Sono così, ma forse vorrei essere diversa. Quante volte abbiamo sentito dire o ci siamo ripetuti questa frase? Questo sta succedendo soprattutto negli ultimi tempi, in cui i social network stanno diventando i protagonisti delle nostre vite. Questi, infatti, stanno entrando sempre più prepotentemente nelle nostre esistenze, impattando sul nostro modo di essere e di fare. Nel mondo social si è vittima della cultura dell’emulazione in cui il nostro essere è determinato non da ciò che siamo, ma da come vogliamo che gli altri ci percepiscono attraverso una foto, un video, un luogo o ciò che indossiamo.
Le donne hanno una presenza significativa sui social media, tuttavia questi possono anche essere il luogo in cui le stesse sono vittime di abusi e discriminazioni. Ai giorni nostri, l’uso dei social ha condizionato la percezione che le donne hanno del proprio corpo e del proprio ruolo sociale. Fortunatamente, col passare degli anni, tali stereotipi e standard si stanno combattendo sempre di più, aiutando così ciascuna donna a sentirsi sicura nella sua autenticità.
Molti sono gli esempi a cui fare riferimento quando parliamo delle donne circa l’amore per il proprio corpo e l’accettarsi nonostante le imperfezioni come la modella Carlotta Bertotti (nata con un nevo di Ota evidente sul volto). Carlotta, con il passare del tempo, ha compreso che il trucco non poteva essere la soluzione, non era ciò che voleva e quello che lei considerava un’imperfezione poteva, invece, renderla un’icona di body positivity, sia nella moda che sui social.
Tramite la sua figura, è riuscita a far venir meno lo stereotipo della modella perfetta e mettere in mostra personaggi non stereotipati, unici e originali, a cui piace esprimersi attraverso l’immagine del proprio corpo e il proprio stile. Ora sui suoi social la modella è riconosciuta come sostenitrice di un’idea di bellezza imperfetta, influenzando positivamente soprattutto le donne più giovani in quanto esempio lampante di un uso dei social a favore della valorizzazione delle proprie peculiarità.
Spesso si afferma che, quando le donne raggiungono il successo, è una vittoria per tutti. Questo è anche lo slogan che è stato scelto da Facebook per accompagnare la campagna mondiale #SheMeansBusiness (“Donna significa Affari, Successo). Si tratta di un progetto di formazione rivolto a quante fanno o desiderano fare impresa, utilizzando i social network. La campagna #SheMeansBusiness segue il modello della staffetta formativa tramite la quale Facebook si occuperà di formare i coach del Mondo Digitale, che, a loro volta, provvederanno a istruire le imprenditrici coinvolte nel progetto.
Fino a qualche anno fa, la figura dell’imprenditore sembrava essere prerogativa maschile, tuttavia adesso la donna imprenditrice rappresenta una forza potente nell’economia globale. Le donne nel corso del tempo hanno dimostrato di essere capaci di creare, gestire e ampliare imprese con successo, nonostante siano ancora alte e numerose le barriere che incontrano a loro sfavore.
Un esempio è quello dell’estetista cinica, Cristina Fogazzi, la cui realtà ha fatto in modo che la stessa potesse diventare il terzo marchio di skincare in Italia, impiegando decine di donne e raccontando giornalmente sulle piattaforme social le difficoltà nel fare imprenditoria femminile in Italia, ma anche la soddisfazione di avere nella propria realtà produttiva salari competitivi, contratti di lavoro stabili, un team forte, oltre alla capacità di aver creato un ambiente in cui le donne impiegate non debbano scegliere tra lavoro e maternità.
Questo esempio fa comprendere come, spesso, ci siano donne che creano attività e prodotti che rispondono alle esigenze specifiche di donne e famiglie, diventando così fonte di ispirazione per le vecchie, ma soprattutto nuove generazioni e impegnandosi a far comprendere come le nuove imprenditrici siano capaci di raggiungere successo e capacità di leadership in qualsiasi settore.
Ciononostante, le donne imprenditrici incontrano ancora non poche difficoltà nell’ emergere rispetto agli uomini imprenditori, difficoltà dovute in particolar modo a discriminazioni di genere, accesso al credito e al capitale e mancanza di valida rappresentanza nei ruoli di leadership.
Fare imprenditoria non possiede come prerogativa quella dell’età che, come spesso accade, viene considerata uno tra i requisiti fondamentali e Martina Strazzer è un esempio. Imprenditrice, creator e contemporaneamente anche volto del suo brand di gioielli “Amabile”, la ventitreenne ha iniziato a porre le fondamenta della sua impresa due anni fa con 300 euro, nella sua cameretta. Oggi, ha un srl, venti persone che lavorano in azienda (età media 23 anni e un milione e mezzo di follower su TikTok, appassionati dei suoi prodotti.
Dimostrando come sia possibile creare un brand di successo partendo dal nulla ma spinti dalla volontà di arrivare e affermarsi, l’esempio di Martina ci fa comprendere come, al giorno d’oggi, i social media offrano la possibilità di raggiungere pubblico e clienti e siano quindi fondamentali perché un’idea nuova possa avere successo, come nel suo caso in cui il mondo dei gioielli viene legato alla forza della comunicazione e ai progetti sociali dell’attivismo. Il vero boom è infatti arrivato proprio quando i suoi video sono diventati virali su TikTok, piattaforma che più di altre permette ai giovani di emergere in quanto, soprattutto nel mondo del lavoro, questi tendono a essere più svantaggiati.
È chiaro che sia ancora necessario dare maggiori opportunità alle donne che, soprattutto negli ultimi anni, hanno visto aprirsi davanti una gamma di professioni lavorative molto ampia, tra cui la figura dell’imprenditrice. A tal proposito, sono disponibili vari percorsi formativi, come i corsi di Social Media Marketing di Digital Coach, che consentono di comprendere meglio le dinamiche di queste nuove professioni che coinvolgono piattaforme digitali ormai imprescindibili ma che insegnano soprattutto come sfruttarle appieno.
Sarà molto importante continuare a impegnarsi per combattere ed eliminare le barriere che ancora impediscono un’uguaglianza di genere nell’imprenditorialità, ma non c’è dubbio che attraverso la potenza dei social questo sembri un obiettivo più raggiungibile di una volta.