La giornata di ieri è stata caratterizzata dall’attesa audizione del Ministro Dario Franceschini di fronte alla Commissione Vigilanza Rai e la giornata odierna è iniziata con la notizia di un’interrogazione parlamentare urgente presentata dalla Senatrice Paola Binetti sui criteri di gestione delle sovvenzioni pubbliche a favore della cultura.
Perché “colleghiamo” le due notizie?
Perché è evidente che entrambe sono sintomatiche di un malessere che si rinnova nelle politiche culturali e mediali del nostro Paese: deficit di “evidence-based policy making”, deficit di tecnicalità e di pubblicità nei processi con i quali lo Stato interviene a sostegno della cultura.
Si tratta di un mix terribile, perverso e pericoloso, che produce conservazione e stagnazione, barriere all’accesso ai soggetti non protetti dall’attuale sistema di potere.
Si definiscono budget e si assegnano sostegni con criteri che definire approssimativi è un simpatico eufemismo.
Si assumono decisioni importanti – come quella relativa alla creazione di “ItsArt” – prive di un sano respiro strategico e di un adeguato approccio tecnico.
Questa mattina, l’agenzia stampa AgCult (diretta da Ottorino De Sossi), specializzata nelle politiche culturali, ha rilanciato la notizia di una iniziativa della senatrice Paola Binetti (attualmente iscritta al gruppo Udc), che affronta di petto la tematica dei cosiddetti “progetti speciali” del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, l’ex “Mibact” ormai divenuto Ministero della Cultura alias “Mic” (o “MiC”). Si tratta di una tematica cui questa testata ha dedicato particolare attenzione (vedi da ultimo “Key4biz” del 24 febbraio 2021, “Cinema, il Mibact assegna 4 milioni di euro ai “progetti speciali”).
La senatrice, nota per la serietà e la passione del suo operato politico, è da sempre focalizzata sulle tematiche della salute, della famiglia, delle politiche sociali (coordina tra l’altro l’Intergruppo Parlamentare sulle Malattie Rare), ed entra oggi in modo mirato e tagliente in un terreno che è veramente minato: il sostegno pubblico alla cultura.
I “progetti speciali” del Mic sono al tempo stesso sabbie mobili (cognitivamente) ed una gabbia di leoni (relazionalmente): poca trasparenza, criteri gestionali arcaici, e, con queste premesse, non ci si stupisce che prevalga una logica di “capitale relazionale” sulla qualità delle iniziative proposte al dicastero.
E quello dei “progetti speciali” del Mibact/Mic è proprio la cartina di tornasole di processi, patologici, che riguardano l’intera architettura dell’intervento della mano pubblica nel settore.
MiC, Binetti (Udc): “il Ministero sia più trasparente nel dare risorse ai progetti speciali’”
Il Ministero della Cultura garantisca maggiore comprensibilità e trasparenza alla procedura che assegnano risorse pubbliche ai “progetti speciali”: lo chiede la senatrice Paola Binetti (Udc) prendendo spunto dalla pubblicazione, nei giorni scorsi, sul sito web della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo (Dgca) del Mic, retta da Nicola Borrelli, dei risultati del bando “progetti speciali” lanciato l’8 ottobre 2020. La senatrice ha presentato un atto di sindacato ispettivo, con carattere d’urgenza (Atto n. 3 -02300, pubblicato nella seduta n. 301 del 2 marzo 2021).
“Nella graduatoria pubblicata in allegato al decreto direttoriale in data 18 febbraio 2021, vengono proposti dati essenziali in relazione ai progetti presentati, con indicazione del nome del proponente, il titolo dell’iniziativa proposta, il contributo assegnato, e un punteggio secondo sette parametri ed un punteggio totale. Manca però una descrizione, sia pure molto sintetica, delle iniziative, e nella quasi totalità dei casi non è possibile conoscere la tipologia dell’iniziativa proposta”, scrive Binetti in nell’interrogazione indirizzata al ministro della Cultura, Dario Franceschini.
Si tratta di una richiesta… eterodossa eccentrica coraggiosa, allorquando prevale in Italia una sorta di processo di “ritenzione” della P. A.: la critica che Binetti manifesta verso il “progetti speciali” del Mic può essere estesa a quasi tutti i bandi delle Pubbliche Amministrazioni italiane, e riguarda tutti i dicasteri italiani. Prevale opacità, talvolta – veramente – il mistero!
Tanta retorica sulla trasparenza in Italia (meglio ancora se in “salsa digitale”), che si scontra però con una fattualità deficitaria, con informazioni che sono quasi sempre parziali, ridotte all’osso, impedendo un minimo controllo civico sulla gestione della “res publica”.
Basti consultare il sito della commendevole Fondazione OpenPolis per capire che difficoltà si debbono affrontare per cercare di capire qualcosa del “dietro le quinte” dei sistemi di governo e di potere: si deve essere al contempo ricercatori specializzati e giornalisti investigativi…
Maggiore comprensibilità trasparenza nell’assegnazione delle risorse pubbliche
Paola Binetti chiede quindi al titolare del Collegio Romano “maggiore comprensibilità e maggiore trasparenza alla procedura che assegna risorse pubbliche ai ‘progetti speciali’, così come, più in generale, alle procedure di sovvenzionamento ministeriale di tutti gli interventi di sostegno a favore delle attività culturali”. E domanda (impertinente domanda!) quale sia “il criterio strategico che il ministro adotta nell’identificare i ‘progetti speciali’ da sostenere, premesso che la Commissione di selezione trasmette al Direttore Generale le proprie valutazioni e questi le inoltra al Ministro per la sua approvazione”.
Criterio strategico, gentile Senatrice? Ma sta scherzando?!
Nebbie e nasometrie e relazionalità caratterizzano il sistema.
L’avviso, ricorda la senatrice, prevedeva una dotazione di budget di 3.375.000 euro ed il 23 febbraio 2021 il ministro Franceschini ha assegnato ulteriori risorse per 2,9 milioni, il che porta lo stanziamento complessivo a 6.275.000 euro. La Commissione di selezione ha assegnato risorse a 35 progetti per complessivi 4.137.000 euro; i restanti 187 progetti non sono stati sovvenzionati. Binetti chiede al ministro se “intenda procedere all’assegnazione della residua dotazione di 2.138.000 e, in caso positivo, con quali modalità, anche rispetto ai 187 progetti finora esclusi dal contributo”.
Al di là del caso specifico – peraltro sintomatico – Binetti alza il tiro, ed affronta il tema generale dei sostegni pubblici alla cultura.
Vanno implementate le procedure di selezione “ex ante” e valutazione “ex post”
Per l’esponente Udc, le procedure di selezione “ex ante” e valutazione “ex post” devono “essere implementate tecnicamente al fine di garantire maggiore efficienza e pubblica evidenza, per ottenere migliore efficacia ed assoluta trasparenza nell’intervento dello Stato nel sistema culturale e nell’avvio di un sistema permanente di monitoraggio tempestivo”.
La richiesta di Binetti è assolutamente condivisibile.
Crediamo avrà una buona eco nella comunità professionale del settore dello spettacolo e della cultura: esiste infatti una sorta di “cappa” che cela la “vera verità” di questi processi selettivi, ed esiste un “piccolo mondo”, formato da migliaia di artisti ed operatori del settore culturale che soffrono per lo più in silenzio.
Chi critica e denuncia viene emarginato dal “Sistema”
Un mondo silente e frustrato, che non parla (e non denuncia) non per ignavia o per omertà, ma soprattutto per paura di esporsi, per paura di ritorsioni: infatti, chi manifesta critiche a “il Sistema” – per parafrasare l’efficace concetto evocato da Luca Palamara (la lettura del libro-intervista curato da Alessandro Sallusti, “Il sistema. Potere, politica affari: storia segreta della magistratura”, edito da Rizzoli, è inquietante, al di là di un giudizio sulla discussa figura del giudice in questione) – corre il rischio di vedersi emarginato, anzi escluso completamente dall’accesso ai finanziamenti pubblici.
Esistono in Italia, al di là di quello che governa la magistratura italiana, diversi “sistemi” che bloccano una gestione trasparente ed equa della “res pubblica”: una “storia segreta del sistema culturale” italiano potrebbe divenire un best-seller…
Che fine ha fatto la “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo?
Da segnalare che la senatrice chiede anche al Ministro che fine ha fatto la prevista “valutazione di impatto” della legge cinema e audiovisivo, tematica importante alla quale abbiamo dedicato molta attenzione anche su queste colonne.
In effetti, l’articolo 12, comma 6, della legge n. 220 del 2016 (cosiddetta legge Franceschini–Giacomelli) prevede che il Ministero predisponga una relazione annuale sullo stato di attuazione degli interventi di cui alla legge, con riferimento all’impatto economico, industriale e occupazionale e all’efficacia delle agevolazioni tributarie ivi previste, ovvero la cosiddetta “valutazione di impatto”.
Il bando per la selezione di un operatore che fornisse supporto tecnico alla Direzione Generale è stato pubblicato in data 28 febbraio 2020, con successivi avvisi di proroga il 10 marzo, il 19 marzo, il 3 aprile ed infine l’11 aprile 2020, con termine per la presentazione delle offerte al 20 maggio 2020. In data 19 giugno 2020, “il Direttore Generale ha selezionato l’operatore ad hoc, che avrebbe dovuto consegnare la relazione entro l’11 settembre 2020; a distanza di 5 mesi da quella data, però non si ha alcuna notizia della valutazione di impatto”.
La senatrice non lo precisa, ma il vincitore di quel bando, per la seconda volta, è stata l’ats Università Cattolica del Sacro Cuore e Ptclas spa (su questi argomenti, si rimanda a “Key4biz” del 17 settembre 2020, “Pubblicata la relazione Fus, ma manca la valutazione d’impatto”).
Anche questa è tematica delicata e scabrosa, perché, quando finalmente una Pubblica Amministrazione si decide ad avviare una “valutazione di impatto” (rara quanto lieta novella), si spera che essa produca risultati che contribuiscano in modo serio, e tecnicamente valido, e politicamente indipendente, a consentire una reale valutazione. E non risultati che mettono in pace il cuore dell’Amministrazione, finiscono per essere foglie di fico, che producono paradossalmente una novella cortina fumogena, con fantasiose numerologie e metodologie fallaci. Ahinoi, l’Italia è affollata di portatori d’acqua…
Deficit di trasparenza, anche nel caso di ItsArt. Franceschini: “non accuso la Rai, ma ha scelto di non partecipare”
Ieri pomeriggio, si è tenuta l’audizione del titolare del novello “Mic” Dario Franceschini di fronte alla Commissione di Vigilanza Rai presieduta da Alberto Barachini, concentrata sulla strana vicenda di “ItsArt” ovvero “Italy is Art”, la piattaforma promossa dal Ministero ed affidata a Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e Chili, per stimolare la promozione – nazionale ed internazionale – della cultura italiana, iniziativa dalla quale è stata incomprensibilmente esclusa la Rai concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (vedi “Key4biz” di lunedì 1° marzo, “L’affaire ItsArt’ (la Netflix italiana della cultura) si complica”).
È stata fatta chiarezza?! Non ci sembra. Non a sufficienza, riteniamo.
Ha sostenuto il Ministro, con una battuta ironica: “sono molto appassionato all’idea di essere al centro di un giallo, di una spy story, ma non c’è nessun delitto e nessun assassino e nessun giallo” (si ricordi che Franceschini è anche un romanziere, ed ha dato alle stampe non pochi libri di narrativa).
Spy story. La Rai si è “sottratta” ad ItsArt?!
Ha quindi precisato: “la legge prevede la creazione della piattaforma con Cdp, che può coinvolgere altri soggetti pubblici e privati. Cdp ha fatto una gara, e a questa gara non ha partecipato la Rai. Io non sto accusando nessuno dicendo che la Rai si è sottratta. La Rai non vende contenuti, e ritengo che ci sia un fondamento (…) Il tema è lineare. La norma di legge approvata in Parlamento per la nascita di ItsArt prevede la creazione della piattaforma con Cdp e dice che Cdp può coinvolgere altri soggetti pubblici e privati. Cdp ha fatto una gara a cui la Rai non ha partecipato e si è sottratta. Io ho fatto una telefonata all’Ad Salini, appena approvato il decreto legge, poi c’è stata la lettera del mio Capo di Gabinetto (l’avvocato Lorenzo Casini, n.d.r.) in cui si chiede di prendere parte alla piattaforma… una richiesta generica, come è nelle competenze del Ministero, e la Rai ha ritenuto di non partecipare. Quindi evidentemente, c’è stata una scelta. Io non sto facendo accuse sul fatto che la Rai si sia sottratta…”.
E, ancora: “nel Dl del 19 maggio 2020, è inserita la norma che prevede la realizzazione da parte del Ministero di una piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e di spettacolo con la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti. Durante la conversione di questa norma, avvenuta in luglio, abbiamo cercato di coinvolgere la Rai. Prima con dei contatti informali, poi il 1° giugno il Capo di Gabinetto del Ministero ha scritto all’Amministratore Delegato della Rai, chiedendo di prendere parte all’attività connessa alla realizzazione della piattaforma. Nella risposta del 19 giugno, Salini ha comunicato il sostegno della Rai all’iniziativa”.
Franceschini ha ricordato che Chili ha partecipato al bando di gara lanciato da Cassa Depositi e Prestiti per l’individuazione di un partner privato, ed ha precisato che “abbiamo verificato che era stata invitata anche la Rai, ma che ha deciso di non partecipare a quella gara”. Franceschini ha quindi sottolineato: “tutte le scelte gestionali sono affidate a quella società, ed è assolutamente necessario che la politica sia assolutamente fuori da questa iniziativa”.
Ci sia consentito manifestare una qualche lieve perplessità su quest’ultima affermazione, per due ragioni: la legge che il Ministro evoca è una norma di cui lui stesso è stato primo ideatore… sostenere che le scelte di Viale Mazzini non siano caratterizzate da una forte componente politica è veramente ardita tesi…
Lo stesso Ministro si è però dichiarato favorevole ad un ruolo attivo della Rai nella vicenda: “è chiaro che il coinvolgimento della Rai, nelle forme che saranno possibili, è assolutamente utile e importante, e auspico che questo avvenga”.
Il titolare del Mic: “se Rai entrasse in ItsArt, io sarei felice…”
Franceschini è andato oltre, prospettando finanche una modifica normativa: “se c’è da modificare qualcosa, ragioniamo per farlo. Dato che c’è la condivisione generale per un coinvolgimento di Rai” in ItsArt. “Se c’è la possibilità, magari! Come opinione personale, dico che mi piacerebbe che la maggiore industria culturale del Paese fosse dentro questa iniziativa. Anche se c’è già un soggetto privato. Netflix non c’entra, Netflix è il cinema (testuale, nota nostra). L’idea di una piattaforma attraverso la quale acquistare cultura italiana potrebbe anche essere un successo, vedremo. Se ci fosse la Rai io sarei felice. Se ci fosse un atto della Commissione di Vigilanza io sarei felice…”.
Barachini (Presidente Vigilanza): “prepareremo un atto” affinché la Rai entri in ItsArt
Il Presidente della Vigilanza Alberto Barachini ha colto al balzo l’idea: “prepareremo senz’altro un atto della Vigilanza, anche perché esistono i diritti di prima visione e quelli di replica. La Rai con il canone ha tutto il diritto di dare la lirica in seconda visione. La diretta potrebbe essere un contenuto premium, da attivare tramite altre iniziative che la renderebbero anche un po’ più aggiornata”.
Nel pomeriggio di ieri, una chicca: Adnkronos pubblica la lettera con la quale Mibact ha chiesto a Rai di essere coinvolta, a firma del Capo di Gabinetto Lorenzo Casini.
A proposito di “misteri” e di “spy stories”, ovvero – più banalmente – di responsabilità e messa in mora (c’è chi sostiene che a Viale Mazzini, su questa vicenda, potrebbe cadere qualche testa…). Ecco un estratto della epistola: “Caro Fabrizio, Le scrivo con riferimento alla iniziativa, promossa dal Ministro Franceschini e ora prevista dal decreto legge n. 34 del 2020, diretta alla realizzazione di una piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e degli spettacoli dal vivo”. Inizia così la lettera che Casini a Salini, il 1° giugno 2020. “Al riguardo – scrive Casini – tenuto conto del ruolo di concessionaria di servizio pubblico della Rai, nonché della lunga e consolidata collaborazione con il Ministero per progetti di valorizzazione del patrimonio culturale, in particolare grazie a Rai Cultura, si chiede di voler prendere parte alle attività connesse alla realizzazione della piattaforma. In particolare, Le sarei grato se la Direttrice di Rai Cultura, Silvia Calandrelli, potesse supportare il Ministero in questa fase di programmazione dell’iniziativa e nella interlocuzione già avviata con Cassa Depositi e Prestiti. Resto in attesa di un Suo riscontro e, con l’occasione, invio i miei saluti più cordiali. Lorenzo Casini”.
Poi, come ha spiegato lo stesso Dario Franceschini in Vigilanza, “il 19 giugno ha risposto Salini, dando il sostegno della Rai all’iniziativa. Il 23 luglio è stata siglata la convenzione tra Cdp e Mibact e da quel momento tutte le scelte sono passate a Cdp, che ha fatto una gara per la piattaforma, alla quale abbiamo saputo che la Rai ha scelto di non partecipare, Rai perché ha ritenuto di non potere distribuire e vendere eventi non prodotti da lei…”. Sarebbe molto interessante poter leggere la risposta di Salini a Casini, ma temiamo che essa resterà ben chiusa nei cassetti del Settimo Piano di Viale Mazzini.
Strategie?! Trasparenza?! Meritocrazia?! Parole al vento…
Il lavoro da intraprendere in Italia per rendere l’intervento della mano pubblica in materia di cultura e media ben efficiente, efficace, equo, trasparente è veramente in salita.
Clicca qui, per l’interrogazione urgente presentata dalla Senatrice Paola Binetti al Ministro della Cultura Dario Franceschini, sui “progetti speciali” del Mibact e sulla “valutazione di impatto” della legge cinema e audiovisivo, Atto n. 3-02300 pubblicato il 2 marzo 2021 nella seduta n. 301.
Clicca qui, per l’audizione del Ministro della Cultura Dario Franceschini di fronte alla Vigilanza Rai il 3 marzo 2021 (registrazione sul sito della Web Tv della Camera dei Deputati).