Tensione nel Governo sul Mes. Meloni rinvia il Cdm
Giornata ad alta tensione nel centrodestra e nel Governo, tra il Mes in Commissione alla Camera (con un inedito Aventino della maggioranza) e il caso Santanchè, il tutto condito dal rinvio a martedì del Consiglio dei ministri, inizialmente convocato per ieri pomeriggio. La giornata della premier è iniziata con un colloquio con il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, con cui ha discusso delle prospettive economiche e dello scenario generale dei tassi d’interesse; chissà se sul tavolo c’è stato anche il Mes, che solo l’Italia al momento non ha approvato. Proprio nelle stesse ore la commissione Esteri di Montecitorio adottava il testo base del ddl di ratifica del Meccanismo europeo di stabilità, partendo dalle proposte di legge presentate da Pd e Iv. A favore hanno votato le opposizioni, mentre il centrodestra non ha partecipato. “Tutto il centrodestra, da Meloni al sottoscritto” ha ribadito Matteo Salvini“ha sempre ritenuto che in questo momento il Mes non è uno strumento utile per il Paese. Sul Mes decide il Parlamento: se arriverà la discussione in Parlamento, lì si voterà”. Duro l’attacco della segretaria Pd Elly Schlein: “I partiti di maggioranza sono talmente divisi che non si sono presentati a votare sul Mes, non si era mai visto”; mercoledì “la maggioranza è andata sotto sul dl lavoro al Senato. Praticamente un Governo fantasma”. Ora il provvedimento passerà al vaglio per i pareri delle altre Commissioni prima di approdare in Aula il 30 giugno, un appuntamento, con la Meloni che sarà a Bruxelles per il Consiglio europeo, che si preannuncia come un passaggio pericoloso per la maggioranza e che si sta cercando di sminare con contatti sull’asse Camera-Palazzo Chigi.
In questo contesto, nel primo pomeriggio è arrivata la notizia del rinvio del Cdm: “La presidente del Consiglio era impegnata altrove e ci ha chiesto la cortesia di essere presenti tra qualche giorno, tutto qua. Non v’inventate problemi che non esistono, non c’è nessun problema politico”, ha assicurato il ministro per le Politiche del Mare Nello Musumeci arrivando a Palazzo Chigi per una seduta lampo sulle leggi regionali senza la presenza della premier. Qualche problema, però, rivelano altri esponenti del Governo, ci sarebbe stato, in particolare con Matteo Salvini, ancora sulla nomina del commissario per la ricostruzione dopo l’alluvione in E-R. Comunque sia, Meloni ha lasciato Palazzo Chigi subito dopo l’incontro con la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola; nel colloquio hanno avuto uno scambio di vedute sui temi al centro del prossimo Consiglio Ue, ma anche sulle prospettive europee a un anno dal voto. Tra i temi sul tavolo i migranti e l’economia, in particolare le nuove regole del Patto di stabilità.
Le opposizioni chiedono le dimissioni del Ministro Santanché
Bufera sulla ministra del Turismo Daniela Santanchè. Dopo il servizio di Report su Rai3 di lunedì scorso dal titolo “Open to fallimento”, le opposizioni chiedono le dimissioni e ipotizzano una mozione di sfiducia nei confronti della titolare del Turismo. La diretta interessata non ci sta e annuncia querela: “I responsabili della trasmissione televisiva erano stati preventivamente invitati a evitare di diffondere notizie non veritiere, purtroppo invano. Per questi motivi ho dato mandato ai legali di fiducia per le necessarie iniziative nelle opportune sedi giudiziarie”. A suo dire, “sono state rappresentate in forma del tutto suggestiva e unilaterale per fornire una ricostruzione dei fatti che risulta radicalmente non corrispondente al vero, ispirata esclusivamente dalla finalità di screditare l’immagine e la reputazione della sottoscritta presso l’opinione pubblica”. Al centro del servizio la gestione di due aziende, Ki Group e Visibilia, con testimonianze di lavoratori e fornitori storici; serve “una risposta puntuale della ministra Santanchè. Dipendenti non pagati, Tfr non erogati e cassa integrazione usata in modo fraudolento non sono accuse che possono essere lasciate cadere nel vuoto. Aspettiamo chiarimenti”, scrive su Twitter Carlo Calenda.
I gruppi di Pd, M5S e Avs della Camera chiedono che Meloni “riferisca su quanto sta emergendo sulla gestione degli affari poco chiara della Ministra Santanchè”; “Noi riteniamo che la Ministra debba dimettersi immediatamente”, le parole del deputato Pd Toni Ricciardi, cui si è unita anche Elisabetta Piccolotti dell’Avs. La richiesta di dimissioni è arrivata anche da altri dem, tra cui Peppe Provenzano, Enzo Amendola e Antonio Misiani. In questi mesi l’unica esponente del Governo costretta a dimettersi è stata Augusta Montaruli dal ruolo di sottosegretaria all’Università, dopo la condanna definitiva per l’uso improprio dei fondi dei gruppi consiliari del Piemonte dal 2010 al 2014. Invece, è rimasto al suo posto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, indagato dai pm di Roma dopo le polemiche scoppiate sul caso Cospito. La maggioranza fa quadrato: “Anche oggi l’opposizione chiede le dimissioni di un Ministro del governo Meloni. Certi esponenti della sinistra non si sono ancora resi conto che gli unici a essere dimissionati sono loro, dagli elettori”, dice Tommaso Foti, capogruppo FdI alla Camera.
In FdI si ragiona sulla candidatura di Meloni alle europee
Per ora il tema non è sul tavolo, ma che cosa faranno i leader alle Europee? Si candideranno? Il dibattito interno è iniziato sottotraccia anche in FdI: Giorgia Meloni, premier e presidente del partito, scenderà in campo? Intanto si studiano i precedenti: “Da premier lo fece Berlusconi, non lo fece Renzi”, ricorda chi ha approfondito il dossier. Per ora siamo alle fasi dei pro e dei contro, di sicuro la presenza di Giorgia Meloni come capolista alle Europee trainerebbe non solo il partito ma anche il progetto dei Conservatori. Il refrain è che in quel caso il presidente del Consiglio metterebbe la faccia sul cambiamento, puntando in prima linea a spostare gli equilibri Ue. La tesi ricorrente anche a Bruxelles è che dopo il voto verrebbe siglato un patto con il Ppe per la presidenza e la maggioranza, “ma i Conservatori, dopo che Meloni è diventata presidente del Consiglio, sono centrali in Europa e lo sarebbero ancora di più con lei in competizione”.
L’altra tesi, sottolineata da chi, invece, è dubbioso sull’eventualità di una tale candidatura, è che la premier potrebbe limitarsi a fare campagna elettorale in Europa e in Italia e non andare oltre: “Sarebbe al riparo da una competizione che coinvolge i partiti e non il Governo”, “Non credo che si candiderà, ma è presto per dirlo. La questione non è stata affrontata. Deciderà lei”, dice una fonte di Governo. Nel centrodestra l’appuntamento elettorale viene considerato il vero primo test dall’inizio della legislatura. C’è chi come Forza Italia che, di fatto, ha già iniziato la campagna elettorale, organizzando nelle scorse settimane la kermesse a Roma del Ppe e facendo partire l’iter che porterà al congresso. La presenza della premier come capolista alle Europee sarebbe destinata a influenzare la posizione degli altri partiti della coalizione; c’è, per esempio, chi sottolinea come con Meloni in campo Forza Italia potrebbe schierare Antonio Tajani e la Lega Matteo Salvini, uno scenario che se si verificasse vedrebbe la Premier e i sui due vice direttamente impegnati nella campagna elettorale come capolista dei rispettivi partiti. Un fatto inusuale ma ad oggi non affatto scontato.
Tajani cerca l’unità di Forza Italia in vista delle europee e del congresso
La ricostruzione di FI dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi è ufficialmente iniziata. Sarà il coordinatore Antonio Tajani, che sarà designato presidente reggente, a stabilire la road map, incontrando deputati e senatori azzurri. Il 15 luglio si riunirà il Consiglio nazionale che dovrà stabilire tempi e modalità di avvicinamento al congresso; l’assise si svolgerà nel 2024, probabilmente dopo le Europee che si terranno tra il 6 e il 9 giugno. L’appuntamento elettorale è il primo traguardo politico del dopo Cav: il superamento dello sbarramento del 4% costituisce, di fatto, il vero obiettivo degli azzurri. Il dentro o fuori a Bruxelles stabilirà il futuro del partito anche a livello nazionale, con possibili ripercussioni anche sul Governo guidato da Giorgia Meloni. Nel giorno in cui nell’aula della Camera si svolge la commemorazione del leader di FI scomparso lo scorso 12 giugno, dalla famiglia Berlusconi arrivano segnali di rassicurazione, da un lato, e partecipazione, sia pure indiretta, dall’altro. Ci sarebbe l’ok, infatti, per mantenere nel simbolo di FI il nome del Cavaliere e restano anche le garanzie economiche e le fideiussioni bancarie, anche se a controllare i conti sarà un uomo di fiducia di villa San Martino. Nuovo tesoriere del partito, infatti, sarà Fabio Roscioli, in passato avvocato di Berlusconi e uomo vicinissimo alla famiglia; prenderà il posto di Alfredo Messina, che diventerà membro permanente del Comitato di presidenza. Assente alla riunione dei gruppi, come pure alla celebrazione in aula, Marta Fascina: “Chissà se la vedremo mai più”, ironizza qualche parlamentare.
La deputata non avrà, per il momento, alcun ruolo ufficiale nel partito anche se gli uomini a lei vicini, a cominciare da Tullio Ferrante e Alessandro Sorte, continuano a marcare il territorio. E se Tajani continua a mettere in luce “il sentimento è di grande unità, di voglia di lavorare assieme” pur con “qualche differenza di idee”, è Licia Ronzulli, capogruppo di FI al Senato, pur senza fare nomi o agitare polemiche, a mettere alcuni paletti: “Siamo un partito che accoglie, riaccoglie e non respinge, ma serve una selezione”, dice intervenendo in assemblea, facendo i complimenti ad Antonio e Fulvio Martusciello per aver accolto nel gruppo azzurro a Bruxelles l’ex Pd Caterina Chinnici. Non solo: “Prendere tutti indistintamente perché abbiamo paura di morire non è in linea con la nostra storia. Chiediamo a chi arriva di avere un po’ di rispetto e di mettersi in fila”. Bene allora, per la presidente dei senatori e collaboratrice storica del Cav, che ci sia Tajani a guidare il partito in questo momento: “Antonio sa bene, lo abbiamo imparato stando a lungo a fianco del presidente Berlusconi, che la sensibilità necessaria per indicare una linea politica è qualcosa che si costruisce nel corso degli anni, non si improvvisa. In una fase così delicata, chi non ha ancora maturato questa esperienza non può pensare autonomamente di indicare a tutti il tragitto”.
Alla Camera
Dopo che ieri ha approvato il decreto sulle disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale, nella giornata di oggi l’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 9.30 sulla discussione generale del decreto lavoro, la deliberazione del Cdm in merito alla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali e la pdl sul Codice della proprietà industriale. Per quanto riguarda le Commissioni, oggi terrà seduta solamente la Lavoro con l’esame del decreto, approvato dal Senato, per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro.