Gli strumenti digitali sono croce e delizia di chi lavora: certo, consentono di poter svolgere parte del lavoro restando a casa, ma sono anche un’arma a doppio taglio perché a volte sembra impossibile riuscire a ‘staccare’.
Grazie a dispositivi come smartphone, tablet o Pc portatili messi a disposizione dalle aziende i lavoratori si trovano spesso a lavorare ben oltre il consueto orario di lavoro, chi per una sorta di coscienza professionale che spinge a consultare la posta aziendale fino all’ultimo minuto disponibile la sera o nel weekend, chi per la pressione di dover conseguire un obiettivo.
Senza contare i gruppi Whatsapp creati da colleghi o capi e che costringono spesso i lavoratori più estremisti a prestare attenzione alle faccende dell’ufficio anche nei luoghi e nelle ore più impensabili.
L’iperconnessione ha conseguenze pericolose per la salute dei lavoratori e quindi anche per la qualità del loro lavoro. Lavorare a distanza in qualsiasi momento del giorno e della notte, fuori da qualsiasi limite orario è un abuso delle proprie forze fisiche ed emotive ed è pertanto sempre più collegato alla sindrome di burnout, un tempo prerogativa delle cosiddette professioni d’aiuto (medici, psicologi, assistenti sociali, operatori dell’assistenza sociale e sanitaria). Oggi, insomma, complici smartphone e tablet, siamo tutti un po’ a rischio.
In Francia si sta cercando di porre rimedio con un nuovo progetto di legge che dovrebbe garantire ai lavoratori il “diritto alla disconnessione”.
Nell’ambito della riforma del diritto del lavoro, avviata ormai da più di un anno dal ministro Myriam El Khomri, tra i diversi punti in discussione inerenti la qualità della vita al lavoro è previsto anche “il diritto del lavoratore di disconnettersi dall’uso dei dispositivi digitali”.
Nelle imprese con oltre 300 dipendenti, riferisce il quotidiano Les Echos, le modalità per l’esercizio di questo diritto dovranno essere messe per iscritto in un documento che preveda anche delle attività di formazione e sensibilizzazione del personale e dei dirigenti.
Le aziende avrebbero fino alla fine del 2017 per adeguarsi alle nuove norme che mirano a garantire ai lavoratori “il rispetto dei tempi del riposo e del congedo”.
Consapevoli dei rischi legati a un eccesso di stress causato dal troppo lavoro, alcune aziende hanno già preso provvedimenti. Tra queste c’è Orange: quella che era un tempo France Telecom è stata al centro di un vero terremoto sociale per l’alto tasso di suicidi tra dipendenti (più di 50 in 3 anni ) seguiti a una drastica ristrutturazione avviata nel 2009. Proprio Orange è stata coinvolta dal ministro del lavoro francese nel tentativo di riforma del codice del lavoro. In un rapporto consegnato al Governo lo scorso settembre, il responsabile risorse umane Bruno Mettling ha sottolineato che “sapersi disconnettere a casa è una competenza che si costruisce a livello individuale ma che ha bisogno di essere sostenuta anche dalle imprese”.
Per Mettling, “nessun lavoratore deve essere ammonito per non essere stato connesso al di fuori dell’orario di lavoro”.
Disconnettersi, in fondo, non è altro che prendersi del tempo per sé e la propria famiglia, per questo non deve essere riconosciuto solo come un diritto – che in Francia è stato riconosciuto dal 2014 nell’ambito di un accordo di settore per le imprese del settore digitale – ma anche come un dovere. Per questo occorre un intervento legislativo ad hoc.
La società di assicurazioni Allianz ha deciso, ad esempio, che le email inviate nel fine settimana non arrivino ai destinatari prima di lunedì, a meno di urgenze inderogabili quali una catastrofe naturale.
In Germania, già dal 2014, Volkswagen ha preso un provvedimento simile: tutte le email inviate la sera e la notte arrivano al lavoratore la mattina dopo grazie a un accordo siglato tra azienda e sindacati che prevede un “obbligo di disconnessione dai dispositivi di comunicazione digitale”.