Il 5G non è ancora realtà e c’è chi ha già lanciato un allarme per la salute degli italiani e chiesto addirittura la sospensione nel nostro Paese della tecnologia del prossimo futuro. Alessandro Polichetti è l’esperto più autorevole dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sugli effetti dei campi elettromagnetici sulla salute. È il primo ricercatore del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale dell’ISS e da quasi trenta anni si occupa di protezione della salute dalle radiazioni non ionizzanti. Il 26 febbraio scorso in audizione alla Commissione Trasporti e Tlc della Camera ha affermato che “le nuove tecnologie di telecomunicazione 5G non porranno prevedibilmente nessun problema di salute”.
Key4biz. Con il 5G non ci sarebbe allora un rischio per la salute dei cittadini?
Alessandro Polichetti. Per quanto riguarda gli effetti sulla salute attualmente noti dei campi elettromagnetici, connessi al riscaldamento dei tessuti del corpo umano causato dall’assorbimento di energia elettromagnetica che viene convertita in calore (effetti termici), le nuove tecnologie di telecomunicazione 5G non porranno prevedibilmente nessun problema come nel caso delle attuali tecnologie 2G, 3G e 4G.
Le esposizioni delle persone ai campi attualmente utilizzati per le telecomunicazioni sono infatti molto inferiori ai limiti di esposizione fissati per prevenire gli effetti termici (a loro volta molto inferiori alle soglie di esposizione effettivamente in grado di produrre tali effetti) ed è prevedibile che sarà così anche nel caso del 5G.
Key4biz. Ma non è vero che assisteremo ad una proliferazione di antenne? Più antenne non significheranno più esposizione?
Alessandro Polichetti. È vero che con il 5G saranno utilizzate molte più antenne, ma non per questo abbiamo motivo di ritenere che le esposizioni delle persone aumenteranno significativamente (ed un aumento, per quanto piccolo, è prevedibile finché coesisteranno con il 5G anche le precedenti tecnologie).
Un aspetto di particolare novità della tecnologia 5G è che, oltre alla comunicazione tra persone, sarà finalizzata anche al cosiddetto “Internet delle cose”, in cui sono i vari dispositivi wireless a comunicare direttamente tra loro utilizzando le frequenze nella banda 24-28 GHz (spesso indicate come “onde millimetriche”, anche se per la precisione quest’ultime corrispondono alle frequenze comprese tra 30 e 300 GHz), attualmente molto poco, o quasi per niente, utilizzata.
Le onde elettromagnetiche a frequenze così elevate si propagano difficilmente su lunghe distanze, non riuscendo a penetrare attraverso edifici o a superare ostacoli, ed essendo facilmente assorbite dalla pioggia o dalle foglie. Per questo motivo sarà necessario installare numerosi ripetitori che serviranno le cosiddette “small cells”, aree di territorio dal raggio che può andare da poche decine di metri a circa 2 km. Per coprire queste celle di dimensioni più piccole di quelle attualmente utilizzate per la telefonia cellulare saranno necessarie potenze di emissione più basse di quelle attuali, con una distribuzione dei livelli di esposizione più uniforme e con picchi di emissione più bassi nelle zone in prossimità delle antenne rispetto a quanto avviene attualmente.
Key4biz. Le onde millimetriche che raggiungono il corpo umano si fermano a livello della pelle e non raggiungono gli organi interni. Questo significa che non sono pericolose?
Alessandro Polichetti. Questa argomentazione non è del tutto condivisibile, infatti, se è vero che le onde a più alta frequenza o vengono riflesse o sono totalmente assorbite dalla pelle, non penetrando all’interno del corpo e quindi non raggiungendo organi interni particolarmente sensibili, ciò non significa di per sé che non siano possibili rischi per la salute. Si pensi infatti alle radiazioni ultraviolette emesse dal sole, le quali anch’esse sono completamente assorbite dalla pelle, ma che sono considerate “cancerogene per l’uomo” dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) perché aumentano il rischio di tumori della pelle nei soggetti più esposti.
Key4biz. Si parla spesso di rischio cancerogeno dei telefoni cellulari, cosa possiamo dire al proposito per quanto riguarda il 5G?
Alessandro Polichetti. Prima di tutto bisogna dire che anche per quanto riguarda gli attuali telefoni cellulari tale rischio è ancora ben lontano dall’essere dimostrato, nonostante le migliaia di studi sperimentali ed epidemiologici condotti al riguardo. Nel 2011, la IARC ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibilmente cancerogeni per l’uomo” (Gruppo 2B) sulla base dei risultati (peraltro non coerenti con quelli di studi successivi) di alcuni studi epidemiologici che hanno evidenziato un aumentato rischio di alcuni tumori intracranici (glioma e neurinoma del nervo acustico) negli utilizzatori più intensi di telefoni cellulari. La IARC ha definito l’evidenza proveniente da questi studi come “limitata” in quanto potrebbe essere dovuta ad un reale nesso di causa-effetto, ma non si possono escludere altre spiegazioni come una distorsione dei risultati dovuta al fatto che la valutazione dell’utilizzo dei telefoni cellulari era totalmente affidata al ricordo dei partecipanti agli studi.
Evidenze anche inferiori a questa “evidenza limitata” provenivano invece da altri studi esaminati dalla IARC, relativi ai campi elettromagnetici emessi da sorgenti diverse dai telefoni cellulari, anche a frequenze confrontabili con quelle che saranno utilizzate dal 5G (700 MHz; 3,6-3,8 GHz; 24-28 GHz).
In passato sono state condotte diverse rassegne delle evidenze scientifiche sugli effetti biologici e i rischi per la salute delle onde millimetriche, come per esempio in occasione dell’introduzione negli aeroporti internazionali dei body scanner per controlli antiterroristici che esponevano i passeggeri ad onde elettromagnetiche a frequenze molto simili a quelle “millimetriche” del 5G. L’Agenzia Francese di Sicurezza Sanitaria dell’Ambiente e del Lavoro (AFSSET) concludeva in una sua rassegna del 2010 che alcuni studi sperimentali di laboratorio in vitro suggerivano effetti biologici delle onde millimetriche a livelli non termici, come un’azione antiproliferativa su alcuni sistemi di cellule tumorali in coltura, o perturbazioni delle proprietà strutturali e funzionali delle membrane cellulari, tuttavia la rilevanza sanitaria di questi effetti non era chiara.
Key4biz. Quindi esistono già degli studi relativi alle nuove frequenze che saranno utilizzate dal 5G?
Alessandro Polichetti. Sì. Infatti non è quindi vero, come si sente spesso dire, che “non ci sono studi” relativi alle nuove frequenze che saranno utilizzate dal 5G, o più in generale per le onde millimetriche, anche se ovviamente nel caso specifico del 5G non sono disponibili studi epidemiologici, basati sull’osservazione di soggetti esposti, visto che questa tecnologia deve essere ancora introdotta, e per le onde millimetriche gli studi sperimentali non sono numerosi quanto quelli relativi alle frequenze utilizzate dalle attuali tecnologie per le telecomunicazioni e per le trasmissioni radiotelevisive.
In conclusione, anche se non ci sono motivi particolari per ritenere che il 5G porti nuovi rischi per la salute, è tuttavia necessario continuare a studiare.
Key4biz. Non solo nuove frequenze per il 5G. Dal 2022 la tecnologia di quinta generazione per lo sviluppo dei servizi utilizzerà anche le frequenze a 700 MHz, quella ora occupata al 60% da emittenti televisive nazionali e locali. Su queste frequenze negli anni sono stati dimostrati rischi per la salute?
Alessandro Polichetti. Sono stati condotti anche studi relativi alle emissioni delle antenne radiofoniche e televisive, ma non hanno mostrato nel loro complesso evidenze di rischio. Si sottolinea ancora che le uniche evidenze su cui si è basata la IARC per classificare i campi a radiofrequenza come possibilmente cancerogeni provengono da studi epidemiologici sugli utilizzatori di telefoni cellulari.
Key4biz. Per stare più tranquilli conviene non alzare limiti di emissione elettromagnetica nel nostro Paese? Oggi pari a 6 V/m
Alessandro Polichetti. La normativa vigente nel nostro Paese per la protezione dai campi elettromagnetici a radiofrequenza prevede limiti di esposizione per la prevenzione degli effetti accertati di natura termici, da rispettare in ogni circostanza, escluse le esposizioni lavorative, e un valore di attenzione (pari a 6 V/m in termini di campo elettrico), da rispettare nei luoghi adibiti a permanenze prolungate (case, scuole ecc.), che costituisce una misura di cautela nei confronti di eventuali effetti a lungo termine.
La scelta di fissare questo valore di attenzione è stata di natura principalmente politica, così come probabilmente sarà ogni futura scelta di mantenerlo o eliminarlo, o comunque di modificarlo, in aumento o in diminuzione. Il suo valore numerico non ha, e non può avere, alcuna base scientifica, per cui una sua qualunque modifica potrebbe avere come unica implicazione sanitaria quella di influire, in maniera difficilmente prevedibile, sulle preoccupazioni del pubblico che sono connesse ad una percezione dei rischi non sempre corrispondente al reale stato delle conoscenze scientifiche.