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La fuga da Open Fiber dei manager di prima linea: ecco tutti i nomi. Azienda in crisi? Cosa farà CDP? Intanto, Macquarie tace

La crisi di Open Fiber si sta acuendo. Sembra sempre più una nave in preda ai marosi, che ha smarito la rotta. Cassa Depositi e Prestiti (CDP) dovrà ora correre ai ripari, prima che sia troppo tardi, facendo una riflessione su come l’azienda è gestita e sui cambiamenti da imporre a un vertice che si sta dimostrando non all’altezza della situazione.

Ci riferiamo innanzitutto alla fuga dei manager di prima linea (scappati via o invitati a farlo), perché si tratta di un vero e proprio esodo. Molti manager apicali hanno già lasciato l’azienda o stanno per farlo. Guarda caso si tratta però proprio quel gruppo di manager con maggiore esperienza che ha creato da zero un’azienda come Open Fiber, guardata sino ad ora come un piccolo gioiello in tutta Europa, capace di sviluppare per prima il modello wholesale only e portandola a valere quasi 8 miliardi.

Anche Salvo Ugliarolo, segretario generale Uilcom è dovuto intervenire lo scorso venerdì sulla crisi gestionale di Open Fiber facendo una dichiarazione inequivocabile “…È chiaro a tutti che Open Fiber non può più avere un ruolo centrale nell’operazione (si riferisce alla rete unica), non avendo più la credibilità necessaria a portare avanti questa operazione. Basti pensare all’incapacità gestionale mostrata dal suo management targato CDP, ai ritardi nelle aree bianche che si stanno accumulando e che continuano ad aumentare ed alle prime difficoltà nell’implementazione del piano per le aree grigie...”.

Analoghe preoccupazioni per l’attuale gestione di Open Fiber anche da numerosi addetti ai lavori da noi interpellati. Le cose non cambiano all’interno, da quanto ci riferiscono diversi dipendenti. C’è un profondo clima di disorientamento ed incertezza per il futuro, che contribuisce non poco allo stato di immobilismo dell’azienda.

Numerosi e di rilievo i manager che sono usciti in poche settimane: Stefano Paggi (responsabile della rete), Antonio Sannino (responsabile degli acquisti e del business development), Paolo Perfetti (responsabile dell’IT, Paolo Germiniani responsabile delle Investor Relation), Sabino Titomanlio (responsabile del Castomer Service), Andrea Colucci (responsabile Relazioni con i Media e Comunicazione), Giuseppe Di Gregorio (Responsabile del Procurement). Ancor più clamorosa, anche perché fatta passare sotto silenzio, è stata la recente uscita di Giorgio de Guzzis braccio destro operativo di Mario Rossetti, l’Amministratore Delegato di Open Fiber. De Guzzis era a capo del CEO Office ed è la persona che ha redatto materialmente il Piano industriale approvato lo scorso dicembre. Perché una persona così vicina all’AD ha deciso di andarsene? Forse non credeva più nel progetto, consapevole della difficoltà di realizzarlo? Oppure ha maturato qualche dubbio sulle capacità del top management di raggiungere gli obiettivi prefissati? Tutte domande che sarebbe utile porre direttamente all’interessato.

Una delle ultime riorganizzazioni aziendale, tra le tante che si sono susseguite una dietro l’altra, vede addirittura la Direzione regolamentare a capo anche del ‘Mercato residenziale’ ed è un dato che fa riflettere sul livello di confusione funzionale che si è creato all’interno dell’azienda. Ancor più evidente, se parliamo di un operatore che dovrebbe operare solo all’ingrosso, wholesale only appunto.

Nelle ultime settimane poi vi è stata l’uscita, anche questa clamorosa e a ciel sereno, di Simone Bonannini, Direttore marketing e commerciale. Si tratta senza ombra di dubbio di uno dei manager più stimati del settore in Italia. Open Fiber ha deciso improvvisamente di abolire la funzione commerciale e marketing. Il che desta qualche sospetto, se si considera il confronto commerciale con l’altro soggetto di mercato (TIM), con cui è in piedi la partita della rete unica. A pensar male si sa si fa peccato ma…

Quello che lascia più perplessi è che lo stesso l’Amministratore Delegato di Open Fiber, nominato da CDP, ha affermato in un comunicato stampa ufficiale dell’azienda che Bonannini ha raggiunto tutti gli obiettivi commerciali prefissati. Ma allora, se gli obiettivi sono stati ampiamente raggiunti, quali sono le vere ragioni di questa uscita?

In conclusione, in un contesto caratterizzato traiettorie operative poco chiare, viene da chiedersi cosa faccia o come la pensi Macquarie, visto che con il 40% dell’azienda dovrebbe iniziare a preoccuparsi, soprattutto se il sogno di una rete unica a guida Open Fiber dovesse, come sembra, svanire nel nulla.

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