Il fondo americano KKR vuole rilevare Tim, ma non dice cosa ci vuole fare. Un’operazione di rilancio? Uno scorporo tra rete e servizi? Uno smembramento degli asset con la vendita a spezzatino? Il ‘delisting’ del titolo? Nessuno lo sa. E’ questo che salta agli occhi leggendo la nota di Tim, diffusa dopo il Cda che illustra la manifestazione d’interesse accolta peraltro con favore dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. “L’interesse di questi investitori a fare investimenti in importanti aziende italiane è una notizia positiva per il Paese. Se questo dovesse concretizzarsi, sarà in primo luogo il mercato a valutare la solidità del progetto”, si legge nella nota del MEF. D’altra parte, il ministero da un lato non fa alcun accenno all’interesse nazionale, dall’altro non pone la domanda fondamentale: qual è il piano industriale di KKR?
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Tim, Cda straordinario su voci interesse Kkr. Ma sarà vera Opa?
Il titolo vola
Oggi il titolo vola in Borsa a 0,45 centesimi, avvicinandosi al prezzo dell’offerta pari a 0,505 centesimi. Un’impennata fino al 27% del valore, basata su una manifestazione di interesse che, a ben vedere, è ancora scritta sulla sabbia. Non c’è alcun impegno a tramutare la manifestazione di interesse in un’Opa vera e propria, sono previste 4 settimane per condurre la due diligence, non si sa ancora in che modo l’offerta sarà accolta dai maggiori azionisti di Tim.
Vivendi potrebbe opporsi. E Cdp?
Vivendi sembra ancora reticente. Se accettasse l’offerta, dovrebbe iscrivere a bilancio una perdita secca di un miliardo di dollari avendo preso in carico la sua quota in Tim al prezzo medio di 1,07 euro. Secondo alcune fonti, il gruppo francese, pur avendo già smentito un piano congiunto con CVC, starebbe preparando una controfferta. Oggi Vivendi detiene un potere di veto sulle operazioni straordinarie. Un domani potrebbe decidere di uscire al miglior prezzo possibile. Per ora, il gruppo Vivendi si arrocca e dal quartier generale fa sapere che l’offerta “è totalmente insufficiente” e non rispecchia il vero valore della compagnia, ma soltanto la scarsa performance legata alla gestione dei vertici aziendali.
Il 25 novembre, doppio appuntamento alla vigilia del Cda Tim
E Cdp? Cosa deciderà di fare? Vorrà cedere la sua quota in Itm pari al 9,8% e concentrarsi su Open Fiber, dove detiene il 60%? Vedremo. Potremmo forse saperne di più il 25 novembre, giorno del Cda della Cassa depositi e prestiti sul piano industriale.
Sempre il 25 novembre è la data della sottoscrizione del trattato Francia-Italia.
Il 26 novembre Cda di Tim
Quel che è certo è che dopo il Cda di ieri l’appuntamento del 26 novembre per il cda di Tim ha cambiato connotati. Se fino a due giorni fa il 26 novembre, data del Cda straordinario di Tim voluto da Vivendi, 11 consiglieri e collegio dei sindaci doveva essere il giorno della sfiducia all’ad Luigi Gubitosi e al presidente Salvatore Rossi, adesso le cose non stanno più così. La controffensiva di KKR, chiamata dall’ad Luigi Gubitosi in Fibercop, ha cambiato le carte in tavola. Ma la resa dei conti fra i vertici attuali e Vivendi sembra soltanto rimandato.
Ma cosa vuole fare KKR?
KKR è un fondo d’investimenti che fra le altre cose ha partecipazioni in gruppi editoriali come la tedesca Axel Springer e nel noto sito Politico.eu. L’offerta avanzata per rilevare il 100% di Tim (ma basterebbe anche il 51% delle azioni ordinarie e risparmio per prendere il controllo, obiettivo dichiarato del fondo) è pari al valore dei singoli asset con un premio di circa il 10%. Resta da capire cosa vorrà fare KKR di Tim una volta che dovesse ottenere il controllo.
KKR vuole procedere al ‘delisting’
C’è un interesse strategico per la rete aziendale?
KKR si accollerà anche il debito di Tim?
C’è la volontà di rilanciare l’azienda, facendosi carico del personale?
C’è un piano industriale?
Per ora non ci sono indicazioni in questo senso ed è anche per questo che i sindacati sono in allarme. Quel che si sa è che KKR vuole procedere al delisting di Tim. Il delisting in molti casi, soprattutto negli Usa, è un’operazione che prelude allo smembramento (spezzatino) di aziende che di norma sono in crisi e che hanno aderito al Chapter 11. Il Chapter 11 è una norma della legge fallimentare statunitense. Consente alle imprese che lo utilizzano una ristrutturazione a seguito di un grave dissesto finanziario.
Cosa implica il ‘delisting’?
Un’ipotesi che potrebbe riguardare anche Tim? Un delisting finalizzato allo spacchettamento dell’azienda per la vendita dei singoli asset? Ma anche in questo caso resterebbe da capire se la vendita degli asset sarebbe sufficiente a coprire per intero il debito aziendale, pari a 32 miliardi euro lordi. In caso contrario, sarebbe necessario un concordato con i creditori.