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‘Italia digitale, le reti ci sono. Ecco come stimolare la domanda’. Intervista a Tiziana Talevi (Fastweb)

L’Italia digitale continua a zoppicare e l’ultimo rapporto DESI sul livello di digitalizzazione nei paesi della Ue non manca di sottolineare le nostre carenze. Il nostro paese resta in fondo alla classifica, al quartultimo posto per grado di digitalizzazione, ma ci sono dei significativi miglioramenti in corso in termini di copertura ultrabroadband che non vanno passati sotto silenzio e di cui andare fieri. Quello che continua a mancare è la domanda, che non decolla. Come fare a stimolarla? Ne abbiamo parlato con Tiziana Talevi, responsabile Affari Regolamentari Fastweb, per capire, al di là dei numeri, il vero significato dei risultati del DESI 2017.

Key4biz. L’Italia continua ad inseguire nella corsa al digitale e secondo il digital index del DESI appena pubblicato siamo sempre al 25esimo posto in Italia. Cosa significa?

Tiziana Talevi. E’ necessaria un’analisi più approfondita dei diversi indicatori del rapporto Desi per avere un quadro corretto della situazione. Il report è negativo per quanto riguarda la performance complessiva dell’Italia, ma da una parte salta agli occhi un dato macroscopico, ovvero l’enorme progresso fatti dal nostro Paese negli ultimi anni dal punto di vista della disponibilità dei servizi a banda ultralarga.  Dall’altra,  una lettura un po’ più ragionata del report, il confronto con altri paesi e la correlazione tra i vari indicatori ci aiutano a capire cosa sta succedendo davvero nel nostro paese sul fronte della banda ultralarga, e dove è necessario intervenire.

 

Key4biz. Cosa emerge dalla vostra analisi?

Tiziana Talevi. Il primo dato significativo è che le reti a banda larga ed ultralarga ormai sono ampiamente disponibili grazie agli ingenti investimenti messi in campo negli ultimi anni da parte degli operatori, tra cui Fastweb. Gli operatori, insomma, hanno fatto quello che dovevano fare!  Il problema rimane sul fronte della domanda e mancano politiche organiche che spingano gli utenti sulle nuove reti.

 

Key4biz. Quindi sta dicendo che per connettività e reti gli operatori hanno fatto la loro parte?

 

Tiziana Talevi. Sì. Guardando ai dati, per quanto riguarda la banda larga, la copertura è al 99%. Quindi perfettamente in linea con gli altri paesi. Per la banda ultralarga, cioè la connettività oltre i 30 Mbps, i progressi sono enormi: a fine 2013 eravamo al 20%, fanalino di coda in Europa. A dicembre 2015 la copertura era già al 41%; dopo 12 mesi siamo al 72%. Siamo cresciuti di 50 punti percentuali in soli 3 anni. Uno sforzo epocale da parte degli operatori, che non si è visto in nessun altro paese. Ma che soprattutto ci porta totalmente in linea con gli altri paesi, visto che la media europea di copertura delle reti a banda ultralarga è al 76%.

Key4biz. Ma rispetto ai principali paesi Ue siamo sempre indietro.

 

Tiziana Talevi. Non è più così, perché anche considerando un confronto tra i Big 5 europei, abbiamo superato abbondantemente la Francia (che è ferma al 47%) e siamo vicini alla Spagna (all’81% di copertura) e alla Germania (82%). Solo il Regno Unito è un po’ più avanti (al 92% di copertura). Se poi consideriamo i tassi di sviluppo della copertura UBB in Italia negli ultimi anni – abbiamo registrato il tasso di crescita in assoluto più elevato, ed il fatto che gli investimenti sono ancora in corso – non vi è ragione di dubitare che colmeremo in breve tempo il gap anche con il Regno Unito.

Lo sviluppo così rapido delle reti ultra-broadband in Italia è il frutto di uno sforzo di sistema degli operatori, ma anche di una politica regolamentare virtuosa che ha stimolato la concorrenza infrastrutturale: il lavoro fatto dal regolatore per rendere l’accesso al rame efficiente e orientato al costo è stato fondamentale per rendere possibile lo sviluppo del “sub-loop unbundling” e la diffusione massiva delle reti FTTC.

Key4biz. Quindi qual è il problema dell’Italia?

 

Tiziana Talevi. Il problema purtroppo resta la domanda. L’adozione della banda larga è cresciuta solo del 2% in anno, passando dal 53% al 55% contro una media UE del 74%. Una famiglia su due nel nostro paese ancora non compra servizi di connettività fissa. Qui siamo nettamente sotto la media degli altri paesi. La Spagna è al 71%, la Francia è al 72%, la Germania e UK rispettivamente all’86% e all’ 87%. Insomma, a fronte di un’offerta di reti a banda ultralarga cresciuta di 30 punti percentuali in un anno, la domanda è cresciuta di solo 2 punti.

Key4biz. Perché questo gap così ampio delle famiglie italiane rispetto agli altri paesi Ue?

Tiziana Talevi. Si tratta di un gap legato a tanti fattori, molti di natura culturale, dovuti alla cronica carenza di digital skills dei cittadini nel nostro paese, ma anche relativi alla poca dimestichezza ad utilizzare Internet per servizi evoluti e per servizi della PA. La Pubblica Amministrazione deve diventare una leva di crescita del digitale, ma servono più servizi disponibili, meno frammentazione ed un approccio che diventi davvero multicanale rispetto alle esigenze del cittadino.

 

Key4biz. Quali sono i servizi su cui puntare per far crescere la domanda di fibra?

 

Tiziana Talevi. In Italia, le sottoscrizioni ad almeno 30Mbps – quindi l’adozione della banda ultralarga – sono passate in un anno dal 5% al 12%. L’aumento è considerevole, pari al 140% in un anno, ma in termini assoluti la quantità di abbonamenti in fibra è ancora bassa e anche qui, a parte la Francia (al 18%), siamo molto indietro rispetto agli altri big europeo (Germania 31%, Spagna 49% e Regno Unito 43%). I dati del DESI ci dicono che questa bassa domanda di connettività in fibra, quindi molto performante, è fortemente correlata alla bassa adozione di servizi Video On Demand in Italia.

Key4biz. Quindi il video è la vera chiave per il decollo della fibra?

Tiziana Talevi. Sicuramente sì. Molte famiglie italiane pensano di non avere bisogno di una connessione fissa, e men che meno in fibra, perché non usano servizi ed applicazioni “bandwidth intensive”. Se guardiamo per esempio all’uso di Internet per il VOD (Video on demand), l’Italia e la Francia sono quelle con utilizzo più basso (Italia 15% e Francia 12%) e infatti sono quelle che hanno una penetrazione più limitata di banda ultralarga. Germania, Spagna e UK, che hanno la penetrazione maggiore di banda ultralarga, hanno anche il maggior utilizzo di Video on demand (UK 34% spagna 27% e Germania 23%). E’ questa l’unica correlazione significativa del rapporto DESI fra penetrazione della banda ultralarga e diffusione dei servizi. Non mi sembra un caso.

Key4biz. Gli abbonamenti in fibra costano troppo in Italia? Bisogna agire sulla leva del prezzo?

 

Tiziana Talevi. Non direi. Il prezzo non è il driver, lo dimostra il fatto che la concorrenza ha abbassato il costo relativo delle connessioni, ma questo andamento al ribasso non aiuta a far decollare la domanda di reti e l’uso di servizi digitali. I prezzi della banda larga in generale sono diminuiti, l’Italia è l’unico paese in cui c’è questo fenomeno, ma non basta a stimolare la domanda.

In Italia il costo medio di una connessione rappresenta l’1,1% del reddito, mentre prima era l’1,8; in Francia è l’1,1% (era 0,9%), in Germania è stabile allo 0,8%, in Spagna passa dal 2,4 al 2,7% e in UK aumenta dall’1,2 all’1,3%. C’è quindi scarsa correlazione tra dinamica dei prezzi e adozione di banda larga. E’ evidente che non è il costo che tiene le famiglie lontane dalla banda ultralarga.

 

Key4biz. Ma allora su quali leve è necessario agire?

 

Tiziana Talevi. Torno a dire che le leve su cui bisogna agire per creare la domanda, oltre al video, sono i servizi digitali della PA e i digital skills degli italiani, che continuano a non usare servizi di e-government e sono addirittura scesi rispetto allo scorso anno, dal 18% al 16% di utilizzatori. Tutti gli indicatori DESI relativi ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione sono stagnanti o addirittura in peggioramento: i paesi che vanno meglio hanno dati significativamente più alti del nostro paese.

Key4biz. E per quanto riguarda i digital skills?

 

Tiziana Talevi. Gli skills digitali degli italiani sono ancora bassi: solo il 44% di individui ha competenze digitali di base ed i laureati in materie scientifiche sono solo il 14% del totale. Quindi, anche se aumenta il numero di persone che naviga, questo non si traduce in un uso “evoluto” della Rete, non spinge la penetrazione della banda larga né fa salire altri indicatori di servizi più evoluti come ad esempio l’eBanking e l’eCommerce. Mi sembra evidente che per cambiare passo, siano fondamentali politiche intensive in materia di promozione di servizi di video on demand, di diffusione delle competenze digitali e di sviluppo di servizi della Pubblica Amministrazione online, facili da usare e pensati con un approccio sistemico.

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