I video diventati virali di Teresa Mannino che simula in maniera egregia i tanti giorni dei nostri ragazzi chiusi in camera a “fare scuola” a distanza, da soli o insieme al genitore di turno che zoommava letteralmente dal seguire la call al richiamo delle tabelline, sono diventati una difesa umoristica delle nostre perplessità e delle nostre difficoltà nell’affrontare con audacia, non solo la trasformazione della Scuola in formato digitale ma il nostro stesso timore di avvicinarsi ad essa cambiando marcia di rotta: non più con gradualità ma tempestivamente, non più nel contenitore rassicurante delle aule, ma nella dimensione piccola di uno schermo che riflette poco l’empatia, l’ascolto, l’osservazione del motore trainante l’apprendimento ovvero la curiosità, il desiderio di conoscere, di allargare i propri orizzonti esplorativi sulla realtà circostante che oggi viene incapsulata anch’essa sullo schermo dando l’illusorietà di poterla controllare, gestire e monitorare con assoluta facilità con un semplice colpo alla tastiera del pc o scrollando le dita sullo screen del cellulare.
Telecamere spente, audio silenziati e la Scuola con impegno, dedizione, dovere è andata avanti, sostenendosi sempre al suo desiderio di fare, di segnare, come diceva Platone nel Fedro, l’anima giovanile aiutando talenti e passioni ad emergere per decollare poi nel mondo reale dove il fare è segno distintivo del pensare, del riflettere su come quel segno lasciato nell’anima possa dare costruttività e spessore al proprio percorso di crescita personale e professionale.
In quel “Ragazzi mi sentite?” viene riflesso sulla modellazione neuronale del sistema specchio, il desiderio dei bambini e dei ragazzi di essere ascoltati, non solo ed esclusivamente nelle materie di studio ma nei loro stessi vissuti emotivi, affettivi e relazionali di un tempo in DAD che ha modificato il loro stesso ruolo di studenti, che ha fatto evaporare il gruppo classe condensandolo nelle icone tonde dei vari account delle diverse piattaforme utilizzate, e ha “mutato” quello che in classe sotto l’osservazione di tutti, e soprattutto dello sguardo sensibile attento di insegnanti che desiderano lasciare il segno nell’anima dei loro studenti, sarebbe stato colto come grido di allarme di un disagio emotivo che il corpo, lo sguardo, lo scatto nervoso avrebbe fatto emergere in modo diretto senza la copertura dello schermo.
E oggi, alla chiusura di questo anno scolastico delicato e difficile, siamo costretti a fare il bilancio di chi si è arrestato, chi ha rinunciato a sforzarsi di imparare, chi mutando l’audio ha deciso di fermarsi di non studiare più, di abbandonare la scuola e con essa, molto spesso, i suoi sogni rispetto al futuro. La psicologia e le neuroscienze ci insegnano che quando si chiude un canale sensoriale ne viene potenziato un altro: se non si vede, si deve ascoltare di più.
Per questo a chiusura della scuola la DAD quella sigla ormai conosciuta da grandi e piccini, della DIDATTICA A DISTANZA, può con un gioco di parole essere riletta in Dare Ascolto Diadico in quella comunicazione a due vie tra chi parla e chi ascolta in cui si struttura da principio il linguaggio umano e il dialogo relazionale. Dalle parole alla relazione e allora oggi ASCOLTIAMO quello che i tanti bambini e i ragazzi ci dicono sulla loro esperienza didattica sullo schermo per pianificare, modellare plasticamente riformulare la RI-partenza della Scuola in formato 4.0. Senza l’ascolto della loro voce non si potrà mai costruire l’Home Page della Scuola Digitale Italiana (Volpi, 2021) e allora partendo da due voci diamo insieme, nell’ottica di una co-costruzione comunitaria, un quadro corale delle voci giovanili al tempo della DAD.
Riccardo (16 anni): “non ce la faccio ad essere interrogato mi viene il panico. Allora spengo mi metto muto ma i Prof. quasi tutti mi hanno messo due. Vorrei tanto poter parlare con loro e spiegargli le mie difficoltà ma tanto so che non mi capirebbero”.
Sara (14 anni): “Non vorrei più tornare a scuola, preferisco la lezione online che quella Live sto più serena, e mi viene meno ansia. Quando vado in Live il più delle volte mi sento male. I miei genitori pensano che non voglio più studiare ma in realtà è la realtà della scuola che ora mi spaventa”.
Bibliografia
Volpi B. (2021), Docenti Digitali. Insegnare e sviluppare nuove competenze nell’era di Internet, Il Mulino