Un nuovo rapporto getta luce su quanto possa essere difficile isolare un paese grande come la Cina da qualcosa di così piccolo come un chip.
Secondo un report di Reuters l’anno scorso dozzine di entità – tra cui “corpi militari cinesi, istituti di ricerca sull’intelligenza artificiale gestiti dallo stato e Università” – sono riuscite ad acquistare “piccoli lotti” di chip Nvidia soggetti a restrizioni da parte del Governo degli Stati Uniti.
Secondo le informazioni raccolte i chip sono finiti, ad esempio, all’Harbin Institute of Technology e alla University of Electronic Science and Technology of China, due entità soggette a severe restrizioni sulle esportazioni statunitensi perché accusate di essere legate a questioni militari o affiliate a un organismo militare contrario all’interesse nazionale degli stati uniti d’America.
A Maggio 2022 l’Harbin Institute of Technology sarebbe entrata in possesso di 6 chip NVIDIA A100 mentre la University Of Electronic Science and Technology of China avrebbe acquistato un A100 durante Dicembre 2022. I primi sei chip sarebbero stati utilizzati per addestrare un modello di intelligenza artificiale attraverso deep learning.
Uno degli elementi di maggior interesse della questione rimane l’identità dei fornitori che non hanno rispettato le limitazioni imposte. Secondo quanto dichiarato dai portavoce di Nvidia l’azienda americana non ha idea di chi siano i fornitori ma è certa che non siano parte del gruppo di rivenditori autorizzati, che sono stati controllati dall’azienda stessa.
Le ipotesi siano la nascita di un mercato clandestino che attraverso paesi come India, Taiwan o Singapore riescono a penetrare i confini cinesi eludendo tutte le tipologie di controlli made in America.
I ban Usa servono a poco
Per ora sembra che lo sforzo degli Stati Uniti di tagliare fuori completamente la Cina non sia stato abbastanza efficace, nonostante ripetuti tentativi degli Stati Uniti di espandere i controlli sulle esportazioni e colmare eventuali lacune scoperte nell’ultimo anno.
Quanto riportato da Reuters evidenzia da una parte la difficoltà di Washington nel tagliare completamente l’accesso della Cina ai chip avanzati per l’IA, dall’altra sottolineano l’assenza di buone alternative sviluppate dalle realtà locali, nonostante HUAWEI e altre aziende stiano cercando di colmare il gap. Secondo l’agenzia, prima delle restrizioni all’export imposte dagli USA, NVIDIA controllava circa il 90% del mercato cinese dei chip per l’IA.
Reuters parla di più di 100 gare d’appalto in cui enti statali si sono procurati chip A100 e dozzine di gare d’appalto dopo il divieto di ottobre che mostrano acquisti di A800. Tra queste figurano l’Università di Tsinghua – che si è procurata due chip H100, oltre a circa 80 chip A100 dal divieto del 2022 – e un’entità legata all’esercito che ha richiesto tre A100 in ottobre e un acceleratore H100 questo mese.
La richiesta di chip Invidia sempre più alta
In un altro articolo, sempre Reuters, riporta come la società di datacenter indiana Yotta abbia annunciato un ulteriore acquisto di acceleratori NVIDIA per un valore di 500 milioni di dollari, portando il suo totale ordini a 1 miliardo di dollari. Questo dimostra quanto la sete di acceleratori NVIDIA per l’IA sia diffusa nel mondo e come, a fronte di una contrazione del mercato cinese, subentrino nuovi Paesi pronti a colmare il vuoto.
Secondo Sunil Gupta, CEO e cofondatore di Yotta, l’ordine dovrebbe comprendere circa 16.000 soluzioni H100 e GH200, con consegne entro marzo 2025. Tale cifra si aggiunge a un ordine analogo effettuato da Yotta lo scorso anno per circa 16.000 chip H100, la cui consegna è prevista entro luglio di quest’anno.