Questa mattina a Roma, presso il Centro Congressi di via dei Frentani, si è tenuta un’affollata iniziativa di sensibilizzazione e di agitazione promossa dalla Cgil (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) ovvero dal Sindacato dei Lavoratori della Comunicazione (Slc) assieme ad Articolo 21 (l’incontro è stato moderato dal Garante dell’associazione, l’ex Sottosegretario alle Comunicazioni Vincenzo Vita) intitolata “No signal. Al lavoro per una nuova società dell’informazione. Libertà, democrazia, beni comuni”.
Queste le premesse ideologiche dei promotori dell’iniziativa: “i mezzi di informazione sono oggetto di un duplice attacco: da una parte la volontà di controllare ciò che viene veicolato per evitare critiche verso chi governa, dall’altra il desiderio di sottomettere coloro che operano nel settore, anche attraverso il ricorso ai bavagli e alle querele temerarie. Inoltre, l’intero comparto soffre di una vasta crisi occupazionale e il precariato è da tempo la regola, non l’eccezione”. E, ancora: “nel mirino delle pulsioni autoritarie sta, in primo luogo, il servizio pubblico radiotelevisivo, che richiede una vera riforma per affermarne l’indipendenza e svincolarlo dal potere esecutivo, oltre a rilanciarne il valore di guida dell’intera industria culturale nell’età degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale”.
Abbiamo ascoltato decine di voci, e si è avuto conferma (semmai ve ne fosse necessità…) della situazione di crisi acuta che deve affrontare il comparto dell’informazione, dai quotidiani alla Rai passando per le agenzie di stampa.
La parola-chiave è precarizzazione. Gli altri concetti essenziali, di scenario: turbo capitalismo digitale, neo liberismo, deficit di Stato sociale.
Il sindacato ha deciso di promuovere un “tavolo”, per cercare di portare a sintesi le numerose istanze che sono emerse dall’incontro: Maurizio Landini, Segretario Generale della Cgil, in un lungo e appassionato intervento, ha peraltro alzato il tiro, sostenendo che quella dell’informazione è soltanto una delle dimensioni di un fenomeno più ampio e globale, che riguarda tutto il mondo del lavoro in Italia, la precarizzazione diffusa e la competitività individuale esasperata, la cui cultura (veicolata dai media dominanti) viene proposta come un processo naturale della società, allorquando tale – evidentemente – non è, anche perché in contrasto con l’Articolo 3 della nostra Costituzione.
Maurizio Landini (Cgil): “non solo attacco alla libertà di stampa, ma disegno preciso che vuole produrre una svolta autoritaria, di sconvolgimento della Costituzione”
“Non siamo solo di fronte a un attacco alla libertà di stampa, ma a un disegno preciso che punta a produrre una vera e propria svolta autoritaria, che punta anche a stravolgere la nostra Costituzione, in modo esplicito”, ha sostenuto Maurizio Landini nelle conclusioni della mattinata.
Il paradosso è che il governo vorrebbe ottenere dai cittadini il placet verso questa “svolta autoritaria”, usando uno strumento essenziale della democrazia qual è il referendum rispetto al cosiddetto “premierato”, ovvero alla concentrazione del potere nelle mani del Presidente del Consiglio. Secondo Landini, “se questa operazione dovesse funzionare, sarebbe una svolta autoritaria con il suggello democratico di chi è andato a votare al referendum” (…) a rischio c’è la libertà di tutti noi cittadini, non solo di stampa, ma anche – per esempio – di avere un lavoro non precario… Abbiamo la necessità di definire un programma di lavoro per difendere la democrazia e ricostruire fiducia nei cittadini e qui il problema non è cosa fa la destra o se ci stanno i fascisti ma cosa fanno gli antifascisti. Credo che gli antifascisti siano la maggioranza, ma una maggioranza che ha bisogno di organizzarsi, mobilizzarsi ed esserci”.
In sostanza, il Segretario nazionale della Cgil non ha affrontato direttamente i problemi manifestati dai molti intervenuti, ma ha deciso di contestualizzare il tema “informazione” nell’economia di una visione più generale, che riguarda il tema del lavoro nel sistema sociale e politico del Paese, nel suo complesso: “il referendum è uno strumento che dobbiamo recuperare noi, per far partecipare le persone, quello strumento che dà la possibilità di decidere e cambiare senza delegare altri per noi deve riguardare non solo il premierato, ma tutte le leggi balorde che hanno prodotto una precarizzazione del lavoro che non ha precedenti”.
Landini ha annunciato la volontà di rilanciare l’iniziativa tenutasi nell’ottobre dell’anno scorso, “La Via Maestra”, promossa da oltre 100 organizzazioni della società civile – tra cui la Cgil – che si sono mobilitate con una grande manifestazione a Roma a difesa della Costituzione e dei suoi valori: si terrà a Napoli una nuova grande manifestazione nazionale calendarizzata per l’11 maggio, per riaffermare i valori della Costituzione e della realizzazione dei principi della Costituzione. In un incontro tenutosi sabato 2 marzo, i promotori hanno deciso di aprire “in ogni territorio, in ogni provincia, dei Comitati della Via Maestra che abbiano la possibilità e la forza di diventare strumento di discussione, di elaborazione e di azione”. La Via Maestra vuole essere “pronta a fare la campagna referendaria sul premierato, se ci sarà, e tutte le campagne referendarie che ci potranno essere dall’autonomia differenziata alle battaglie che come Cgil abbiamo deciso di fare per cancellare le leggi balorde che in questi anni hanno favorito la crescita della precarietà”.
Landini ha anche sostenuto come la destra al governo voglia sostanzialmente “uno Stato che asseconda il mercato”, allorquando lo Stato dovrebbe essere invece in grado di orientare le politiche pubbliche affinché il mercato sia più equo, e stimoli solidarietà ed inclusività.
L’iniziativa a via dei Frentani era stata aperta dalle parole del Segretario Nazionale della Slc Cgil Riccardo Saccone, che ha sostenuto che le parole dette ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla libertà di stampa e l’assunzione di responsabilità dei giornalisti “rimettono le cose in fila in modo corretto”. Giuseppe Giulietti, Coordinatore dei Presidi di Articolo 21, ha sostenuto: “sono molto preoccupato dalle parole del Presidente della Repubblica. Se in due giorni Mattarella ha sentito il bisogno di precisare i valori costituzionali della libertà di manifestare e di informazione, chi siamo noi per stare un grado sotto? Si è capito che siamo davanti ad un attacco al pensiero critico e alla libertà e ora più che mai è necessario ribadire l’essenza della Costituzione antifascista”.
Saccone ha denunciato “il generale cattivo stato di salute del sistema dell’informazione nel nostro Paese: precarietà dilagante; offerta digitale spesso svincolata da alcun criterio di attendibilità; leggi che mirano a limitare la libertà di informazione in nome di un frainteso garantismo spesso ad uso del più forte; fastidio strisciante nei confronti del giornalismo di inchiesta, con un deciso capovolgimento di senso per cui non è importante se la notizia corrisponde al vero, ma il problema risiede su come questa notizia sia stata reperita…”.
Riccardo Saccone (Slc): “lo scempio della separazione della rete di Tim dai servizi è uno scempio, condanna il Paese alla irrilevanza tecnologica”
Il Segretario Nazionale del Slc ha sostenuto che la vicenda Telecom ovvero Tim è uno “scempio” (in chiusura della mattinata anche Landini ha manifestato la propria aspra contrarietà): “in questi giorni si sta compiendo l’ennesimo scempio che sta caratterizzando il lento quanto inesorabile declino industriale italiano: la separazione della rete di Tim dai servizi condannerà definitivamente il Paese alla irrilevanza tecnologica”. Rispetto all’apertura della Commissione Europea ai consolidamenti industriali nel settore delle Tlc “grazie all’assenza di politiche industriali, non saremo più soggetto attivo, ma oggetto di questo processo, un mercato appetibile di più di 60 milioni di potenziali clienti e nulla più. Con buona pace del superamento del ‘digital divide’ e della diffusione della rete veloce in tutto il Paese”. Lo stesso pericolo, “si corre anche nel mondo dell’audiovisivo e della produzione in generale, se lasceremo la Rai al proprio destino, indebolendola ogni giorno e svuotandone il senso di bene comune che dovrebbe presiedere ad un modello di informazione e di produzione al passo coi tempi e capace di cogliere le mille specificità del Paese”.
Molti gli interventi degni di nota… Qui di seguito ci limitiamo ad un piccolo florilegio.
Micaela Bongi, Vice Direttore del quotidiano “il Manifesto”, ha sostenuto la necessità di combattere il clima di appiattimento dell’informazione giornalistica. Si deve osteggiare il conformismo: “il conformismo è la regola n° 1 per restare in società”…
Silvia Truzzi, giornalista del quotidiano “Il Fatto”, ha denunciato il clima di sostanziale intimidazione che emerge nei confronti degli operatori dell’informazione che affrontano questioni scomode ed inchieste che disturbano gli assetti del potere. Si deve combattere la logica del “giornalismo del click”.
Il giornalista Rai Sigfrido Ranucci nel suo intervento ha annunciato: “vi dò una notizia in anteprima: Gasparri è uscito dalla società di cybersecurity. Evidentemente chi governa questa società è stato molto più serio del Parlamento che lo ha giudicato compatibile… Probabilmente questa novità si deve al lavoro giornalistico di ‘Report’”. Ranucci ha ricordato che “ci sono state addirittura sentenze del Tar che hanno imposto di consegnare materiale di un’indagine in corso! Poi il Consiglio di Stato di ha messo una pezza. Assurdo adesso si parla di dossieraggio per i colleghi del ‘Domani’ ma di dossieraggio non vi è traccia ed è assurdo che ne parlino politici che hanno fatto parte di Governi che i dossier li hanno fatti davvero. Dossier falsi, veicolati da politici, sono stati fatti contro la redazione di ‘Report’, dossier con falsi clamorosi per delegittimare il lavoro della redazione di ‘Report’”.
Marianela Diaz di FreeAssange Italia ha chiamato a raccolta tutti coloro che vogliono realmente lottare per la libertà di informazione, ed ha lamentato che siano state finora poche le “firme” alte del giornalismo italiano che si sono schierate a favore di Julian Assange, che rischia non soltanto il carcere a vita ma addirittura la pena di morte.
Il mediologo Sergio Bellucci (attivista di Net Left) ha ricordato come i fenomeni in atto debbano essere interpretati alla luce dello sconvolgimento di storici paradigmi che hanno caratterizzato fino a poco tempo fa le industrie culturali: sono in corso nuovi processi di “produzione di senso”, accelerati dall’Intelligenza Artificiale, che veicolano in modo pervasivo i valori del neo-liberismo digitale.
Il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) Vittorio Di Trapani ha sostenuto che tutti i lavoratori dell’informazione rischiano in Italia di divenire “sottoproletari”, ovvero precari e poveri, perché questo indebolimento continuo e progressivo dello status professionale e della capacità reddituale è funzionale all’interesse del sistema a reprimere il dissenso.
Vincenzo Vita (Articolo21): “i nuovi dannati della terra, i rider e i facchini delle piattaforme”
In articolo pubblicato da Vincenzo Vita su “il Manifesto” di oggi (nella sua rubrica “Ri-mediamo”) scrive, a proposito dell’inedito “format” Cgil Slc + Articolo21: “la novità sta nella cosiddetta intersezionalità, ovvero il percorso aperto e inclusivo nei e dei vari aspetti dell’universo comunicativo. A differenza dell’età analogica e persino delle prime stagioni digitali, siamo al cospetto di un grande ibrido, che la ricerca chiama infosfera. Si tratta di un variopinto universo in cui convivono antiche forme espressive (l’Opera lirica, per dirne una) con la velocissima extranazione degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale, passando per gli apparati sempiterni come la pur infragilita Rai”. Il Garante di Articolo21 ha invocato l’esigenza di azioni innovative di coordinamento ed organizzazione del dissenso: “non bastano, dunque, i pur utili seminari e convegni di cui siamo pieni, fino al paradosso delle iniziative sull’intelligenza artificiale, talvolta intrise di metodi analitici estranei ad un mondo illeggibile con i soliti paradigmi. Ma dove la realtà concreta è popolata da schiavi e precari, che permettono alle macchine di essere ed agire. Per non dire della logistica sorretta dai nuovi dannati della terra, i rider e i facchini delle piattaforme. Insomma, è indispensabile coniugare progetti alternativi e ricostruzione di alleanze sociali in grado di sorreggere un corpo a corpo durissimo”.
L’iniziativa promossa da Slc Cgil ed Articolo21 ha fornito senza dubbio stimoli validi, ma si confida che – al di là delle belle intenzioni annunciate – non si risolva nell’ennesima lamentazione, senza concretizzarsi in iniziative operative e politiche. Ricordiamo che oltre tre anni fa, la stessa Cgil organizzò un convegno intitolato “Rai / Bene pubblico in un Paese che cambia”, e venne annunciato un “laboratorio” di riflessione critica sul servizio pubblico mediale (vedi “Key4biz” del 20 novembre 2020, “Rai, la Cgil apre il laboratorio per la riforma del servizio pubblico”). Dopo quel confronto stimolante, nessun’altra concreta iniziativa ha fatto seguito, il “laboratorio” è rimasto in sostanza una apprezzabile e simpatica dichiarazione di intenti, e la situazione di lenta deriva della Rai è ormai sotto gli occhi di tutti… Come dire?! La destra avrà le sue belle attuali responsabilità, ma anche la sinistra non è esattamente esente da colpe per il mal governo della politica culturale degli ultimi anni.
Vediamo se quei “progetti alternativi” e quelle “ricostruite alleanze sociali” invocate da Vincenzo Vita si concretizzeranno in qualche modo. Le perplessità sono tante, variegate e diffuse.
Anche questa mattina a via dei Frentani, comunque, a proposito del servizio pubblico radiotelevisivo, non abbiamo registrato una denuncia netta e dura sulla perdurante non pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del nuovo “contratto di servizio”, sulla intollerabile precarietà cui è costretta la stessa Rai in assenza di una legge che le assicuri stabilmente i flussi di ricavi a fronte della assurda riduzione del canone, sul perdurante dominio di multinazionali dell’immaginario straniere che compongono le parti più pregiate dei palinsesti…
Molti ancora sono i tasselli che vanno identificati (e studiati, e analizzati) per costruire un mosaico nuovo per una politica culturale e mediale veramente innovativa. Ci sembra che manchi ancora – anche a sinistra – una visione di insieme ben strutturata, organica, sistemica, strategica, basata su una conoscenza scientifica dei fenomeni.
[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.