Continua il giro di vite del Governo cinese sui propri giganti tecnologici, sempre più ambiziosi e spregiudicati nel loro obiettivo di far profitti e conquistare nuove fette di mercato. Stavolta, al centro dei grandi interessi economici ci sono finiti i minori, esposti secondo l’accusa a contenuti pornografici e violenti e cyberbullismo.
La Cyberspace Administration of China (CAC), l’ente statale che si occupa della regolamentazione di internet, dalla protezione dei dati personali all’antitrust, ha accusato tre piattaforme online di aver diffuso contenuti digitali vietati ai minori o non appropriati per leggi vigenti in Cina.
Sul banco degli imputati tre pezzi da novanta del panorama di internet asiatico: Kuaishou (servizio di messaggistica di Tencent QQ), Taobao (un gigantesco marketplace per le transazioni commerciali online consumer-to-consumer del Gruppo Alibaba) e Weibo (piattaforma di microblogging, un ibrido fra Twitter e Facebook).
Minori sfruttati ed esposti a contenuti violenti, le accuse alle Big Tech nazionali
Sette i problemi sollevati dal CAC nei loro confronti e che andranno rapidamente risolti “in nome della tutela della salute fisica e mentale dei minori”.
Prima di tutto l’aver invitato bambini a fare gli influencer, promuovendo valori sbagliati come l’adorazione del denaro e la ricerca forzata della stravaganza a tutti i costi per attirare follower, ma anche contenuti pedopornografici e violenti, cartoni animati a sfondo sessuale e aggressivo.
E poi ancora, il facile accesso a forum in cui si incoraggia il suicidio e sempre la pornografia, lo sfruttamento dei minori per raccolte fondi, il cyberbullismo e le misure nulle o inadeguate per contrastare la dipendenza da internet, patologia che affligge soprattutto i minori e i più giovani.
Le piattaforme, a quanto riportato in un articolo della BBC, sono state multate e invitate a risolvere la lista dei problemi entro una scadenza precisa, ma al momento non si hanno dettagli ne sulle sanzioni, ne sul tempo che gli è stato concesso per conformarsi alle richieste.
La Cina che cambia: internet non è un “Far East”, le nuove regole
Come spiegato molto bene nell’intervista fatta su queste pagine da Luigi Garofalo a Angela Zhang, esperta di diritto cinese ed autrice del libro “Chinese Antitrust Exceptionalism”, l’antitrust cinese è ormai entrata in azione in maniera molto seria nel grane Paese asiatico.
“Non credo che la Cina si stia comportando in modo diverso dalle attività regolatorie che Europa e Stati Uniti stanno adottando, perché queste azioni normative contro le società tecnologiche sono in realtà attese da tempo”, ha affermato la Zhang.
“La Cina ha adottato un approccio molto lassista nella regolamentazione del suo settore tecnologico e che ha facilitato la crescita esponenziale dei giganti tecnologici cinesi, ma allo stesso tempo questa deregulation ha causato molti problemi in termini di antitrust, di sicurezza informatica e problemi di regolamentazione dei dati. Quindi, considero l’azione del governo solo una risposta per affrontare tutte queste urgenti preoccupazioni normative”, ha spiegato bene l’esperta di diritto cinese.
Se inizialmente Pechino, per accelerare la crescita economica della Cina, ha di fatto chiuso tutti e due gli occhi su quanto facevano i suoi gioielli informatici e tecnologici, oggi le cose sono cambiate e in futuro cambieranno sempre di più, a favore di una regolamentazione di internet più rigida.
Ordine di Pechino: reprimere i monopoli
A marzo, ad esempio, l’amministrazione statale cinese per la regolamentazione del mercato (SAMR) ha dichiarato di aver multato 12 società per aver concluso 10 accordi che violavano le regole anti-monopolio.
Tra queste troviamo Tencent, Baidu, Didi Chuxing, SoftBank e una società sostenuta da ByteDance, ha precisato la SAMR in una nota.
Secondo l’emittente statale CCTV, il presidente Xi Jinping ha ordinato ai regolatori di intensificare la supervisione delle società Internet, con l’obiettivo ufficiale di reprimere i monopoli e promuovere una concorrenza leale.
A settembre in Cina entrerà in vigore anche la legge sulla cybersecurity, che infliggerà pesanti sanzioni in caso di gravi violazioni, tra cui la sospensione dell’attività, revoca delle licenze commerciali e sanzioni fino a 10 milioni di yuan (1,55 milioni di dollari).