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Mattarella: mai come oggi fedeltà ai valori della Repubblica
A tre giorni dalle elezioni europee, considerate importantissime dal Quirinale, il presidente Sergio Mattarella parla all’Arma dei carabinieri lanciando un messaggio valido per tutti: “Il momento storico che l’Italia e l’Europa stanno vivendo sollecita più che mai i valori di fedeltà alla Repubblica e di abnegazione di cui l’Arma ha saputo essere interprete”. Sono i “valori” della Repubblica quelli dei quali parla il Capo dello Stato nel messaggio in occasione del 210° anniversario della fondazione dell’Arma, sono i valori della democrazia e della pace che sono sotto attacco e che la situazione internazionale mette in discussione. Il ragionamento è ampio e guarda proprio alle europee dove sono in gioco, come ha detto la premier Giorgia Meloni, “due idee dell’Europa”. L’8 e 9 giugno, per il Quirinale, è in gioco una posta altissima che segnerà il futuro dei cittadini per anni certificando o meno le possibilità di una maggiore integrazione delle istituzioni europee necessaria per avanzare nel percorso sognato dai padri fondatori dell’Unione come, per citarne solo alcuni, Altiero Spinelli, Jean Monnet e Robert Schuman. Non a caso in occasione del 2 giugno il presidente ha parlato con realismo del significato del voto sottolineando che “con l’elezione del Parlamento Ue si consacrerà la sovranità dell’Ue”. Una sovranità condivisa che è un principio chiave dell’Ue, nata per garantire la pace e la cooperazione tra nazioni che per secoli erano state in conflitto.
Le sue parole non sono piaciute molto alla Lega e in particolare al senatore Claudio Borghi che è arrivato per questo addirittura a chiedere le dimissioni di Mattarella; ospite di Mentana, è intervenuta Giorgia Meloni: “Io non lo avrei fatto, non sono d’accordo. Però è anche legittimo criticare”. Al di là di questa polemica, in tutta Europa il dibattito divide e disegna in effetti uno scontro tra due visioni contrapposte di Europa ma a livello istituzionale le idee sono più chiare come dimostra il forte appello al voto diffuso nelle scorse settimane da tre presidenti importanti, il tedesco Frank-Walter Steinmeier, l’austriaco Van der Bellen oltre naturalmente a Sergio Mattarella. Basta rileggerlo per capire le preoccupazioni che albergano ai vertici dell’Europa anche in relazione alla temutissima astensione prevista: il 2024 “sarà un anno cruciale per la democrazia in Europa e in molte parti del mondo. In un futuro non troppo lontano, potremmo arrivare a considerarlo come un anno decisivo che avrà stabilito la rotta per i decenni a venire”, hanno scritto i tre presidenti in una nota congiunta.
C’è fermento fra le destre europee, Afd punta a nuovo gruppo anti-Nato
La destra europea è in ascesa ma è anche un cantiere sospeso tra chi all’Eurocamera vorrebbe un gruppo unico e numericamente molto forte e chi, invece dopo essere stato clamorosamente cacciato cerca una nuova casa ancora più sovranista. È il caso dell’estrema destra tedesca di Alternative für Deutschland (AfD), che dopo essere stata esclusa dal gruppo Identità e Democrazia starebbe lavorando a una nuova formazione parlamentare per evitare di finire tra i non iscritti. L’obiettivo è la costruzione di un gruppo ex novo, posizionato a destra non solo dei Conservatori e Riformisti dove siede FdI ma anche di Id, un gruppo dalle spiccate aspirazioni anti-Nato e anti-Ue. L’espulsione da Id è arrivata su ordine di Marine Le Pen e con il placet della Lega e delle principali delegazioni nonostante i vertici di AfD avessero promesso di fare a meno del loro capolista Maximilian Krah. Al Parlamanento Ue AfD sembra puntare sull’ascesa di chi è ancora più a destra dei lepenisti o di Geert Wilders: si va dai polacchi di Konfederacja ai bulgari di Revival fino agli olandesi del Forum per la Democrazia, cui si aggiungono gli svedesi di Alternative for Sweden, gli slovacchi di Republic, gli ungheresi di Our Homeland, il partito agricolo greco. Sono formazioni piccole, ma potrebbero bastare.
Per formare un nuovo gruppo servono almeno 23 eurodeputati che provengano da partiti di sette Paesi diversi. Il documento fondativo, in fondo, già c’è. A Sofia, in un summit di fine aprile, hanno messo per iscritto la loro lotta al mercato unico “dominato dalle multinazionali”, al potere “dei burocrati di Bruxelles” e “per la fine della guerra in Europa”. Il gruppo potrebbe chiamarsi Vera Europa, in latino, o più prosaicamente Real Europe. A ostacolare la nascita del nuovo fronte potrebbero esserci le sirene di un gruppo unico delle destre e delle estreme destre. L’idea c’è, il rinnovato idillio tra Marine Le Pen e Giorgia Meloni la rende percorribile, il plauso dell’olandese Geert Wilders e di Matteo Salvini la rafforza; tuttavia, al momento resta un’idea. I membri di Ecr e di Id hanno spesso votato diversamente al Pe, hanno posizioni sensibilmente diverse sull’Ucraina. E gli stessi meloniani professano prudenza per l’unione di Ecr e Id. I polacchi del Pis, che co-presiedono il gruppo proprio con i meloniani, puntano innanzitutto ad allargare il fronte dei Conservatori e Riformisti e puntano sull’ingresso di Viktor Orban con Fidesz, della stessa Le Pen e dei portoghesi di Chega.
Dall’Albania Meloni rilancia l’accordo sui migranti
Giorgia Meloni difende i “670 milioni” stanziati su cinque anni per il Protocollo con l’Albania per la gestione dei migranti. E, aggiunge, “chi sostiene l’immigrazione incontrollata non a caso si oppone in modo deciso e feroce” all’intesa con Tirana che, annuncia, sarà operativa “dal primo agosto”. Il via era previsto il 20 maggio, ma “un obiettivo del genere val bene due mesi di ritardo”, sottolinea poi la premier parlando accanto al primo ministro Edi Rama dall’hotspot al porto di Shengjin. Gli agenti di Polizia hanno già attivato la sala controlli. Alla vigilia della visita della premier è stato ultimato l’allestimento, seguito dai militari del Genio dell’Esercito, dei due piani di container dove i migranti recuperati nel Mediterraneo verranno sottoposti a screening sanitario, identificazione, fotosegnalamento e potranno formalizzare la domanda di protezione internazionale. Là resteranno poche ore. Poi, chi non ha diritto ad approdare in Italia, verrà trasferito a Gjader nel centro di permanenza temporanea e rimpatrio. Nel breve sopralluogo con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e Rama, Meloni può vedere solo le mappe del progetto. Il ritardo, spiega, è “legato alla natura dei terreni di Gjader, un imprevisto che ha richiesto interventi di rafforzamento”.
Nei due centri la giurisdizione è italiana, un passo fuori è albanese. E sono infatti gli agenti locali della sicurezza a bloccare con la forza la protesta di Riccardo Magi, protagonista di uno scambio di battute al veleno con la Meloni al termine della cerimonia. È un “hotspot elettorale”, ironizza il segretario di +Europa, che, come il resto delle opposizioni, guarda con sospetto alla tempistica dell’inaugurazione. Il primo ministro albanese, dopo le polemiche, mette in chiaro che nel suo Paese “non esistono strutture mafiose come Cosa nostra, Camorra, ‘ndrangheta o Sacra corona unita”. E manda un messaggio ai “compagni della sinistra”: “Non so se l’accordo sui migranti sarà un successo o un errore. Se sarà un errore, sarà di cuore, non di calcoli malvagi”. Per la Meloni, Rama è stato trascinato in “una lotta nel fango tutta italiana” da chi vuole “attaccare il Governo” e lo ringrazia per aver reso possibile “un accordo di grande respiro europeo”, un modello dice, che “15 Paesi Ue chiedono di seguire”.
Salvini fa un endorsement a Trump. Conte attacca sull’Ucraina
Il segretario della Lega Matteo Salvini ha ribadito l’endorsement per Donald Trump: “Sono tra i pochissimi che auspicano una sua vittoria”. E poi ha rivelato: “Ci siamo sentiti, gli ho espresso la vicinanza per le vicende giudiziarie, che a molti italiani ricordano quelle di Silvio Berlusconi. Trump mi ha risposto ringraziandomi”. A far alzare il sopracciglio agli alleati della Lega è stato il passaggio successivo: “Conto di avere a breve, in estate, una missione negli Stati Uniti per rinsaldare l’amicizia tra Italia e Stati Uniti”. L’asse con Trump richiama per estensione la vicinanza fra l’ex presidente americano e il presidente russo Vladimir Putin e si riflette sugli equilibri interni alla coalizione al Governo in Italia, specie alla luce della posizione sulla guerra in Ucraina. Per Salvini “Se dovesse arrivare un altro decreto armi se non avremo la certezza assoluta che queste armi non possano essere usate anche per bombardare in Russia avvicinandoci alla guerra mondiale, non lo voterò”: una nuova frenata per smarcarsi dagli alleati. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito la posizione: “Non invieremo soldati italiani a combattere sul territorio ucraino e non autorizzeremo l’utilizzo delle armi italiane per colpire i russi fuori dal territorio ucraino”. Alle urne, il duello nel centrodestra si gioca comunque in quell’area.
Per il leader della Lega “Il mio obiettivo è superare il dato delle politiche, l’8,8%. Sopra forza Italia? Sì… rimanere la seconda forza del centrodestra”. Ma gli azzurri non fanno mistero di puntare a superare il 10% e Tajani scommette sui popolari: “Io faccio il tifo per il candidato indicato dal Consiglio che sarà sicuramente del Ppe”, ha detto per archiviare l’ipotesi Mario Draghi, che “non è candidato alla presidenza della commissione Ue perché nessuno l’ha candidato, l’hanno candidato i giornali”. Insieme alla premier Giorgia Meloni e ad altri Ministri, Tajani ha ricevuto una lettera da Ilaria Salis, candidata per Avs, che chiede di scontare i domiciliari nell’ambasciata italiana a Budapest per evitare “pericoli per la sua sicurezza”: dopo che è stato rivelato il suo indirizzo ha ricevuto minacce attraverso un sito neonazista. Il tema armi, comunque, attraversa tutti gli schieramenti. Con una gag a “Un giorno da Pecora”, il presidente del M5S Giuseppe Conte ha rimarcato le distanze dal Pd; chitarra alla mano, ha dedicato una canzone alla segretaria Elly Schlein: “La invito a cambiare posizione sull’invio alle armi”, ha premesso, prima di intonare “Il mio nome è mai più…”. Ma, sottotraccia, il lavoro per un’alleanza progressista continua. Per la leader del Pd “Siamo testardamente unitari. Sarà soprattutto l’esito delle amministrative a confortarci in questa direzione: in più dei 2/3 dei capoluoghi al voto abbiamo costruito alleanze anche col M5S, anche con Avs e altre forze del centro e moderate”.
Le opposizioni attaccano sulle liste attesa: solo uno spot elettorale
Il giorno dopo il via libera del Governo alle misure per ridurre le liste di attesa per visite ed esami le opposizioni, all’unisono, vanno all’attacco di Giorgia Meloni proprio mentre la premier con Rama visita una delle due strutture per i migranti in Albania. I soldi “li avrei messi più che volentieri” risponde piccata la premier, buttando le responsabilità nel campo avversario visto che “ci sono 17 miliardi” di “truffe sul Superbonus”, risorse che sono state “gettate dalla finestra, tolte ai malati per darli ai truffatori”. A dare il la alle polemiche l’assenza di nuovi stanziamenti nei due provvedimenti approvati in Cdm, un decreto-legge e un disegno di legge, che in effetti utilizza gli “oltre 500 milioni” già finanziati con l’ultima manovra proprio per le liste di attesa per “aiutare le Regioni”, per usare le parole che la premier ha affidato a un video sui social per spiegare le misure. Ci sono poi i fondi del Pnrr, che serviranno tra l’altro per aumentare le attrezzature tecniche delle strutture sanitarie, in particolare nel Mezzogiorno.
Con quelle risorse sarà comunque possibile intanto pagare di più, con una flat tax al 15% sugli straordinari, medici e infermieri che allungheranno i turni (anche il sabato e la domenica) per smaltire l’arretrato, ribadisce anche il ministro della Salute Orazio Schillaci, che promette un ulteriore intervento sugli stipendi con la prossima manovra e parla di una “defiscalizzazione di una parte delle indennità”. Plaudono all’iniziativa solo il governatore del Lazio Francesco Rocca e quello della Sicilia Renato Schifani; più freddi quelli leghisti di Lombardia e Veneto che pure, come spiegano Attilio Fontana e Luca Zaia, già si sono mossi da tempo per migliorare le performance della sanità. Le Regioni si prenderanno comunque “un paio di settimane”, spiega il coordinatore degli assessori regionali Raffaele Donini, per dare una valutazione dei due provvedimenti, che per ora attendono la bollinatura e il passaggio al Colle per essere inviati in Parlamento. Intanto dal Pd ad Azione, tutti i partiti di opposizione, con diverse sfumature, bocciano l’esecutivo che ha fatto “una mossa elettoralistica”, dice Elly Schlein.
Camera e Senato
Nella giornata di oggi e per tutto l’arco di questa settimana Camera e Senato non si riuniranno per consentire alle forze politiche di poter partecipare attivamente agli ultimi giorni di campagna elettorale. Entrambi i rami del Parlamento riprenderanno i propri lavori a partire dalla prossima settimana.