Gli operatori di Tlc in Italia versano in una situazione economica difficile. Non è un mistero. E a farne le spese potrebbe essere la prossima gara per il 5G con i fondi del PNRR. Com’è ormai noto, e come ben evidenziato dall’ultimo rapporto Asstel, sulle casse della industry italiana delle Tlc pesa l’ipercompetizione più volte evidenziata dovuta alla guerra dei prezzi, a fronte di un calo dei ricavi decennale, erosi dagli OTT e accentuato dal Covid. Dal 2008 al 2019 la filiera delle Tlc ha perso circa 6,7 miliardi di euro di ricavi, pari al 20% del valore iniziale e il virus si sta riproponendo in maniera assai aggressiva lasciando prospettare un ulteriore aumento del traffico dati, fra smart working e DAD, che pesa non poco in termini di manutenzione delle reti sugli operatori.
Altri elementi che frenano il 5G, secondo Asstel, sono la diffusione dei movimenti “Stop 5G” che hanno rallentato l’installazione delle reti sul territorio e i ritardi sui processi di produzione e distribuzione dei terminali 5G, nonché sugli stessi processi di standardizzazione ancora in corso relativamente ad alcuni componenti tecnici di rete.
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5G, la lettera delle telco al Governo: rateizzare il pagamento delle frequenze
E’ anche per questo motivo che tutti gli operatori del nostro paese che detengono frequenze 5G (Tim, Vodafone Italia, Iliad, WindTre e Fastweb) e che hanno partecipato all’asta da 6,55 miliardi del 2018 hanno scritto una lettera al Governo, per chiedere di dilazionare nel tempo l’ultima maxi rata per le frequenze, pari ad un totale di 4,8 miliardi di euro complessivi ancora da saldare entro il mese di settembre.
Per TIM e Vodafone la maxi rata è di circa 1,7 miliardi di euro ciascuno da pagare entro il 30 settembre 2022, su un esborso complessivo da 2,4 miliardi per operatore, mentre per Wind 334 milioni e per Iliad quasi 1 miliardo. Dei contenuti della lettera ha dato conto il Sole 24 Ore nel weekend.
C’è da dire che la missiva di Asstel era stata inviata già il 22 giugno del 2020 dall’allora presidente di Asstel Pietro Guindani, destinatari il ministro dell’Economia del Governo Conte due Roberto Gualtieri e al ministro del Mise Stefano Patuanelli e prima ancora al vecchio collegio dell’Agcom presieduto da Angelo Marcello Cardani che aveva sottoscritto l’appello al Governo, auspicando un interessamento del governo. Ma i contenuti e l’allarme lanciati un anno e mezzo fa sono stati sottoscritti dal nuovo presidente Asstel Massimo Sarmi e valgono a maggior ragione oggi, che la scadenza della maxi rata per le frequenze 5G si sta inesorabilmente avvicinando.
Timing sospetto?
Detto questo, il timing della rinnovata richiesta di diluizione delle rate dell’asta 5G non sembra dei più tempestivi. Siamo alla vigilia della gara per il piano ‘5G Italia’ che prevede fondi per 2 miliardi di euro del PNRR, che si terrà secondo il cronoprogramma fissato dal Governo nel marzo di quest’anno. Di questi fondi, un miliardo è destinato appunto alla copertura 5G delle aree periferiche del paese, quelle non coperte nemmeno dal 4G. I fondi restanti del piano ‘5G Italia’ sono 420 milioni per le connessioni dei corridoi 5G e 600 milioni di euro per la copertura 5G di strade extraurbane.
Vista la situazione complicata in cui versano gli operatori, c’è forse il rischio che la gara con i fondi del PNRR vada deserta?
Questa ipotesi non sembra poi così peregrina, visto il precedente tutt’altro che rassicurante della prima gara per la banda ultralarga nelle isole minori con 60,7 milioni di fondi del PNRR, che giustappunto è andata deserta.
C’è da preoccuparsi per la gara 5G con fondi del PNRR?
Gli elementi che sollevano più di qualche dubbio ci sono tutti. Gli operatori non stanno mettendo il 5G in cima alla loro agenda e non è scontato che vogliano investire nelle aree del paese (zone periferiche non coperte nemmeno dal 4G) oggetto del bando ‘Italia 5G’, dove i ritorni economici non sono immediati. Tanto più che gli operatori al momento, anche a causa del forzato rallentamento economico dovuto alla pandemia, hanno investito per lo più nell’upgrade delle reti 4G esistenti e non su nuove infrastrutture 5G standalone per realizzare quello che i tecnici chiamano “il vero 5G”.
Aree 5G a fallimento di mercato
La gara, peraltro, prevede stanziamenti per portare il 5G in aree a fallimento di mercato e per il backhauling in fibra delle stazioni radio base e i nuovi tralicci in zone non coperte.
- la realizzazione di rilegamenti di backhauling in fibra ottica per le stazioni radio base (SRB) prive di tale rilegamento al 2026, secondo i piani dichiarati dagli operatori in fase di mappatura;
- b) la realizzazione di nuove infrastrutture di rete per la fornitura di servizi radiomobili con velocità di trasmissione, in usuali condizioni di punta del traffico, di almeno 150 Mbit/s in downlink e 50 Mbit/s in uplink7, in aree che, sulla base dei risultati della mappatura, risultano caratterizzate al 2026 da velocità in downlink inferiori a 30 Mbit/s nelle medesime condizioni di traffico.
Ma anche alla luce della richiesta di rateizzazione delle frequenze 5G, non sembra che gli operatori al momento abbiano voglia di investire nello sviluppo del 5G. A maggior ragione nelle zone a fallimento di mercato oggetto della gara con fondi del PNRR.
Eppure, i fondi per investire nel 5G con il PNRR ci sarebbero, anche per lo sviluppo di nuovi servizi e applicazioni in ottica IoT o reti locali, che la Ue è disposta a finanziare.
Ma ad oggi nel nostro paese non sono emersi nuovi progetti in questo senso, con ogni probabilità anche per il timore da parte delle telco dell’ingresso di nuovi player nell’arena dei Vertical 5G. E così, il vero decollo del 5G rischia di arrivare più in là nel tempo.
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Cosa potrebbe succedere?
Gli operatori, in pressing sul Governo, potrebbero fra le righe vincolare la partecipazione alla gara con i fondi del PNRR al via libera alla diluizione nel tempo (da 3 a 5 anni) del saldo per le frequenze 5G acquisite nel 2018. Un’ipotesi che di fatto cambierebbe le regole della gara oramai a giochi fatti, e che potrebbe aprire la strada ad una serie di richieste di compensazione anche da parte di altri operatori, che non hanno partecipato all’asta nel 2018.
Tra l’altro, gli operatori invece di chiedere la rateizzazione avrebbero potuto, ad esempio, restituire allo Stato le frequenze acquisite; oppure, per assurdo, restituire le frequenze acquisite in sede di asta e proporre di redistribuire le risorse spettrali con blocchi tutti uguali da 50 e 50 Mhz, da aggiudicare tutti a base d’asta, e non più in blocchi da 80 e 20 Mhz in banda 3700 Mhz.
A questo punto, di fatto dovrebbe essere il Mise ad occuparsi dell’eventuale rateizzazione delle frequenze, mentre la gestione della gara ‘Italia 5G’ dovrebbe essere in capo al ministero della Trasformazione digitale.
Si è peraltro da poco conclusa, il 15 dicembre scorso, una consultazione pubblica sulla gara 5G con i fondi del PNRR.
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