Dopo il successo dell’operazione contro la piattaforma pirata Xtream Codes, condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dalle Procure di Roma e Napoli, in Italia e in altri Paesi europei, cresce l’interesse della politica e dei regolatori attorno al fenomeno delle IPTV illegali.
Il blitz ha coinvolto più di 5 milioni di utenti in Italia, 700 mila solo per la piattaforma Xtream Codes. Ricco il giro di affari dei pirati, che si aggirava attorno ai 2 milioni di euro al mese.
Nel nostro Paese, ma non solo, guardare film, serie tv ed eventi live, soprattutto sportivi, attraverso siti e piattaforme online pirata, cioè che trasmettono i contenuti senza alcuna licenza, in piena violazione del copyright, non è considerato un reato.
Un reato grave, ci ha spiegato Giovanni Reccia, Comandante del Nucleo Speciale Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, su cui stanno ancora lavorando per identificare gli utilizzatori di queste piattaforme illegali, a partire dal flusso di informazioni finanziarie a disposizione degli inquirenti, tramite cui saranno individuati i soggetti che hanno acquistato gli abbonamenti pirata, il cosiddetto “pezzotto”.
E proprio sul “pezzotto”, Angelo Marcello Cardani, presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha rilasciato stamattina un’intervista sul quotidiano Il Mattino, affermando che “il vero dramma è che troppe persone in Italia pensano che l’Iptv illegale, il cosiddetto pezzotto, sia un sistema lecito. C’è poca consapevolezza del danno che si crea alle imprese e anche alla collettività”.
Un fenomeno, questo delle IPTV pirata e della pirateria online in generale, conosciuto bene dall’Autorità e sui è possibile intervenire, ma con qualche problema ancora: “riusciamo anche a procedere rapidamente, bloccando in meno di due giorni l’accesso al servizio mediante l’inibizione del DNS utilizzato dalle IPTV pirata. Il problema è che questi poi si rivolgono ad altri server e il meccanismo ricomincia daccapo”, ha raccontato il Presidente Agcom.
Il fatto è che le tecnologie più avanzate non sono in mano solamente agli investigatori e al legislatore, ma anche ai gruppi criminali che spesso si celano dietro a termini tipici di certa letteratura romantica, come i priati: “Se il sistema del pezzotto funziona è perché ci sono società che noleggiano i server a queste organizzazioni che trasmettono illegalmente film ed eventi sportivi. Anche in questa impunibilità di chi fa materialmente transitare i dati sulla rete risiede il successo della pirateria: vanno puniti anche i gestori dei server”, ha precisato Cardani.
Qui si parla degli hosting provider, cioè aziende che offrono servizi internet ad esempio per fornire spazio su un server di proprietà che poi sarà usato da cliente, ma mettono a disposizione anche data center e comuni servizi di connettività.
E’ da qui, dagli hosting provider, che “le IPTV pirata prendono in gestione notevoli quantità di servizi” e per questo, ha aggiunto Cardani, “è auspicabile una revisione del regime di responsabilità per i fornitori di servizi direttamente in contatto con i criminali, quali appunto gli hosting provider, ad esempio mediante la segnalazione di flussi anomali di dati”.
Il Presidente Agcom ha infine concluso l’intervista ricordando che certamente le sanzioni sono necessarie, ma che è sempre meglio educare le persone e informarle sul danno economico al settore audiovisivo, causato dalla pirateria digitale, e sui possibili danni che possono riguardare proprio gli utenti di rete che accedono a tali servizi illeciti, dovuti a malware e ransomware molto spesso nascosti tra i link pirata in offerta.
Come ha ricordato Federico Bagnoli Rossi lo scorso aprile a Roma, in occasione dell’evento “Il prezzo della gratuità – Pirateria e rischi informatici”, il nuovo business criminale sono i dati personali: “Il prezzo della gratuità di questi contenuti offerti illegalmente in rete, in piena violazione della legge sul copyright sta proprio nell’esporsi e mettere a repentaglio la sicurezza dei propri dati personali. Il vero problema risiede proprio nel fatto che compiendo queste azioni, non solo si viola la legge, ma si abbassa il livello di sicurezza e tutela della propria identità personale, offrendo, il più delle volte senza accorgersene, al mondo dell’illegalità web, ciò che di più intimo ed inviolabile possediamo, ovvero i nostri dati, le nostre informazioni”.