrastruttura critica”. Ed il sostegno non si esaurirà.
I colloqui a Kiev hanno consentito di approfondire il dialogo “su una collaborazione tecnica anche nel settore dell’industria della difesa”, ha spiegato il Ministro, rimarcando anche le potenzialità del contributo di Roma alla ricostruzione del Paese. L’Italia guarda anche alla prospettiva della cessazione delle ostilità: “Sia il presidente del Consiglio sia il Ministro degli Esteri sia io abbiamo detto che ovunque scoppi la pace e serva un contingente italiano, il contingente ci sarà”, ha rimarcato: “Se sarà europeo, se sarà delle Nazioni Unite non sta a me dirlo, ma è un augurio che tutti ci facciamo”, ha aggiunto, nel solco di un dibattito occidentale avviato dal presidente francese Emmanuel Macron e che comunque va avanti, pur con le cautele e i distinguo tra i vari Paesi. Di truppe Nato schierate in Ucraina per proteggere un eventuale cessate il fuoco hanno discusso anche Starmer e Zelensky.