La Cina ha segnato un +4,9% nel terzo trimestre 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Un punto e mezzo in più su base trimestrale, secondo i dati diffusi dal National Bureau of Statistics.
Un dato che fa ben sperare Pechino, dopo il crollo verticale di quasi il 7% registrato nei primi tre mesi dell’anno, conseguenza inevitabile dell’impatto drammatico della pandemia di Covid-19 sull’economia del gigante asiatico.
“Alla base della ripresa c’è l’incremento degli investimenti e il miglioramento del dato delle esportazioni”, ha spiegato Louis Kuijs, esperto di economia asiatica per Oxford Economics.
Cina e pianificazione della crescita
La spesa in infrastrutture, macchinari e attrezzature è cresciuta del +0,8% nei primi nove mesi del 2020, rispetto al +0,3% nel cumulato gennaio-agosto. Un risultato giudicato molto positivamente dagli esperti, perché la ripresa “post Covid-19” inizia a concretizzarsi.
Una crescita inferiore rispetto a quanto stimato da Oxford (+5,3%), per il rallentamento degli investimenti in infrastrutture degli ultimi mesi e la debolezza della spesa in settori chiave per il rilancio del Paese, che però è aumentata nel manifatturiero del +6,5%.
Nonostante questa fase di debolezza degli investimenti, i dati dell’NBS hanno riportato un aumento della produzione industriale nel settore manifatturiero (+7,6%) e delle utility (+4,5%) in Cina, del +6,9% su base annua.
In questo caso, un risultato leggermente migliore (+1,1%) rispetto quanto prospettato a Bloomberg a primavera (+5,8%).
Altro fattore che ha inciso profondamente nel risultato trimestrale è la ripresa dei consumi, con un +3,3% nel retail.
Anche il Fondo monetario internazionale crede nella forza dell’economia cinese, con una crescita stimata del +1,9% per il 2020, in rialzo del +0,9% rispetto quanto prospettato a giugno, e un’ulteriore +5,2% per il 2021.
Una buona performance per l’economia cinese, che continua a mostrarsi solida, anche più solida di molte altre economie concorrenti (che ancora lottano contro gli effetti negativi del virus su imprese, industria, consumi e occupazione), e questo, molto probabilmente, è frutto di una pianificazione economica e finanziaria di ampio respiro, che manca quasi del tutto in altri Paesi, anche i più ricchi.
Digitale e high-tech driver della ripresa
A giugno 2020 il Primo ministro cinese, Li Keqiang, aveva scommesso pubblicamente sul rilancio delle infrastrutture come driver per la ripresa economica del Paese, con l’obiettivo di generare tra 1.500 e 2.000 miliardi di dollari di spesa in cinque anni, con la volontà di attrarre anche capitali stranieri.
In particolare, si parlava di industria, nello specifico di nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale, dai big data, dall’industrial internet, dalle nuove reti (smart grid) per l’elettrificazione, dalla mobilità autonoma ed elettrica, fino al 5G, tecnologia abilitante tutte le altre.
“In momenti di crisi, investire in progetti infrastrutturali come questi è il modo più rapido per stimolare la spesa interna e creare nuovi posti di lavoro”, ha spiegato Kelly Hsieh, analista per TrendForce.
Solo gli investimenti in reti 5G, data center e high tech dovrebbero raggiungere i 2.500 miliardi di dollari entro il 2025.