Al via il G7 di Hiroshima. Nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia
I sette grandi della terra sono a Hiroshima per il G7 che inizierà oggi. Sul tavolo, l’inasprimento delle sanzioni contro la Russia e le misure di salvaguardia contro la “coercizione economica” da parte della Cina. I leader dei Paesi (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Canada) cercheranno di presentare un fronte unito contro Russia e Cina. “Per tre giorni parleremo tra di noi e con molti partner di ulteriori aiuti per l’Ucraina, sicurezza nel mondo e maggiore protezione del clima”, fa sapere il cancelliere tedesco Olaf Scholz. “L’Italia è una Nazione protagonista nello scenario internazionale e il nostro ruolo per affrontare le sfide presenti e future è fondamentale e imprescindibile: sarà un onore rappresentarla”, rivendica Giorgia Meloni, che alla vigilia del summit ha avuto un bilaterale con il primo ministro giapponese Fumio Kishida. A margine di un incontro con Kishida, Joe Biden conferma che il G7 si schiera a favore di “valori condivisi, tra cui il sostegno al popolo ucraino, che difende il proprio territorio sovrano, e la responsabilità per la brutale aggressione della Russia”.
Per il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan i colloqui dovrebbero concentrarsi sul rafforzamento delle sanzioni contro Mosca. Si tratta anche di “come evitare di aggirare le sanzioni”, spiega il cancelliere tedesco Olaf Scholz, assicurando che “la questione sarà risolta molto bene e in modo molto pragmatico”. Le ripetute minacce di Vladimir Putin di trasformare la guerra in Ucraina in un conflitto nucleare sono state condannate a gran voce dai leader del G7 e la visita programmata dai leader al Parco della Pace di Hiroshima ha messo in evidenza queste minacce. Kishida intende sollecitare un impegno per la trasparenza sulle scorte e la riduzione degli arsenali ma in un contesto di tensioni crescenti con le altre potenze nucleari, Russia, Corea del Nord e Cina, le speranze di un progresso in questo campo sono scarse. L’industria nucleare russa non sarà presa di mira nell’undicesimo pacchetto di sanzioni dell’Ue contro la Russia, sottolinea una fonte diplomatica Ue, precisando che nella dichiarazione finale ci sarà un riferimento alla necessità di rendersi indipendenti dal nucleare russo.
L’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia è stato proposto dalla Commissione europea lo scorso 5 maggio ed è ora in discussione tra gli ambasciatori dei 27. I Governi rimangono divisi sull’idea di colpire direttamente Rosatom, il colosso di stato russo fondato nel 2007, che controlla l’energia nucleare civile e l’arsenale di armi, oltre che essere l’attuale gestore della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia nell’Ucraina orientale. Si prevede che il G7 dedicherà gran parte delle discussioni alla Cina, e in particolare ai modi per proteggersi da possibili ricatti economici da parte di Pechino, diversificando la produzione e le catene di approvvigionamento, in un momento in cui il Governo cinese ha mostrato la volontà di ricorrere a barriere commerciali. Il Giappone ha invitato a Hiroshima anche otto Paesi terzi, tra cui importanti economie emergenti come India e Brasile, nel tentativo di conquistare alcuni leader riluttanti a opporsi alla guerra della Russia in Ucraina e alle crescenti ambizioni militari di Pechino.
È corsa contro il tempo in E-R. Martedì il piano del Governo in Cdm
Il Governo cerca di gestire nel più breve tempo possibile l’emergenza in Emilia-Romagna. La premier Giorgia Meloni continua a seguire l’evoluzione della situazione da Hiroshima, dove si trova per il G7, e incassa la solidarietà del primo ministro Fumio Kishida. Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto fa sapere che, insieme alla Regione, l’esecutivo valuterà la richiesta per il Fondo di solidarietà europeo. Intanto, nel Consiglio dei ministri di martedì prossimo verrà dichiarato lo stato di calamità e si risponderà ai primi interventi come il blocco dei mutui e delle riscossioni tributarie. Il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci porterà sul tavolo la proposta di uno stanziamento di 20 milioni di euro in aggiunta ai 10 già deliberati il 4 maggio e chiederà l’estensione dello stato di emergenza anche alla provincia di Rimini, che andrà ad aggiungersi a quelle di Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì-Cesena. Saranno poi varati decreti-legge sulla ricostruzione e sulla prevenzione strutturale: “siamo una nazione non propensa alla prevenzione, ci piace ricostruire invece che prevenire e per questo dobbiamo cambiare approccio”, spiega Musumeci.
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara chiederà l’istituzione di un fondo ad hoc per far fronte ai primi interventi a favore delle scuole che si trovano nelle aree colpite dall’alluvione, anche per consentire l’agibilità agli studenti. Il Guardasigilli Carlo Nordio ha già annunciato che proporrà il rinvio delle udienze civili e penali e la sospensione dei termini per gli adempimenti contrattuali e di tutti gli atti aventi forza esecutiva. Il ministero della Cultura ha individuato quasi quattro milioni di euro da stanziare per interventi urgenti di messa in sicurezza. “Stiamo valutando la disponibilità di ulteriori risorse per inviare personale specializzato di supporto e le necessarie strumentazioni per operare nei territori colpiti e in quelli più fragili”, dichiara la sottosegretaria Lucia Borgonzoni. Il governatore Stefano Bonaccini riconosce e apprezza la vicinanza ai territori colpiti: mercoledì è arrivato il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, giovedì il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto, oggi sarà la volta del capo della protezione civile Fabrizio Curcio.
A chi lamenta che il Cdm sarà convocato troppo tardi, risponde il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: “In questo momento il danno è incalcolabile, lo dicono tutti”. Non è solo un modo per dire “enorme”, ribadisce, “è che non è possibile calcolarlo ora, perché l’evento è in corso. Lo potremo calcolare nei prossimi giorni, fotografando i danni emergenti per programmare degli investimenti”. Nella prima ondata di maltempo, due settimane fa, la Regione aveva stimato danni per quasi un miliardo, cifra destinata senza dubbio a crescere. Nelle prossime ore, fa sapere il governatore, sarà stilato un documento unitario con i Comuni e le province coinvolti e con le parti sociali, da condividere con il Governo per “cercare la massima unità possibile”: “Avremo bisogno di provvedimenti straordinari. Serve una rigida, severa e importante pianificazione comune perché dobbiamo fare opere che aiutino nella prevenzione del dissesto idrogeologico”.
La maggioranza è divisa sull’abuso d’ufficio, ma la riforma si farà
Doveva essere la riunione risolutiva, invece quella che si è tenuta al ministero della Giustizia tra il guardasigilli Carlo Nordio e i sottosegretari sul primo pacchetto di riforme sulla giustizia da presentare entro fine mese al Consiglio dei ministri è stata ancora interlocutoria. La ragione è che non si è trovata la quadra sulla riforma dell’abuso d’ufficio indicata dal Ministro Nordio tra le priorità del suo programma, con il risultato di far slittare a successivi incontri da definire il varo dell’intero pacchetto, che contiene interventi per limitare la pubblicazione illecita delle intercettazioni e rendere la custodia cautelare in carcere “l’eccezione delle eccezioni”. L’impegno a presentare il testo per la fine del mese sul tavolo del Governo non dovrebbe però subire slittamenti: la revisione dell’abuso di ufficio “arriverà entro maggio in Cdm” assicura il vicepremier e leader della lega Matteo Salvini; il nodo se abrogare il reato che ha fatto nascere nei sindaci la “paura della firma” o limitarsi a modificarlo continua dunque a dividere la maggioranza.
Mentre Forza Italia è favorevole con il Ministro alla cancellazione dell’abuso d’ufficio, FdI e soprattutto la Lega frenano su questa ipotesi e preferirebbero si procedesse a una revisione del reato. Al Ministro una sponda la offre Azione: Enrico Costa ha presentato una proposta di legge per depenalizzare l’abuso d’ufficio e trasformarlo in una sanzione amministrativa. Si tratta di un reato usato come arma politica, “soprattutto nei piccoli Comuni dove le opposizioni, tutte, senza eccezione, invece di presentare un’interpellanza contro l’avversario politico, inoltrano un esposto alla magistratura”, spiega Costa in una conferenza stampa, una prassi che finisce con l’intasare i tribunali e bloccare l’attività amministrativa, come dimostrano i numeri citati nella proposta. Così il leader di Azione Carlo Calenda assicura a Nordio l’appoggio di tutto il partito se porterà avanti questa “grande battaglia di civiltà”.
Conte è pronto a lanciare l’operazione radicamento sul territorio
Giuseppe Conte punta all’accelerazione sul processo di radicamento del Movimento 5 Stelle nei territori, una necessità ancora più urgente all’indomani dei deludenti risultati ottenuti alle elezioni amministrative. In ambienti vicini ai vertici pentastellati si parla già di una serie di iniziative pronte a essere messe in campo da Nord a Sud. Si riparte, dunque, dai cento gruppi territoriali, il progetto fortemente voluto dal leader che fa ancora fatica a decollare. Nelle prime ore post-voto, le critiche della base hanno sottolineato proprio la lentezza nel far partire la macchina del consenso e dell’organizzazione nelle città, un meccanismo ancora farraginoso, ha fatto notare qualcuno in Transatlantico, che ha bisogno di essere oliato e velocizzato. Solo così si può portare a pieno regime la catena di trasmissione che dai gruppi territoriali arriva al vertice, e viceversa. Qualche lamentela è arrivata pure sull’efficacia del Comitato per i rapporti territoriali, che al momento fatica a dare ritmo all’intero progetto.
Giuseppe Conte, insomma, rilancia dopo aver ascoltato i malumori del suo Movimento, che guarda già al round isolano delle amministrative e ai ballottaggi in diverse città chiave: Ancona, come Vicenza, Siena e Massa, aspettano di capire se ci sarà il cosiddetto “apparentamento” tra pentastellati e Dem. “Dipende ovviamente dalle progettualità”, commenta il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri, e questa, si ragiona ai vertici, dipende proprio dal futuro radicamento che il Movimento saprà esprimere nei territori. Solo da battaglie e progetti comuni, città per città, potrà nascere il germoglio di future alleanze. Insomma, fino a quando il M5S resta un Movimento d’opinione, senza tessere e senza voti da spostare, è difficile attendersi che il leader possa esplicitare intenzioni di voto per quei Comuni in cui si gioca il secondo turno. “Una sensibilità nel campo progressista c’è”, sintetizza Silvestri, ma “l’importante è la forza dei progetti con cui vai in un territorio”.
Manca l’accordo sui gruppi parlamentari. Malumore dei riformisti del Pd
I malumori dell’area riformista del Pd continuano a bussare alla porta di Elly Schlein. Con una lettera aperta, gli ex parlamentari dem Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini hanno parlato di “rischio di un regresso” del partito “verso un antagonismo identitario”, spiegando di non volersi però arrendere a un “silenzio rassegnato”. Questi segnali fanno il paio con lo stallo nei gruppi parlamentari. I tre ex parlamentari hanno pubblicato un intervento su Repubblica.it, prendendo di mira l’atteggiamento della segretaria sulle riforme istituzionali: “Sembra tentata dal rifugiarsi sull’Aventino con il fallace argomento che non si tratterebbe di questione prioritaria nell’agenda del Paese. Tocca a noi riformisti un’aperta contestazione di una scelta che finirebbe per trasferire gratuitamente alla destra un patrimonio di riformismo istituzionale costitutivo dell’identità stessa del Pd”. La risposta è arrivata da Andrea Orlando, che ha sostenuto Schlein al Congresso: “Comincio ad essere un po’ infastidito da questo utilizzo del termine riformisti. Le riforme non solo le vogliamo tutti ma, forse, le abbiamo anche fatte, anche se non ci autodefinivamo riformisti. E alcuni che si definiscono riformisti di riforme ne hanno fatte pochine”.
Per gli assetti, le tensioni sono sui nomi: per la terza volta è stata rimandata l’assemblea dei gruppi che avrebbe dovuto eleggere gli uffici di presidenza, vicecapogruppo, tesoriere e via dicendo. Senatori e deputati si sono riuniti, ma hanno modificato in corsa l’ordine del giorno, per parlare degli strumenti con cui poter dare risposte all’emergenza maltempo: i fatti dell’Emilia-Romagna hanno cambiato le priorità. E poi l’accordo ancora non c’è: i vertici del partito hanno più di un dubbio sulla conferma di Piero De Luca nel ruolo di vicecapogruppo; a pesare sono le vicende del Pd campano e non a caso, dopo la polemica su tessere gonfiate e “cacicchi” che ha attraversato tutto il Congresso, fra le prime mosse di Schlein c’è stata la nomina del fidato Antonio Misiani a commissario del partito regionale. E in Transatlantico c’è chi fa notare come sullo sfondo ci sia anche il rapporto non facile fra la segretaria e il governatore della Campania Vincenzo De Luca. Lo stallo alla Camera si porta dietro quello al Senato, dove l’accordo sarebbe invece vicino: al posto del vicepresidente vicario Alessandro Alfieri, che lascia in quanto scelto come responsabile Riforme del partito, arriverebbe Alfredo Bazoli. I maldipancia dei riformisti, specie dei cattolici, hanno già portato a qualche addio, come quello del senatore Enrico Borghi passato a Iv. “Sono da evitare come la peste sia le scissioni ad opera di minoranze sconfitte in regolari Congressi” è la posizione espressa nella lettera da Ceccanti, Morando e Tonini “sia le sollecitazioni ad accomodarsi fuori rivolte da maggioranze inconsapevoli ed arroganti a chi non condivide la linea politica e le scelte del leader pro-tempore”.