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Nei primi tre mesi del 2023 gli italiani hanno fondato 71.722 aziende. Una buona notizia? Beh, certamente sì anche se non è paragonabile al record del 2014 (che vedremo più avanti) e anche se il dato va letto da diverse angolazioni che ne diminuiscono la portata positiva. E, comunque, visto che la Ue ha previsto che il Pil dell’Italia crescerà dell’1,2% nel 2023, più di Germania e Francia, il fatto che comunque si registri questa vitalità è certamente confortante. Ma vediamo i dati, così come riportati dall’Istat sulla natalità delle imprese per capire meglio come è “composto” questo numero.
Nuove aziende, la fotografia dell’Istat
Dunque: in tre mesi (gennaio-marzo 2023) in Italia sono nate 7.1722 imprese, più di quante ne sono nate negli stessi tre mesi del 2022 quando sono state 70.116 e più delle 69.120 nate nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, cioè il periodo immediatamente precedente (ottobre-dicembre). Niente a che fare, come si vede dalla infografica sopra (dove ogni anno è identificato da un colore e ogni trimestre da un istogramma), con il record del primo trimestre del 2011 quando furono addirittura 90.913, secondo i dati Istat sulle imprese. Tra l’ultimo trimestre del 2021 e il primo trimestre di quest’anno, insomma, la crescita è stata del 3,8%.
L’aumento del numero delle registrazioni è dovuto sostanzialmente al buon andamento del comparto dei servizi mentre si vede un calo delle nuove registrazioni negli altri settori. Ma questo le vediamo dopo perché prima occorre dare un’occhiata a un altro dato registrato dall’Istat sulle imprese italiane.
I fallimenti delle aziende nel primo trimestre del 2023
Già, perché naturalmente nello stesso periodo ci sono anche stati fallimenti. Ecco sotto il grafico con l’andamento storico dei fallimenti delle imprese italiane sempre trimestre per trimestre a partire dal 2011.
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Nel primo trimestre del 2023 le aziende italiane fallite sono state 1.774, più del dato dell’ultimo trimestre dell’anno scorso e molte meno del record registrato dall’Istat del secondo trimestre del 2014 quando i fallimenti sono stati 4.045. Per curiosità: il periodo con meno fallimenti è stato il secondo trimestre del 2020 con 672. Ma quello era un periodo molto, molto particolare: in piena emergenza Covid lo Stato ha inondato di liquidità l’economia privata e pubblica proprio per evitare che il blocco totale delle attività facesso esplodere il sistema. In quel periodo, oltre ad essere vietato qualsiasi licenziamento (la cassa integrazione è stata estesa anche alle piccole e piccolissime imprese) era anche, in qualche modo, “vietato fallire”. Gli effetti di quelle iniziative si è visto con un crollo delle imprese uscite dal business. Interessante notare che non è successo quello che si paventava, e cioè un boom di fallimenti nei trimestri successivi. Il sistema ha retto anche per una crescita del Pil che nel 2021 è salito del 6,7% e dell’1,4% l’anno scorso. Come detto, il Pil dell’Italia dovrebbe salire dell’1,2% quest’anno.
In quali settori si concentrano i fallimenti delle imprese
La maggioranza relativa delle imprese italiane fallite nel primo trimestre del 2023 si concentra nel commercio all’ingrosso e al dettaglio compresa la riparazione di veicoli e moto. In questo settore dell’economia le imprese fallite sono state 448. Male anche il settore dell’industria in senso stretto che comprende anche le attività di estrazione di minerali, l’energia, la fornitura di acqua e il trattamento dei rifiuti che ha visto il fallimento di 325 imprese in tre mesi, cioè praticamente 3,5 aziende ogni giorno tra gennaio e marzo di quest’anno. La sostanziale fine dei bonus e superbonus vari, compreso il 110% per la ristrutturazioni degli immobili, non ha colpito poi così tanto il settore delle costruzioni che ha visto il fallimento di sole 318 imprese. Il settore che ha visto meno fallimenti è quello dei servizi all’informazione: appena 44.
Che cosa fanno le nuove imprese nate nel 2023
Vediamo, invece, in che settore operano le imprese che sono appena nate. La maggioranza relativa opera nei servizi finanziari, immobiliari, professionali e agenzie di viaggio. In pratica in tutto il variegato mondo dei servizi sono nate 17.353 società nel primo trimestre. Al secondo posto nella classifica dei settori più prolifici c’è il commercio all’ingrosso e al dettaglio comprese le riparazioni di auto e moto che ha dato alla luce altre 17.035 aziende. In terza posizione proprio le costruzioni con 16.966 “nascite”.
Il problema del fatturato delle aziende italiane
A quanto pare, insomma, l’Italia non ha un problema di vitalità imprenditoriale, ha invece un enorme problema di stazza delle imprese. Basti pensare che il 60% delle imprese (tutte, non solo le neonate) fattura meno di 100mila euro. Si tratta di 2.050.732 aziende su un totale di 3.396.677 che hanno prodotto una dichiarazione. Inoltre: più o meno il 92% del Pil italiano è fatto proprio da Pmi. Come mai una frammentazione così marcata?
Ovviamente non c’è una risposta univoca, ma è chiaro che conta anche la storia italiana. Storia che è fatta da una tradizione artigianale, di prodotti destinati soprattutto al consumo locale e questo ha portato alla formazione di numerose imprese a conduzione familiare. E vale un po’ per tutti i settori: dall’alimentare alla moda, dalla meccanica ai servizi. Difficile anche la crescita delle pmi e anche qui per vari fattori tra i quali la difficoltà di accedere al credito da parte di società che non offrono sufficienti garanzie di solidità e, in secondo luogo, una regolamentazione del mercato del lavoro più rigida rispetto ad altri Paesi.
I dati si riferiscono al: primo trimestre 2023
Fonte: Istat