Cresce il sostegno a Kamala Harris
Alla fine il Presidente degli Stati Uniti in carica, Joe Biden, lascia la corsa alle presidenziali 2024. A novembre gli americani, con molta probabilità, si troveranno a dover scegliere tra la sua vice Kamala Harris e Donald Trump.
Dopo l’annuncio del ritiro di Biden, nelle ultime ore, decine di delegati alla convention del Partito democratico hanno dato il proprio sostegno a Kamala Harris, mentre riprendono a scorrere i finanziamenti alla campagna presidenziale dei democratici (ridotti al minimo dopo la debacle di Biden nel duello televisivo con Trump), si va verso i 50 milioni di dollari.
Il New York Times appoggia la candidatura, definendola una scelta coraggiosa e una grande occasione da cogliere al volo per fermare l’avanzata dei repubblicani. Semaforo verde anche da parte di Barack Obama e Bill e Hillary Clinton.
Un altro punto a favore di Harris arriva dalla California, con l’ok del governatore Gavin Newsom, che era uno dei possibili candidati alternativi per la corsa alla Presidenza degli Stati Uniti.
C’è poi da scegliere il vice di Harris e tra i nomi più probabili spuntano Roy Cooper, governatore della North Carolina, e Josh Shapiro, governatore della Pennsylvania, ma anche Mark Kelly, senatore dell’Arizona, e Pete Buttigieg, a capo del Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti.
Kamala, amica delle Big Tech e decisa sulle politiche green
Viene dalla Bay Area di San Francisco (è nata a Oakland) e i suoi rapporti con le grandi aziende tecnologiche sono antichi e profondi. Certo, non sono mancati momenti di tensione, Harris è stata procuratore distrettuale di San Francisco, poi procuratore generale della California, prima di essere eletta al Senato nel 2016.
Ha criticato pubblicamente i più famosi CEO del settore tecnologico e non è mancato un suo forte impegno in termini di forte regolamentazione, di contrasto alla disinformazione, di lotta alla pedopornografia online e di difesa dei consumatori.
Ma in molti ricordano con sospetto il sostegno manifesto della Silicon Valley alla sua nomina a procuratore generale dello Stato della California molti anni or sono (a testimonianza del lungo rapporto di amicizia che la lega al settore tecnologico).
Sono storici i suoi buoni rapporti con Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, con Sheryl Sandberg, ai tempi in cui ricopriva il ruolo di direttore operativo di Facebook, e Marc Benioff, Ceo di Salforce, solo per fare alcuni esempi.
Non solo, si può anche aggiungere che ha partecipato al matrimonio di Sean Parker, uno dei primi dirigenti di Facebook, e che suo cognato, Tony West, è il responsabile legale di Uber, come si sottolinea in un articolo pubblicato dalla Reuters.
Green convinta
In tema di politiche green, invece, è molto netta la sua posizione a favore della transizione energetica e della decarbonizzazione.
Un passaggio storico fondamentale ed inevitabile, arrivando a dire pubblicamente che “energia pulita e giustizia ambientale sono delle priorità per il Paese”.
Non ha mai nascosto la sua posizione critica nei confronti delle aziende petrolifere e dell’industria dei combustibili fossili, anche in passato, quando occupata posizioni di rilievo in California, con diverse cause legali da lei intentate come procuratore distrettuale di San Francisco (2004-2011) e come procuratore generale dello Stato fino al 2017.
Nel 2023, in occasione dei negoziati globali sul clima, ha annunciato una linea di finanziamenti di 3 miliardi di dollari per il Green Climate Fund.
Come vicepresidente degli Stati Uniti ha supportato in prima persona l’attuazione delle politiche dell’Environmental Protection Agency, in chiave di giustizia ambientale.
Timida verso l’AI
Si può dire molto altro di lei, ma certo non che sia a digiuno di relazioni con il mondo delle grandi aziende tecnologiche. Eppure, per quel che riguarda l’intelligenza artificiale (AI) si è mostrata piuttosto timida, se non timorosa.
Forse la sua posizione gli ha imposto sempre un atteggiamento cauto, di approccio attento a questa tecnologia, ma di fatto ha sempre sostenuto il bisogno di interventi regolatori chiari e decisi sull’AI.
Posizione ribadita nei diversi incontri che ha avuto come vicepresidente USA ad esempio con Satya Nadella di Microsoft, Sam Altman di OpenAI e Sundar Pichai di Alphabet.
Sì all’AI, ma con vincoli etici e morali ben chiari. Così si potrebbe sintetizzare la posizione di Harris sul tema.
Un esempio pratico è stato il suo appoggio incondizionato ad un provvedimento voluto da Biden per elevare le tutele dei consumatori contro le truffe telefoniche generate dall’AI e per contenere l’impatto negativo dei contenuti generati dall’AI non presentati come tali.
In un discorso pubblico di novembre 2023, ha messo in guardia contro la minaccia “esistenziale” rappresentata dall’IA, perché potrebbe “mettere in pericolo il futuro dell’umanità stessa“.
Trump definisce illegittima la sua candidatura
Vedremo cosa accadrà in futuro e quali saranno le sue posizioni su questi e molti altri temi sensibili e strategici per il futuro. Intanto c’è da capire se Kamala Harris sarà davvero la candidata ufficiale democratica alle presidenziali 2024.
Appena 24 ore fa lo stesso Trump ha messo in dubbio la legittimità della candidatura di Harris, giudicando non valido il cambio in corsa dello sfidante, secondo quanto riportato da Politico. Saranno mesi intensi quelli che ci dividono dal voto americano del 5 novembre prossimo.