Key4biz

Italtel: nell’industry 4.0 i prodotti sempre più simili a servizi

In Italia parlare di Industria 4.0 o smart factory significa affrontare una grande sfida. Nonostante siamo ancora uno dei Paesi europei dove il settore manifatturiero è riuscito a sopravvivere alla crisi economica, paghiamo pesantemente il nostro ritardo in termini di innovazione tecnologica con i nostri partner europei, il gap di competenze, la mancanza di un piano economico nazionale più ambizioso di quello presentato lo scorso dicembre.

Stando a quanto affermato mesi or sono dal Ministro dello Sviluppo e dell’Economia, Carlo Calenda, gli investimenti pubblici in favore dell’industria 4.0 dovrebbero ammontare a 13 miliardi di euro nel periodo 2017-2020. Una misura che di per sé, hanno assicurato dal dicastero, dovrebbe riuscire a mobilitare 24 miliardi di euro dal settore privato.

In attesa di vedere cosa accadrà in questi primi mesi del 2017 è chiaro che il settore rimane fortemente strategico per l’Italia ed è altrettanto evidente che non ci resta altro che favorire gli investimenti. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, il potenziale industriale italiano si è ridotto del 19% tra il 2007 ed il 2016, mentre quello tedesco è aumentato del 6,5%.

Un dato allarmante ovviamente, ma allo stesso tempo paradossale secondo le ultime stime dell’Ufficio Parlamentare del Bilancio.

La media industria nazionale, infatti, con un numero di addetti compreso tra i 10 ed i 250, non solo è riuscita a tenere botta alla crisi economica, ma è tornata a livelli produttivi precedenti al 2008, raggiungendo uno standard di eccellenza in alcuni casi superiore a quello tedesco.

Ora si deve procedere con nuovi investimenti in innovazione tecnologica e soluzioni digitali. Internet delle cose, big data, robotica, smart city, green technologies, stampa in 3D, realtà aumentata, intelligenza artificiale e cybersecurity sono e saranno sempre più le aree chiave su cui concentrare le risorse e scommettere sulla smart manufactoring per la crescita.

Come ha spiegato Luca Ferraris, Head of Strategy, Innovation & Communication di Italtel, dalle pagine del sito web dell’azienda, “La pressione competitiva derivante dalla globalizzazione mette in difficoltà le aziende manifatturiere occidentali, soprattutto laddove queste non siano capaci di apportare significative innovazioni di prodotto e di processo e si lascino coinvolgere in una pura battaglia sui costi”.

Il processo di digitalizzazione della manifattura è un passaggio ineludibile nel percorso verso un significativo aumento della produttività che possa inverare le speranze di una nuova rivoluzione industriale”.

Oggi ci troviamo in quella che Ferraris chiama “epoca della personalizzazione di massa”, in cui “la domanda è significativamente inferiore all’offerta” e soprattutto “i livelli della domanda nel tempo risultano difficilmente predicibili”.

Cosa significa allora personalizzazione della domanda? La necessità di soddisfare il consumatore per migliorare la competitività, precisa il manager Italtel, si spinge al punto di “personalizzare il prodotto in funzione dei requisiti espressi dal mercato, trasformando il prodotto stesso in qualcosa di sempre più simile ad un servizio”.

La richiesta di adattarsi, in tempo reale, al profilo della domanda massimizzando l’agilità, impone alle aziende di tornare ad integrare la catena di approvvigionamento e distribuzione: “Solo le nuove tecnologie ICT possono consentire la reintegrazione virtuale di supply chain fisicamente frammentate”.

Ecco perché è necessario che oggi l’industria adotti rapidamente “tecnologie digitali innovative – Smart Manufacturing – accrescendo l’interconnessione e cooperazione delle risorse (asset fisici, informazioni e persone)”, proprio allo scopo di incrementare flessibilità, velocità, produttività, qualità e competitività dei processi operativi.

Per concludere, L’Accenture Institute for high performance, in collaborazione con Frontier Economics, ha calcolato che, alle attuali condizioni, nel 2035 la crescita dell’economia italiana sarà dell’1 per cento. Una maggiore penetrazione dell’intelligenza artificiale potrebbe raddoppiare tale crescita portandola oltre l’1,8%. Un dato scarso, se confrontato col 3% atteso per Francia e Germania, che ci fa comprendere quanto sia fondamentale investire nell’innovazione tecnologica e saperla integrare ed assorbire nei processi produttivi.

Cosa che la Germania ha fatto per tutti gli anni della crisi economica e che gli consentirà, secondo lo studio, di raggiungere per il 2035 un aumento di produttività del 30% (il 12% per l’Italia).

Exit mobile version