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La Giornata Parlamentare. Ddl Sicurezza, Redditometro, Autonomia, Ballottaggi a Firenze, Bari e Perugia

In Ue il partito di Orban non andrà in Ecr e il Pd non guiderà S&D

Il partito di Viktor Orban, Fidesz, non entrerà nel gruppo Ecr, quello di Fratelli d’Italia, mentre a sinistra il Pd non guiderà il gruppo dei Socialisti e democratici, lasciando la presidenza agli spagnoli. Sono queste le due grandi novità sulla composizione del nuovo Parlamento europeo. Lunedì il gruppo capitanato dal partito della premier Giorgia Meloni aveva accolto undici nuovi eurodeputati salendo a 83 e diventando il terzo gruppo parlamentare, davanti ai liberali di Renew. Tra questi ci sono i cinque eletti del partito nazionalista rumeno Aur, una formazione recente in forte crescita, ispirata al nazionalismo della grande Romania comprensiva della Moldova, partito da posizioni xenofobe e no-vax e finito per propagandare idee pro-russe e anti-ucraine, tanto da finire nella lista nera di Kiev per azioni di disinformazione; al suo leader George Simion è impedito l’ingresso in Ucraina e Moldova ma è la sua posizione contro la minoranza ungherese ad aver scatenato la reazione di Fidesz: “Non condivideremo mai il gruppo con un partito del genere nel Parlamento Ue”, ha detto il capogruppo a Budapest. 

Ecr ha chiesto ad Aur di firmare una dichiarazione a favore del sostegno a Kiev e l’ha fatto: questa è “una linea rossa” per noi, ha riferito il co-presidente del gruppo Nicola Procaccini. Lo stesso dovrà fare Fidesz se dovesse chiedere di entrare in Ecr. Il punto è che il partito di Orban non ha mai fatto una richiesta formale e queste dichiarazioni sembrano pretesti per celare un probabile rifiuto di Giorgia Meloni. A oggi Ecr ha 83 seggi, ma questo è “per il momento, perché i numeri cambiano”, osserva Procaccini. Ieri, intanto, Renew è risalita a 81, accogliendo il partito belga Les Engagés, prima nel Ppe. Sul fronte opposto la novità è che il Pd rinuncerà alla presidenza del gruppo dei Socialisti e democratici e appoggerà la riconferma della spagnola uscente Iratxe Garcia Pèrez. Sarebbe questo l’esito della due giorni di incontri a Bruxelles tra la segretaria del Partito democratico Elly Schlein e la presidente uscente del gruppo S&D. 

Il Pd, forte dei suoi 21 eurodeputati, poteva aspirare alla presidenza del secondo gruppo più grande dell’Eurocamera (oggi a 136 seggi), avendo superato i socialisti del Psoe che si sono fermati a 20 seggi. Da una parte il risultato oltre le aspettative ha colto di sorpresa il Pd, dall’altra la decisione della leader spagnola uscente di ricandidarsi ha portato a questo scenario. In cambio il Pd potrebbe aspirare ad altri posti, come un numero maggiore di presidenze di Commissione. In attesa di sapere come si districherà la partita delle nomine Ue, alla Nato arriva il via libera a Mark Rutte come prossimo Segretario generale: dopo il sì di Ungheria e Slovacchia, è arrivato l’ok del presidente romeno Klaus Iohannis, che ha ritirato la sua candidatura. La nomina non avverrà prima della prossima settimana, sicuramente in tempo per il vertice di Washington del 9 e 10 luglio. Il premier olandese uscente prenderà il timone dell’Alleanza atlantica solo a ottobre, a meno che Jens Stoltenberg non decida di andare via prima. In ogni caso sarà al suo ultimo Consiglio europeo, forse quello decisivo per nomine, il 27 e 28 giugno.

Meloni condanna duramente la morte del bracciante a Latina

Aprendo la riunione del Consiglio dei ministri, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso una dura condanna su quanto avvenuto al bracciante di origine indiana Satnam Singh, che lunedì pomeriggio è rimasto coinvolto in un terribile incidente sul lavoro in un’azienda agricola a Latina. Il giovane, rimasto gravemente ferito, è stato abbandonato in strada ed è successivamente deceduto all’ospedale San Camillo di Roma. Il presidente del Consiglio ha espresso il suo cordoglio e quello dell’intero Governo per la tragica scomparsa e la sua vicinanza alla moglie, alla famiglia e ai cari di Satnam Singh. “Sono atti disumani che non appartengono al popolo italiano, e mi auguro che questa barbarie venga duramente punita”, ha sottolineato il presidente Meloni, dando la parola al ministro del Lavoro Marina Calderone che ha tenuto un’informativa in Cdm e ha illustrato le iniziative svolte in questi 20 mesi per combattere lo sfruttamento sul lavoro. Il lavoratore di origine indiana era entrato in Italia con un contratto di lavoro di nove mesi. 

Calderone ha ricordato che il Governo Meloni ha reintrodotto il reato di somministrazione illecita di manodopera, che punisce il somministratore e l’utilizzatore con la pena dell’arresto fino a un mese o l’ammenda di euro 60 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. All’intervento del Ministro è seguito quello del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha sottolineato l’impegno del Governo attraverso regole più rigide sulla condizionalità sociale, controlli più severi, riorganizzazione dei flussi d’immigrazione regolare, formazione nei Paesi di origine, anche sui diritti sindacali. I due Ministri hanno annunciato la riunione che si terrà oggi presso il ministero del Lavoro e che vedrà la partecipazione delle rappresentanze sindacali e datoriali e dei soggetti pubblici competenti.

Rimane la tensione, anche nella maggioranza, sull’autonomia

Non diminuisce la tensione dopo l’approvazione definitiva della legge sull’autonomia differenziata. Il provvedimento ora approderà sulla scrivania del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il consueto vaglio prima di essere pubblicata in Gazzetta ufficiale. Il Capo dello Stato, ovviamente, non si fa tirare per la giacca da nessuna delle parti in causa e analizzerà il provvedimento come avviene sempre alla luce dei criteri della Costituzione. Tre i deputati di FI calabresi che hanno disertato il voto sul ddl Calderoli e i dubbi del governatore azzurro della Calabria tengono ancora banco nel dibattito politico. “Mi sembra che per il modo in cui si è proceduto all’approvazione di questa riforma, di notte e di fretta, sia sempre più una bandierina da dare ad una forza politica” dice Roberto Occhiuto che a pochi giorni dai ballottaggi tira in ballo la Lega e alimenta le crepe nella maggioranza, il tutto in un clima di fortissima tensione tra centrodestra e opposizioni: il primo difende (seppure con distinguo) insieme al Governo la bontà della riforma e i partiti di minoranza pronti a dare battaglia fuori dal Palazzo lanciando il referendum abrogativo della “legge spacca Italia” che “aumenta le diseguaglianze tra i territori”. 

Il M5S va oltre e si rivolge direttamente a Sergio Mattarella chiedendo con i capigruppo al Senato e alla Camera, Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri, di rinviare la riforma alle Camere. Intanto, nel partito azzurro il dibattito sul ddl Calderoli rimane acceso. “Tutta questa preoccupazione del presidente Occhiuto non la condivido” precisa il presidente della Regione siciliana Renato Schifani nonché presidente del Consiglio nazionale di FI, sottolineando che “il testo è stato notevolmente migliorato con dei paletti correttivi anche grazie a FI”. Sulla stessa linea anche il capogruppo a Palazzo Madama di FI Maurizio Gasparri: “Al Senato FI ha dato un contributo decisivo per migliorare la legge sull’autonomia e introdurre meccanismi di garanzia per il Sud. L’ho precisato in questi giorni e lo ribadisce giustamente il senatore Mario Occhiuto, che fece in Aula a nome del gruppo del Senato di FI la dichiarazione di voto a favore del provvedimento, dopo aver dato un essenziale contributo al suo miglioramento”. 

Ora che l’autonomia è legge, le regioni del Nord amministrate dal centrodestra premono, con il Veneto e la Lombardia in prima fila, per acquisire le nuove competenze che fino ad oggi la Costituzione assegnava allo Stato. Ancora in attesa l’Emilia-Romagna con il suo governatore Pd Stefano Bonaccini, tra i primi a chiedere al Governo Gentiloni una maggiore autonomia per la regione, neo eletto a Strasburgo che ha definito il ddl Calderoli “un atto sbagliato e vuoto”. Viste le premesse, l’autonomia differenziata sarà uno dei temi al centro anche della campagna elettorale in vista delle prossime elezioni regionali per eleggere il nuovo governatore in Emilia-Romagna.

Il Governo accelera sul ddl sicurezza. Tensione con le opposizioni

Entrerà nel vivo solo la prossima settimana il ddl sicurezza, varato a novembre e ripreso in esame in settimana in Commissione alla Camera. Sono molte le misure contestate dalle opposizioni e il Governo dovrà, nel frattempo, sciogliere una serie di nodi riguardanti in particolare il pacchetto di proposte di modifica targate Lega. Gli emendamenti del partito di Matteo Salvini sono al momento tutti stati accantonati in attesa di un approfondimento, mentre sembra destinata ad avere il via libera la stretta sulla cannabis light contenuta in un emendamento del Governo. Le prime scintille sono già andate in scena mercoledì sui due articoli sui quali si è per ora concentrato l’esame; il primo riguarda il nuovo reato di occupazione abusiva di una casa altrui: si tratta, accusa la capogruppo pentastellata in Commissione Giustizia Valentina D’Orso, di “norme scritte malissimo, pericolosissime, volutamente indeterminate e che lasciano un enorme spazio di discrezionalità alla Polizia giudiziaria”. Polemiche anche sull’estensione del Daspo urbano previsto per le stazioni di trasporto pubblico anche a denunciati o condannati ma non in via definitiva negli ultimi cinque anni. 

Si tratta, ha puntualizzato però in Commissione il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, di misure che non prevedono il carcere e che sono “emesse dal Questore in maniera ponderata e legate alla possibile pericolosità sociale del soggetto”. Critiche sul provvedimento anche dal Pd che con il capogruppo in Commissione Giustizia Federico Gianassi parla di “norme pericolose che criminalizzano il dissenso”. A difesa del testo la relatrice di FdI Augusta Montaruli, che sottolinea come nel pacchetto siano previste anche norme a difesa degli agenti come “le aggravanti nei reati di violenza o minaccia e resistenza a Pubblico ufficiale”. Un tema che potrebbe invece vedere una convergenza bipartisan è quello delle bodycam per gli agenti impegnati nella sicurezza nelle manifestazioni di piazza o sportive. Sul tema ci sono infatti emendamenti sia della Lega che del Pd che sono stati per il momento accantonati. Si tratta però di una questione che non vede la maggioranza compatta. L’esame del provvedimento, in ogni caso, riprenderà martedì prossimo e il testo è previsto in Aula per la discussione generale giovedì 27 ma non è escluso che slitti alla settimana successiva. 

Il Governo interviene sul redditometro: cambia il concordato

Più tempo alle partite Iva per aderire al patto biennale con il Fisco e stop alle sanzioni per le imprese che confessano eventuali violazioni con il fisco. Sono alcuni degli aggiustamenti che modificano il concordato preventivo biennale e l’adempimento collaborativo, due degli strumenti su cui il Governo sta modellato il nuovo volto del fisco amico. Le novità sono contenute nel decreto correttivo che sarà anche il veicolo in cui “migliorare” il redditometro: ma questo avverrà in Parlamento, chiarisce il viceministro dell’Economia Maurizio Leo. Il decreto correttivo approvato dal Cdm introduce modifiche all’adempimento collaborativo, intervenendo anche sul concordato preventivo biennale e rivedendo il calendario degli adempimenti fiscali. L’obiettivo, per Leo, è “migliorare ulteriormente il rapporto di fiducia tra amministrazione finanziaria e contribuente”. In particolare, non ci saranno sanzioni per le imprese che ammettono, in via preliminare, eventuali violazioni con il fisco. Sono esclusi i casi di frode”, puntualizza il viceministro di FdI, per i quali “non ci sarà nessuno sconto sulle somme dovute allo Stato”. Altre modifiche riguardano gli adempimenti e i versamenti, con una ridefinizione dei termini e un potenziamento della precompilata e del cassetto fiscale. Vengono poi introdotte anche nuove scadenze per il concordato preventivo biennale. 

Inoltre, il concordato partirà soft, con una proposta del Fisco dimezzata nel primo anno, che poi salirà alla cifra piena solo dal secondo. L’obiettivo è quello massimizzare la platea, e quindi anche gli introiti attesi dal meccanismo su cui il Governo scommette per reperire risorse importanti per la manovra. Serve intanto ancora tempo per chiudere la partita sul redditometro: a distanza di un mese dal polverone sollevato dal decreto ministeriale che reintroduceva il meccanismo, poi subito stoppato, si concretizza lo scenario emerso nei giorni scorsi dopo il pressing di Forza Italia per abrogarlo con un emendamento al decreto coesione. “Chiaramente, come già concordato con il presidente Meloni e con le forze di maggioranza, il provvedimento sarà migliorato in sede d’esame parlamentare del decreto correttivo con il contributo di tutti”, annuncia Leo, che ringrazia il capogruppo azzurro in Senato Maurizio Gasparri per aver convertito l’emendamento in un ordine del giorno. Il cosiddetto redditometro comunque “non esiste più”, torna a ripetere Leo, “al suo posto è stato introdotto il nuovo accertamento sintetico 2.0, uno strumento che andrà a contrastare i grandi evasori in maniera chirurgica colpendo chi si nasconde dal fisco”. 

Ultime ore prima dei ballottaggi. Occhi puntanti su Firenze, Bari e Perugia

Domenica e lunedì ci saranno i ballottaggi in un centinaio di comuni. Ci sono sfide importanti, come quelle di FirenzeBariPerugia o Caltanissetta, con risultati che avranno un peso sul bilancio finale di questa tornata elettorale, e qualche scontro “minore” che, pur non spostando gli equilibri, si sta comunque conquistando qualche spazio di attenzione. La segretaria Pd Elly Schlein chiuderà la campagna nel capoluogo toscano, per dare man forte a Sara Funaro, uscita dal primo turno col 43,2% dei voti contro il 32,9% del candidato di centrodestra, l’ex direttore degli Uffizi Eike Schmidt. Il centrodestra nei giorni scorsi ha schierato una squadra di Ministri a Bari ma, per adesso, i leader di partito non hanno in agenda comizi nelle città al voto. Per esempio, il segretario della Lega Matteo Salvini è atteso in Veneto, a Montecchio Maggiore, per festeggiare col governatore Luca Zaia l’approvazione della riforma dell’autonomia differenziata. 

Punta invece sul Sud il presidente del M5S Giuseppe Conte, che chiuderà nella sua Puglia, a San Giovanni Rotondo, una scelta non casuale. La sfida non è al centro dell’attenzione di sondaggisti e analisti, ma ha una singolarità politicamente suggestiva: nel comune foggiano il duello è tutto interno all’area progressista, al costruendo campo largo. Per adesso, nessun appuntamento in programma invece per i leader di Avs e dei partiti centristi. Prima di Firenze, Schlein farà tappa in altre due città toscane: Pontedera, dove si sfidano il sindaco uscente Matteo Franconi sostenuto dal Pd, che per un soffio non ha raggiunto il 50% al primo turno, e Matteo Bagnoli del centrodestra (38%); e poi ad Agliana, dove il centrodestra è uscito in vantaggio dal primo turno con Luca Benesperi (47%), che ha superato Guido Del Fante (37%), sostenuto dal centrosinistra. 

Al ballottaggio, la sfida a Firenze è fra il campo largo e il centrodestra. La candidata del Pd Funaro ha infatti incassato il sostegno del M5S cittadino e l’endorsement di Stefania Saccardi, che aveva corso al primo turno per conto di Iv. Anche a Bari il campo largo ha aspettato il ballottaggio: Vito Leccese, candidato dal Pd, ha ottenuto l’appoggio di Michele Laforgia, che ha corso col M5S. Il centrodestra schiera Fabio Romito: al primo turno non è andato oltre il 29% (contro il 48% di Leccese), ma confida nella rimonta. Due donne in corsa a Perugia: il campo largo con Vittoria Ferdinandi e il centrodestra con Margherita Scoccia; primo turno sul filo di lana: entrambe intorno al 49%. A Caltanissetta Walter Tesauro, candidato del centrodestra, che al primo turno ha ottenuto il 34,4%, se la vedrà con la candidata di centrosinistra Annalisa Petitto (30,8%), che non ha ottenuto il sostegno del M5s. Ultimi comizi, poi sabato di silenzio elettorale.

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