Né censura né leggi vincolanti. Per provare a combattere le fake news sarebbe utile venire a conoscenza degli algoritmi con cui Facebook, Twitter, Google & Co selezionano e diffondono i post degli utenti. È questo uno dei cinque ‘rimedi’ contro la disinformazione online contenuti nel rapporto Final Report of the High Level Expert Group on Fake News and Online Disinformation, redatto da 39 esperti autonomi scelti della Commissione Ue, e consegnato alla commissaria europea al digitale, Mariya Gabriel.
Dunque, i membri del gruppo che hanno stilato il report, nella lista anche quattro italiani (Gianni Riotta de La Stampa, Federico Fubini del Corriere della Sera, Gina Nieri di Mediaset e Oreste Pollicino dell’università Bocconi) consigliano alla Commissione Ue di chiedere agli Over the Top (Ott) informazioni più trasparenti e pertinenti sul funzionamento degli algoritmi con cui selezionano e diffondono le notizie, ma anche le fake news. “Questa prassi consentirebbe agli utenti”, hanno scritto gli esperti nel rapporto di 44 pagine, “di capire meglio perché sulle loro bacheche si visualizzano determinati post e aiuterebbe anche gli editori a commercializzare meglio i loro servizi online”. “Come primo passo da compiere”, si legge nella relazione, “le piattaforme dovrebbero creare contact desk in cui i media possano ottenere tali informazioni”. In particolare in cooperazione con alcuni organi d’informazione europei, le piattaforme online sono anche invitate ad adottare misure efficaci per migliorare la visibilità delle notizie affidabili e attendibili e facilitarne l’accesso per gli utenti.
Mettere le mani sul ‘motore’ delle piattaforme del web fa gola a tutti, ma non sarà così facile, infatti gli stessi relatori auspicano ci siano questa disponibilità da parte dei giganti del web. Nel report non si parla di nessun obbligo in questo senso, si consiglia alla Commissione Ue “la redazione di un codice di principi che le piattaforme online e i social network dovrebbero impegnarsi a rispettare”. Nessuna proposta di legge vincolante anche perché tra i 39 esperti figurano i rappresentanti di Facebook, Twitter e Google. Forse anche per questo ‘conflitto d’interesse’ il rapporto commissionato dalla Commissione Ue è troppo soft nei confronti degli Ott, ai quali non si applicherà nessuna censura né norma ad hoc, ma si chiede autodisciplina e autoregolamentazione.
La Commissione Ue a caccia di ‘opzione concrete’ contro le fake news
“Questo rapporto è solo l’inizio del processo e alimenterà la riflessione della Commissione su una risposta al fenomeno”, ha dichiarato Mariya Gabriel, commissario europeo per l’economia e la società digitale. “La nostra sfida ora consiste nel fornire opzioni concrete che salvaguardino i valori dell’UE e giovino a tutti i cittadini europei”, ha concluso Gabriel. La comunicazione ufficiale sulla lotta alla disinformazione online sarà pubblicata dalla Commissione in primavera.
Le altre quattro raccomandazioni indicate dal rapporto per combattere la disinformazione online (“evitare deliberatamente l’espressione fake news, scrivono i 39 esperti, “perché inadeguato a rendere la complessità del problema della disinformazione, che riguarda anche la mescolanza di fatti reali e informazioni inventate”.):
- Promuovere l’alfabetizzazione dei media e dell’informazione per contrastare la disinformazione e aiutare gli utenti a navigare nell’ambiente dei media digitali;
- Sviluppare strumenti per responsabilizzare utenti e giornalisti per affrontare la disinformazione e promuovere un impegno positivo con tecnologie dell’informazione in rapida evoluzione;
- Salvaguardare il pluralismo e la sostenibilità dell’ecosistema dei mezzi di comunicazione europei.
- Promuovere la continua ricerca sull’impatto della disinformazione in Europa per valutare le misure adottate da diversi attori e adeguare costantemente le risposte necessarie.
Basterà tutto questo per avere la meglio sulle fake news? Considerate “un pericolo per la democrazia” dall’83% delle 26mila persone intervistate nell’Ue da Eurobarometro. L’indagine è stata allegata dal rapporto finale.
Sarà sufficiente conoscere i meccanismi alla base degli algoritmi per capire perché le “fake news si diffondono sei volte di più rispetto alle notizie vere”, come certificato dal più grande studio scientifico sul fenomeno condotto dal Mit e pubblicato su Science.
Riuscirà la Commissione Ue a trovare le “opzioni concrete” di cui parla la commissaria Gabriel per risolvere la disinformazione online? “Disinformazione che”, secondo Tim Berners-Lee, l’inventore del world wide web, “minaccia l’utilità sociale del web” caratterizzato da “poche piattaforme dominanti”. Berners-Lee ha scritto: “Quello che una volta era una ricca selezione di blog e siti web è stato compresso sotto il potente peso di poche piattaforme dominanti. Questa concentrazione di potere crea una nuova serie di guardiani, consentendo a una manciata di piattaforme di controllare quali idee e opinioni sono viste e condivise”.
(Qui è possibile leggere la lettera scritta da Berners-Lee in cui scrive che il Web è in pericolo, dopo 29 anni dalla sua nascita).