Scoppia un nuovo caso Francia e pure la Spagna attacca il Governo Meloni
A una manciata di giorni dall’attacco alla Premier del ministro Gerald Darmanin, la Francia torna a criticare il Governo italiano sull’immigrazione. A farsene portavoce, dalle colonne di Le Figaro, è stato Stéphane Séjourné, capo del partito Renaissance e luogotenente di Emmanuel Macron in Europa. Dal fedelissimo del presidente francese è giunto un affondo soprattutto politico, diretto all’Italia ma, più in generale, a tutte le destre, dentro e fuori i confini transalpini: “Sui migranti Giorgia Meloni è ingiusta, disumana e inefficace”. Immediata la replica di Giorgia Meloni: “Non è ideale usarci per regolare i loro conti interni, però ognuno fa le scelte che vuole fare”. Eppure, con l’avvicinarsi delle elezioni Europee il rischio è che quella della migrazione non sia più una materia relegata alla politica interna. Séjourné all’Eurocamera, è capo dei liberali di Renew che, dopo il voto del 2024, potrebbero fare da ago della bilancia per la formazione di una maggioranza a Strasburgo, soprattutto se il dialogo tra il Ppe e le destre porterà a un’alleanza vera e propria. L’obiettivo di Renew è rompere sul nascere il sodalizio, diventando ingranaggio imprescindibile di un rinnovato asse pro-europeista tra Popolari e Socialisti europei. Poi, certo, ci sono i risvolti interni. La Lega è nel governo italiano e, allo stesso tempo, è la principale alleata in Europa dell’avversario numero uno di Macron Marine Le Pen.
“L’estrema destra francese prende per modello l’estrema destra italiana. Si deve denunciare la loro incompetenza e la loro impotenza. Meloni fa tanta demagogia sull’immigrazione clandestina”, ha spiegato Séjourné. “Non c’è un problema bilaterale con la Francia. Evidentemente hanno un problema di consenso interno. Non mi ci voglio infilare, capisco le difficoltà”, ha risposto la Meloni. Il ministro per gli Affari Ue Raffaele Fitto ha definito Séjourné “un’altra vittima” del nervosismo francese. Mentre Matteo Salvini ha attaccato: “Sono toni inaccettabili e offensivi. La Francia non può dare lezioni a nessuno”. Ma non è finita qui: nella stessa giornata in cui Parigi è tornata in trincea sui migranti, la Spagna del socialista Pedro Sanchez, prossimo presidente di turno dell’Ue e non lontano da una campagna elettorale in salita, ha puntato il dito sul welfare. La vicepremier Yolanda Diaz, battagliera leader del neopartito Sumar, in un dibattito parlamentare ha infatti sottolineato che, con l’ultimo decreto, “Meloni ha mostrato di voler governare contro lavoratori e lavoratrici” per “tornare” al modello dei “contratti spazzatura”. Anche in questo caso politica interna ed europea si sovrappongono. “Quelle italiane sono politiche di successo, Diaz non ha pudore”, ha replicato il leader degli ultraconservatori di Vox Santiago Abascal; da Roma è intervenuto il Ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Spiace che la vicepremier spagnola interferisca nella vita politica italiana dando giudizi inaccettabili sulle scelte del Governo. Le difficoltà elettorali del suo partito non giustificano offese a un partner e alleato europeo. Non è questo il modo di collaborare”.
Meloni conferma l’asse con la Repubblica Ceca di Petr Fiala
Giorgia Meloni è arrivata a Praga per ribadire la stretta ‘alleanza’ con la Repubblica Ceca di Petr Fiala, primo ministro che con il suo partito democratico civico (Ods) fa parte del gruppo Ecr presieduto dalla presidente del Consiglio. Molti i dossier sul tavolo della visita (terminata con l’incontro con il presidente della Repubblica Petr Pavel), nell’ottica di un fronte comune europeo, in primo luogo sui migranti. Italia e Repubblica Ceca hanno problemi simili di flussi irregolari: la prima sulla rotta del Mediterraneo centrale, la seconda sulla rotta balcanica. Per la Premier “Ormai è inevitabile affrontare la questione a livello europeo” con “la difesa dei confini esterni”, un lavoro sui “rimpatri” e “con i Paesi di provenienza e di transito per garantire un diritto che non abbiamo sempre garantito: il diritto a non essere costretti a scappare”. Su questo, l’Italia si aspetta “azioni concrete da parte della Commissione Ue che ci aspettiamo siano portate avanti prima del prossimo Consiglio Ue”. Sulla stessa linea Fiala che chiede “soluzioni rapide perché la situazione è preoccupante”. Meloni “ha fatto molte proposte in questo ambito e come Repubblica ceca le appoggiamo”, assicura.
Anche sulla nuova governance e sulla riforma del Patto di stabilità è possibile, per i due leader, fare un lavoro comune. Fiala, come Meloni, ha espresso dubbi nei mesi scorsi su un eccessivo allentamento dei vincoli agli aiuti di Stato. Per Meloni “Siamo d’accordo sul fatto che le nuove regole non possano non tenere conto delle grandi sfide che l’Europa si è data” sulla transizione verde e digitale, e “non possiamo non immaginare che con le nuove regole gli investimenti necessari per le transizioni”, ma anche per la difesa, “non vengano considerati”. Accordo, ha assicurato la Premier, anche “sulla flessibilità necessaria dei fondi esistenti, per non creare disparità nel mercato unico”. Sulla transizione energetica, Italia e Repubblica Ceca sono sulla stessa linea: sullo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035, ha detto Fiala, i due Paesi “lavorano insieme e cercano di far modificare questa proposta europea per ammorbidirne l’impatto negativo”. In tema di energia, Meloni ha ribadito la volontà di fare dell’Italia un “hub” di approvvigionamento per tutta l’Europa. Tra i temi al centro dell’incontro, oltre al sostegno all’Ucraina, anche i rapporti bilaterali, con un interscambio che nel 2022 ha sfiorato i 18 miliardi di euro: “Si può e intendiamo fare molto di più per il nostro interscambio a 360 gradi”, ha garantito Meloni.
Ultimi giorni di campagna elettorale per le amministrative
Ultimi giri di lancette per la campagna elettorale: domenica e lunedì si vota. I leader dei principali partiti hanno ormai lasciato i palazzi romani per tirare la volata finale ai candidati alle elezioni amministrative mentre i territori si preparano alle urne. E la geografia dei comizi finali è disegnata: per la chiusura il centrodestra replica la piazza di Ancona, la premier Giorgia Meloni, i vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, e il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi si avvicenderanno sul palco del teatro Morato di Brescia. Dal capoluogo marchigiano, che la coalizione spera di strappare al centrosinistra, l’azzurro Maurizio Gasparri ha suonato la carica: “C’è molta speranza, ottimismo addirittura, non a caso i tre leader sono venuti qui insieme nella bella manifestazione di lunedì”. Le traiettorie disegnate da Elly Schlein e Giuseppe Conte, invece, continueranno a intersecarsi senza mai trovare un palco comune. Per le ultime battute la segretaria Dem ha scelto la Toscana e soprattutto Pisa, la “swing city” da riconquistare con l’alleanza stretta con il M5S. Ma sarà anche a Siena, dove l’accordo non è andato a buon fine.
Il rush finale, per Schlein, era iniziato già un minuto dopo il faccia a faccia con la premier sulle riforme, quando ha lasciato Palazzo Montecitorio per sfrecciare verso Terni. Ha proseguito in Umbria, per poi scollinare verso Ancona. Qui ha attaccato il Governo su lavoro e migranti, ma anche sul caro affitti: “Di nuovo ribadiamo il sostegno agli studenti che si trovano in mobilitazione. Il Governo tenta di scaricare la responsabilità su altri, sono senza vergogna”. Anche Giuseppe Conte punta su una città da tingere di giallorosso, Latina. Giovedì completerà poi il tour del Lazio con Pomezia, e venerdì tirerà dritto verso la Puglia: in programma Altamura, Ostuni e Brindisi. Il leader di Azione Carlo Calenda, per la sua chiusura, condividerà la città, ma non la piazza, con il centrodestra: venerdì a Brescia, dove insieme a Italia Viva ha siglato un accordo con il Partito Democratico, sosterrà la candidata Laura Castelletti. Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, per l’ultimo giorno di campagna elettorale, ha scelto la Campania e in particolare un luogo simbolo come Pomigliano d’Arco.
La Lega frena sul presidenzialismo, FdI sull’autonomia
La Lega frena sull’elezione diretta del premier. All’indomani delle consultazioni tra governo e opposizioni, malgrado il tentativo del segretario Matteo Salvini di smussare i toni, i gruppi del Carroccio tengono il punto: “Il programma elettorale del centrodestra, quello su cui eravamo tutti d’accordo” ricordano diversi parlamentari” prevedeva l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Ora vediamo che Giorgia Meloni pensa all’elezione diretta del premier: se ne può discutere, a patto però di avere garanzie sul ruolo del Parlamento”. In effetti, se si va a spulciare il programma “L’Italia, domani. Programma quadro per un Governo di centrodestra” si legge, al terzo punto di 15, quello dedicato alle riforme, che la coalizione punta all’elezione diretta del Presidente della Repubblica e alla piena attuazione dell’autonomia e della legge sul federalismo fiscale, insieme a quella su Roma capitale. Ma è proprio sul tema dell’autonomia differenziata che dai rumors del Transatlantico emerge un clima di duello, per ora ancora sottotraccia, tra la Lega e Fratelli d’Italia.
I dissapori non vertono tanto sul testo, quanto sui tempi della sua approvazione. Com’è noto, il prossimo appuntamento elettorale di maggior rilievo nazionale sarà tra circa un anno, con le elezioni europee. Sarà un’elezione proporzionale con le preferenze, in cui, inevitabilmente, la lotta tra partiti, anche tra alleati, sarà all’ultimo voto. FdI, già ora, intende mettere le mani avanti, facendo capire che farà di tutto per scongiurare il rischio che la Lega possa arrivare alle urne avendo già incassato un primo voto a favore dell’autonomia. Uno scenario che infatti potrebbe aiutare molto il partito di Matteo Salvini a recuperare quei consensi, soprattutto nel Nord, che alle ultime politiche sono andati al partito di Meloni. Inoltre, questo scenario preoccupa ancora di più Via della Scrofa alla luce del fatto che per la data del voto è ovviamente certo che il percorso della riforma presidenziale sarà al massimo giunto a metà strada. Infine, il dibattito sulle riforme provoca nuove scintille anche all’interno del Terzo polo: al centro dello scontro tra Italia Viva e Azione l’intenzione annunciata da Carlo Calenda di voler coordinarsi con il resto delle opposizioni. Per Raffaella Paita (Iv) “Noi non faremo nessun coordinamento con il M5S: se Azione vuole questo, faccia pure. Noi siamo fedeli alla linea di chi ha votato per il Terzo polo: elezione diretta del premier e superamento del bicameralismo. Se Calenda ha cambiato idea anche su questo è un problema suo”.
La Cina in pressing sul rinnovo della via della seta. L’Italia temporeggia
La Cina va in pressing sull’Italia per il rinnovo dell’adesione alla Belt and Road Initiative ma la premier Giorgia Meloni prende tempo e da Praga afferma che la decisione non è stata ancora presa. “È un dibattito aperto, è una decisione delicata”, ha osservato la premier, ricordando tuttavia la contrarietà espressa a suo tempo verso “la scelta che fece il governo Conte” di aderire alla Via della Seta. L’Italia è stato il primo e unico Paese del G7 a farlo. Il nodo si sta avvicinando al pettine, la scadenza è alla fine dell’anno e le indiscrezioni sulla possibile disdetta da parte di Roma stanno innervosendo Pechino. Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha rimarcato che dalla firma del memorandum del 2019 i due Paesi hanno accresciuto i rapporti con una “fruttuosa cooperazione ed entrambe le parti dovrebbero attingere ulteriormente alla cooperazione legata alla Nuova Via della Seta”. Economia, commercio, produzione industriale, energia pulita e mercati terzi sono i settori di successo segnalati da Pechino e per questo, ha notato Wang, “è necessario che le parti si adoperino per garantire che i risultati delle crescenti relazioni portino maggiori benefici ai due Paesi e ai loro popoli”.
L’intervento del portavoce, all’indomani di un editoriale del tabloid nazionalista Global Times (“è interesse reciproco” di Cina e Italia “continuare ad approfondire la cooperazione”), è il segnale della massima attenzione della leadership comunista al dossier, mentre Pechino, nel mezzo delle crescenti tensioni con Washington e l’Europa, è impegnata negli sforzi per mostrare di non essere isolata. Della firma del 2019 gli scenari geopolitici sono stati stravolti e l’aggressione della Russia all’Ucraina, su cui la Cina mantiene una posizione ambigua, ha compattato l’Occidente. Il tema Belt and Road sarà in agenda al G7 dei leader della prossima settimana a Hiroshima, in Giappone. Martedì la Bloomberg ha riferito che l’Italia ha segnalato agli Usa l’intenzione di uscire dalla Bri quando Meloni ha ricevuto lo speaker della Camera americana Kevin McCarthy: pur se una “decisione finale non è stata presa”, il Governo italiano punterebbe sull’uscita. Un clima ben diverso dai toni che Xi riservò aprendo nel 2017 il primo Forum sulla Bri: poco propenso verso le citazioni straniere, il presidente menzionò per due volte Roma.