Prosegue il dibattito sul tema dell’audience televisiva nel nuovo scenario digitale, della sua frammentazione e della evoluzione inevitabile dei sistemi di rilevazione, avviato con l’articolo del Prof. Stefano Mannoni ‘Causeries. Nuove tecnologie e frammentazione dell’audience’
La notizia è arrivata – non a caso – subito dopo l’annunciato ingresso nel Cda della società più secretata d’Italia di due componenti di Sky ed uno di Discovery. Per la prima volta la Tv satellitare, da sempre tenuta fuori dalla sedicente Casa di Vetro, entra nella stanza dei bottoni dove si orientano i flussi pubblicitari televisivi, oltre 3 miliardi di euro, ma si influenzano anche le entrate delle pay tv decretando il successo o l’insuccesso dei programmi e dei suoi protagonisti.
Il progetto dell’Auditel di rinnovare la tecnologia di rilevamento degli ascolti è infatti la risposta all’avvio nel luglio scorso da parte di Sky di un proprio sistema, denominato ‘Smart panel’, per misurare l’audience delle sue emittenti attraverso un campione di 10 mila famiglie, dotate di apparecchi ‘set-top-box’, in grado di monitorare ogni tipo di consumo, anche streaming e on demand, che passa da Tv e Tablet.
Sarà vero o anche lo Smart panel rientra nel genere favolistico dei rilevamenti? Se in Italia avessimo più liberi ricercatori e meno accademici e giornalisti sudditi dei poteri forti potremmo già saperlo. E dovremmo già essere al lavoro per verificare l’attendibilità dei 20 mila meter Gtam Lite, che saranno collocati dalla società Nielsen – che per conto dell’Auditel gestisce il rilevamento – nelle case di 10 mila famiglie entro luglio del 2016, con l’ambizione al ribasso di registrare solo i canali sintonizzati senza rilevare i comportamenti delle persone.
Direi una vittoria per la sottoscritta che da quasi 20 anni denuncia – supportata da massime autorità competenti in materia – che l’Auditel registra con certezza solo apparecchi accesi, non dà infatti certezze sul numero di spettatori, né ha dato certezze sui canali sintonizzati fin quando nel 2010 sono stati sostituiti i vecchi meter che confondevano i segnali, per cui abbiamo avuto per 23 anni rilevamenti falsati anche nell’attribuzione degli ascolti alle varie reti, soggette sovente a sovrapposizioni. Senza contare i vizi nella composizione del campione, le manchevolezze dei comportamenti umani, le distorsioni nell’elaborazione dei dati grezzi e le devianze nell’uso di questi dati, tanto più approssimativi se riferiti a reti, programmi e fasce d’ascolto minoritarie.
Una vittoria di cui andar fieri se non fosse che la Nielsen ha la pretesa di ricostruire con metodo probabilistico il numero e il tipo di ascoltatori che sono davanti a quei televisori accesi sui vari canali. Se il meter Gtam Lite registra un programma di cartoni animati, su una Tv generalista o tematica, l’ascolto verrà assegnato ai due bambini presenti nella famiglia campione. Poco importa se in realtà è la vecchia nonna che accudisce i bambini a dormire di pomeriggio davanti alla Tv rimasta accesa sul canale scelto dai nipoti, che sono andati in un’altra stanza per fare i compiti o giocare al computer. Un esempio fra milioni di altri possibili – tratti dalla vita quotidiana ordinaria di tutte le famiglie – che invalidano a priori la ricerca della Nielsen per dare un’identità di maschio o di femmina, di età e di ceto sociale ai numeri anonimi registrati dal meter Gtam Lite e trasformarli in dati utili da scambiare sul mercato pubblicitario. Senza contare la banalizzazione del dato d’ascolto, per cui la Nielsen dovrà schedare secondo griglie prefissate i programmi Tv rivolti a bambini, giovani, adulti, anziani, donne o uomini, secondo vecchie teorie di genere superate dai tempi e contraddette dal buon senso.
A conti fatti, oggi abbiamo 5.666 famiglie Auditel dotate dei nuovi people meter Unitam, in grado di riconoscere la traccia audio del canale. A queste si assommano le 10 mila famiglie dello Smart panel, dotate di set-top-box. E da qui al 2016 si aggiungeranno le 10 mila nuove famiglie Auditel, dotate di meter Gtam Lite. Ben 26 mila famiglie ingaggiate per comporre la nuova geografia virtuale dell’audience nell’era digitale. A tutt’oggi, e sembra di capire fin oltre il 2016, non c’è prova che i dati Auditel, ma anche quelli del sistema autarchico di Sky, siano congrui né rappresentativi di alcunché che possa riferirsi alle reali scelte di ascolto dell’intera popolazione italiana, né ci dicono nulla sul gradimento di quanto visto e sulle attese del pubblico.
Basti dire che l’Auditel ha suddiviso fino allo scorso anno l’intera popolazione italiana in sei categorie: ‘aspiranti aggrappati’, ‘ritirati onnivori’, ‘protettivi interessati’, ‘volubili selettivi’, ‘eclettici esigenti’, ‘provinciali frivoli’, oltre al gruppo ‘minori di 14 anni’ e al gruppo ‘non classificati’ dove tutti dobbiamo sperare di essere stati confinati. Fino a sette anni fa tutto il pubblico era invece catalogato in donne (commesse, massaie, colleghe, raffinate, appartate 1,2,3), uomini (arrivati, impiegati, organizzatori, esecutori, avventati, accorti) e giovani (liceali, delfini, spettatori). E le nuove categorie di quest’anno sono: ‘sognanti’, ‘ragazzi evolutivi’, pre-elite progettuale’, ‘donne doppio ruolo’, ‘elite femminile’, ‘elite maschile’, ‘protagonisti’, lavoratore d’assalto’, ‘lavoro e svago’, ‘frizzanti’, ‘solide’, ‘resistenti’, ‘signore aperte’, maschio preculturale’, ‘signore equilibrato’, ‘anziano da osteria’, ‘insoddisfatte’, ‘pacate’, ‘non classificabile’.
Ci spiega l’Auditel sul suo sito che si tratta di “profili piscografici chiamati stili di vita”, collegati “a fattori psicologici e socio-culturali che integrano i classici criteri geografici e democratici”. Ci sarebbe da ridere se non fosse che il management televisivo decide la programmazione in base a queste categorie ‘indecenti’ anche in termini di marketing, per cui fiumi di denaro della pubblicità vengono convogliati per assecondare tale annientamento della personalità dei telespettatori. Dalle scelte televisive accreditate dall’Auditel o da Sky alle scelte di consenso socio-politico il passo è breve.