Giorgia Meloni rilancia sulla riforma: niente più giustizia a orologeria
Giorgia Meloni difende la riforma del Csm varata dal Cdm e attacca la giustizia a orologeria facendo riferimento al caso Toti: “mi piacerebbe in futuro che tra quando viene formulata una richiesta di misure cautelari e quando viene eseguita non passassero mesi per poi attuarla in campagna elettorale”, dice aggiungendo che quando “avremo un sistema così forse le cose funzioneranno meglio”. Rispondendo ad una domanda sulle critiche della Cei alla riforma del premierato, avverte: “Non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana, visto che la riforma del premierato non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Ma mi consenta anche di dire, con tutto il rispetto, che non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare”. Intanto, sono cominciate le manovre parlamentari sulla riforma della giustizia il cui esame partirà quasi sicuramente dalla Camera. E questo per un duplice motivo: il Senato, almeno per il momento, è ancora alle prese con il premierato e alla Camera sono già incardinati 4 disegni di legge sullo stesso argomento. Nel centrodestra vorrebbero che venisse assegnata solo alla Commissione Affari Costituzionali, che è presieduta da Nazario Pagano di FI. In quella sede ha preso il via l’esame dei 4 testi e “sarebbe logico continuare così trattandosi peraltro di un ddl costituzionale”.
Altri chiedono invece che l’esame sia condotto congiuntamente con la Commissione Giustizia che è guidata da Ciro Maschio di FdI. Del resto, si osserva, nelle “varie riunioni a Palazzo Chigi per mettere a punto il testo i due presidenti delle Commissioni Giustizia, Ciro Maschio e la senatrice e responsabile Giustizia della Lega Giulia Bongiorno, c’erano”. E sono stati coinvolti nella stesura del ddl, pertanto “non si capisce perché non debbano prendere parte all’ iter parlamentare”. In più, si aggiunge, “regge poco” la tesi secondo la quale “in I Commissione sono già state fatte le audizioni”, perché, si sottolinea, nel ddl del governo ci sono “questioni nuove” come “il sorteggio secco” e “l’Alta Corte” per i magistrati e “sarebbe meglio cominciare un nuovo corso” coinvolgendo anche la II Commissione. Sul punto interviene anche il deputato di Azione Enrico Costa che si appella al presidente della Camera Lorenzo Fontana (Lega) affinché la Commissione Giustizia sia “coinvolta nell’esame”. I prossimi giorni ci diranno quale sarà la decisione della maggioranza sull’iter del provvedimento.
Meloni e Le Pen si muovono in Europa e Orban le incorona
A meno di dieci giorni dal voto, il racconto delle prossime elezioni europee è ormai intriso di contrapposizioni. Il dialogo tra il Ppe e FdI sembra essere ormai travolto dall’avvicinamento di Giorgia Meloni e Marine Le Pen leader dell’opposizione francese, incoronato dal meno europeista dei capi di governo del continente, Viktor Orban. “Queste sono elezioni storiche. Fra 10 anni saranno viste come le elezioni che hanno deciso sulla pace o la guerra in Europa”, ha sottolineato il premier ungherese, secondo il quale “il futuro della destra è nelle mani di Meloni e Le Pen”. Orban e il suo partito Fidesz è il terzo elemento di un tridente che, secondo i rumors brussellesi, non troppo tardi potrebbe confluire in un unico gruppo. Al momento Meloni guida i Conservatori e Riformisti, Le Pen il gruppo di Identità e Democrazia, Fidesz permane nel limbo dei non iscritti. Da mesi, tuttavia, Orban chiede di entrare in Ecr e la sua causa, all’interno del gruppo, viene perorata dai polacchi del Pis. Parallelamente l’espulsione dei tedeschi di AfD da Id ha rimosso uno dei principali ostacoli all’unione dei due gruppi. L’ipotesi resta molto difficile, basti ricordare che nell’ultimo quinquennio Ecr e Id spesso hanno votato in maniera diversa.
Eppure, il risultato positivo delle elezioni e la necessità di rafforzare le proprie posizioni potrebbero rendere possibile l’impossibile. Il settimane Economist ha dedicato la sua copertina a Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Merine Le Pen. “Le tre donne che daranno forma all’Europa. Tre modi di affrontare il dilemma del populismo”, scrive il magazine britannico. Guardando al trend della campagna elettorale, tuttavia, la coesistenza delle tre leader al potere nell’Ue appare difficile. Più Meloni e Le Pen si avvicinano, più per la presidente della Commissione uscente diventa arduo far digerire alla maggioranza europeista la presenza di FdI. Se poi a incoronare Meloni c’è Orban allora la distanza diviene incolmabile. “Meloni è uguale a Le Pen, è un lupo travestito da agnello”, ha sottolineato il candidato del Pse Nicolas Schmit in un’intervista. Per la von der Leyen, tuttavia, contare esclusivamente sul voto di Ppe, S&D e Renew è un rischio.
Lo scrutinio segreto, in plenaria, potrebbe falciare la sua candidatura. Anche per questo continuano a spuntare eventuali piani b, a cominciare da quello di Mario Draghi. L’ex premier gode della stima di gran parte delle cancellerie europee ma, finora, ad averlo informalmente proposto è stata solo la Francia. Per Schmit la sua elezione “non rispetterebbe il sistema”, che prevede la distribuzione dei top jobs tra Ppe, socialisti e liberali. “Draghi non appartiene a nessuna famiglia politica, la vedo complicata”, ha osservato anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Se i sondaggi saranno confermati, il Ppe chiederà la presidenza della Commissione, i socialisti quella del Consiglio europeo, i liberali la poltrona di Alto Rappresentante. Ma se la candidatura di von der Leyen venisse bocciata questo cencelli comunitario rischierebbe di essere travolto.
Alla Camera le istituzioni ricordano Matteotti
L’invito è per il 10 giugno, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, quando ricorreranno i cento anni dall’omicidio di Giacomo Matteotti. Ma per la politica sarà anche il day after delle europee, e per Giorgia Meloni sarà praticamente la vigilia del G7. La premier starebbe ragionando sulla proposta, avanzata dalle nipoti del deputato socialista ucciso dopo aver sfidato Benito Mussolini, di un incontro proprio nel luogo dell’agguato. “Mi auguro una partecipazione anche degli esponenti del governo. Vorrei un incontro con lei” ha commentato Elena Matteotti. “Sarebbe l’occasione di un confronto civile e umano per avere conferme sulla posizione espressa oggi”. Docente di italiano agli stranieri, 67 anni, ne aveva solo tre quando per la prima volta comprese che “nonno era morto in maniera violenta”. Come ha raccontato, è successo in occasione di una delle commemorazioni a Roma, con Sandro Pertini e Giuseppe Saragat. Per tutta la vita la sua famiglia ha portato avanti la pesante eredità del “coraggio di esporsi”. Un messaggio celebrato dalle massime autorità dello Stato e dal Parlamento alla cerimonia a Montecitorio per il centenario del discorso con cui Matteotti denunciò dai banchi della Camera le violenze fasciste alle elezioni del 6 aprile del 1924.
A causa di “un impegno fuori Roma”, Elena Matteotti non ha potuto partecipare ma ha spiegato di aver “apprezzato” la dichiarazione della presidente del Consiglio: “Siamo qui a commemorare un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee”. Parole pressoché inedite. A scorrere gli archivi, la leader di FdI non aveva praticamente mai parlato in pubblico di Matteotti e della sua fine. Alla Camera c’era invece un’altra nipote, Laura Matteotti, seduta a pochi metri dallo scranno su cui d’ora in poi ci sarà la targa con il suo cognome e che nessun altro deputato potrà occupare. “Sono molto soddisfatta della cerimonia, soprattutto della lettura del discorso di mio nonno fatta dall’attore Preziosi”, ha detto. E le “piacerebbe molto se ci fosse un altro segnale, se ci fossero più segnali” da parte del governo nella cerimonia del 10 giugno.
I leader sono pronti per lo sprint finale in vista delle europee
I lavori parlamentari sono sospesi in vista dello sprint per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno. La prima a dare appuntamento a militanti ed elettori è Giorgia Meloni che sabato 1° giugno sarà in piazza del Popolo a Roma, per l’iniziativa di FdI dal titolo “Con Giorgia l’Italia cambia l’Europa”. La premier trascorrerà la prima parte del pomeriggio da leader di partito, per poi rivestire quelli istituzionali da presidente del Consiglio per partecipare al tradizionale ricevimento al Quirinale in vista della Festa della Repubblica. Al momento è l’unico evento elettorale in calendario, anche se non mancheranno interviste radio e tv. Punta tutto su piano casa e decreto autovelox Matteo Salvini che chiama la Lega a una “mobilitazione generale” in vista del voto. Il vicepremier sarà sabato a Milano insieme al generale Roberto Vannacci, che lo accompagnerà anche il 6 giugno a Roma. Lunedì, invece, tappa a Bari.
Sceglie Napoli Forza Italia. L’appuntamento con Antonio Tajani, parlamentari e militanti è per le 17.00 del 6 giugno in Piazza Matteotti. Per raggiungere la città partenopea, FI metterà a disposizione un “treno azzurro”, totalmente gratuito, che partirà alle 15 da Roma Termini e rientrerà in serata. Padova, invece, farà da scenografia alla chiusura elettorale del Pd, venerdì 7 giugno. La scelta di Elly Schlein non è casuale, perché, proprio a Padova, il 7 giugno del 1984, Enrico Berlinguer pronunciò il suo ultimo discorso pubblico, durante un comizio per le Europee di allora. La Schlein, che ha scelto il volto di Berlinguer come immagine per la tessera Pd del 2024, ha già invitato i suoi a “stare in mezzo alla gente” e si avvia a concludere il suo personale “viaggio per l’Italia” da circa 120 tappe. Oggi la leader dem sarà in Liguria, mentre sabato sono in agenda i comizi di chiusura a Milano e a Torino (che, con ogni probabilità, impediranno alla segretaria dem di essere presente al ricevimento del Quirinale). Domenica la chiusura romana, alle 18.30 in piazza a Testaccio, per una manifestazione a difesa della Costituzione e contro il premierato e l’autonomia.
“Chiuderemo la campagna elettorale del M5S il prossimo 7 giugno a Palermo”, annuncia, invece, Giuseppe Conte. Dalla Sicilia il Movimento lancia lo sprint finale “per portare in Europa dei costruttori di pace che facciano valere le ragioni degli italiani, le ragioni di chi dice no alla guerra e all’austerity, di chi combatte la corruzione e vuole diritti per tutti”, aggiunge. Il 5 giugno l’ex premier riunirà elettori e sostenitori al teatro Brancaccio con l’ultima replica de “L’Italia che conta”, il format con il quale ha girato i teatri d’Italia nelle ultime settimane. Chiusura a Roma, poi, per gli Stati uniti d’Europa. Il 7 giugno i candidati saranno in una piazza della Capitale insieme a Matteo Renzi ed Emma Bonino. Sfiderà FI anche geograficamente, invece, Carlo Calenda, con l’evento di chiusura previsto a Napoli in piazza dei Martiri. Scelgono il Piemonte, infine, in onore di Ilaria Salis, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni che saranno giovedì 6 a Torino per spingere la capolista di Avs nel Nord Ovest, che si trova agli arresti domiciliari a Budapest.
L’Ue aumenta i dazi sul grano Russo. Esulta il Ministro Lollobrigida
Dal prossimo 1° luglio aumentano i dazi Ue sulle importazioni di grano e cereali da Russia e Bielorussia. Bruxelles ha dato il via libera, forse un po’ tardivo visto che solo lo scorso anno sono state acquistati 4,2 milioni di tonnellate di cereali, semi oleosi e derivati, per la cifra record di 1,3 miliardi che sono finiti nelle casse russe. Ora, però, l’Europa sembra voler cambiare definitivamente rotta e la notizia viene accolta con molto favore in Italia. “La decisione dei ministri dell’Ue va nella direzione auspicata e sostenuta dal nostro governo”, commenta Francesco Lollobrigida.
“Grazie all’azione del presidente Meloni, l’agricoltura è tornata al centro del dibattito politico in Europa, fino ad approdare il 21 marzo tra i punti in agenda del Consiglio europeo. Pochi giorni dopo, al Consiglio Agrifish del 26 marzo, l’Italia ha portato una posizione chiara ribadendo la necessità di adottare la misura, che oggi è stata approvata, per tutelare i nostri produttori agricoli e rafforzare la stabilità del settore. Questo provvedimento, come ha confermato il commissario Ue per il Commercio, Valdis Dombrovskis, contribuirà a limitare le entrate della Russia e a contrastare le esportazioni illegali di grano sottratto all’Ucraina”. Il responsabile del Masaf assicura che “l’Italia è in prima linea per proteggere la nostra agricoltura e per difendere compattamente con le altre nazioni la legalità internazionale”.